ANCONA – Marche penalizzate dalla crisi industriale, ma il settore metalmeccanico tiene. È quanto è emerso nel corso dell’incontro promosso da Fiom Cgil Marche dal titolo “Metal Meccanica Marche: quali prospettive” al Conero Break ad Ancona, al quale ha preso parte Francesca Re David, segretaria generale Fiom Cgil, la segretaria regionale Cgil Marche, Daniela Barbaresi, il segretario regionale Fiom Cgil, Tiziano Beldomenico e il già rettore UnivPm Sauro Longhi, docente di Robotica alla facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche.
I dati Ires Cgil, illustrati nel corso dell’iniziativa, fotografano una situazione che vede elettrodomestico ed elettronica pagare lo scotto maggiore della crisi economica: è questo il comparto più in crisi, che registra una perdita di 251 dipendenti nell’ultimo anno, giungendo a quota 11.955 lavoratori.
I dati Ires Cgil
Nelle Marche sono complessivamente quasi 60mila i lavoratori impegnati nel settore metalmeccanico, oltre 38mila dei quali sono operai, 16mila impiegati e oltre 3mila apprendisti. Le donne sono 12mila e rappresentano il 19,7% degli occupati. Un settore nel quale si sta diffondendo sempre di più il precariato: se è vero che l’81,5% dei lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato, negli ultimi anni sono in aumento part time e contratti a tempo determinato.
Sul fronte delle retribuzioni, quella lorda annua è di 26.761 euro; gli operai guadagnano, in media, 23.112, gli impiegati 32.451, i quadri 69.925 euro, i dirigenti 141.933 e gli apprendisti 15.516. La retribuzione media degli uomini è di 27.834, quella delle donne 22.399 euro.
Nel 2020 il valore delle esportazioni delle imprese marchigiane della metalmeccanica ammonta a 4,4 miliardi di euro, che non contempla il dato relativo all’export del settore nautico. A segnare un numero maggiore di esportazioni sono le macchine utensili con 1,8 miliardi di euro, l’elettrodomestico ed elettronica con 1,3 miliardi.
Ma in linea generale nell’ultimo anno le esportazioni segnano un -11,7%, sono scese infatti di 586 milioni di euro, un calo superiore rispetto a quello registrato a livello nazionale. Un dato importante è che, dal 2008, la quota di export marchigiano su quello nazionale passando dal 2,43% del 2008 al 2,19% del 2020 per effetto del crollo dell’elettrodomestico.
Per quanto riguarda invece i bilanci aziendali l’Osservatorio regionale Ires mostra che la condizione patrimoniale delle imprese è, nel complesso, positiva: la crescita del patrimonio netto è stata significativa, passando da 1,5 miliardi nel 2015 a 2,2 miliardi nel 2019. Sul piano economico, il 2019 ha registrato un calo dell’utile di 36 milioni di euro (-14,1%). Nel complesso, però, è cresciuto, rispetto al 2015, di 73 milioni di euro.
Barbaresi, Cgil Marche: «Difendere la qualità del lavoro»
Un settore «trainante nella nostra Regione» ha affermato la segretaria generale Cgil Marche, Daniela Barbaresi, che «ha subito le ripercussioni della pandemia, ma nonostante questo è uno dei settori più solidi e più forti, che in questi anni hanno saputo investire e guardare al futuro». La sfida è quella offerta dalle risorse messe a disposizione dal Recovery Plan e «abbiamo bisogno di cogliere al massimo questa opportunità, cercando di coniugare al meglio la qualità dell’occupazione e con gli investimenti, le nuove tecnologie e il trasferimento tecnologico – osserva Barbaresi – . Parliamo di un settore sempre molto attento, più di altri su questo versante, ma è fondamentale che tutto il sistema produttivo e non solo le aziende leader e le grandi, colgano al maglio queste opportunità».
Cruciale per Cgil, garantire anche la centralità del lavoro e dell’occupazione, per difendere non solo il lavoro, ma anche «la qualità del lavoro» afferma la segretaria generale Cgil Marche, riducendo la precarietà del lavoro e dando una prospettiva solida «di occupazione e di valorizzazione delle competenze che il lavoro può esprimere soprattutto in questi settori».
Beldomenico, Fiom Cgil Marche: «Vertenza Elica? Rischia di essere la prima di una lunga serie»
Il segretario regionale della Fiom Cgil Marche, Tiziano Beldomenico, ha spiegato che quello metalmeccanico nonostante stia tenendo è un settore che ha necessità di operare investimenti: «Se questo settore non investe – osserva – da qui al prossimo futuro avrà molte difficoltà. Sappiamo che la ripresa non sarà uguale per tutti e quindi chi farà dei progetti per cambiare le proprie produzioni all’interno delle aziende ce la farà, mentre chi non andrà verso questa strada, avrà dei problemi più grandi. Sappiamo già che tante aziende non ce la faranno, per questo dovremmo capire che strada prendere, in modo da aiutare queste imprese che impiegano lavoratori con altissime professionalità».
E dal momento che i bilanci delle imprese sono in salute, come mostrano i dati Ires, secondo il segretario Fiom le aziende possono già investire, senza attendere le risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza, che «per stare al passo con la Cina con l’America hanno messo a disposizione molti fondi per l’Europa. Occorre iniziare da subito a lavorare per il futuro».
Entrando nel merito delle vertenza dell’azienda fabrianese Elica che ha annunciato la delocalizzazione di parte della produzione in Polonia con la conseguente creazione di 409 esuberi, Beldomenico fa notare che «rischia di diventare la prima di una lunga serie di vertenze per il nostro paese, non solo per la regione». L’obiettivo del sindacato è quello di far tornare indietro l’azienda nella sua decisione di chiudere alcuni stabilimenti e delocalizzare. Recentemente la società si è detta disponibile a rivedere il piano, Beldomenico fa sapere di aver appreso di questa disponibilità «dai giornali» e sottolinea «vorremmo metterci seduti al tavolo senza la ghigliottina degli esuberi, difficile trattare con quei numeri. Bisognerebbe sgombrare dal tavolo il tema degli esuberi per iniziare poi a vedere cosa si può fare a Fabriano e cosa fuori e quello che da fuori il Paese si potrà riportare nelle Marche. Per dare una prospettiva all’azienda, ma anche ai lavoratori del territorio».
Il segretario Fiom spiega che territori come il Fabrianese e l’Ascolano hanno subito pensanti perdite di posti di lavoro e sottolinea il tema della salute e della sicurezza spiegando che «occorre compiere un passo decisivo per invertire questo bollettino di guerra su morti e infortuni, che non è più accettabile leggere ogni giorno».
Re David su blocco licenziamenti: «Duri fino a riforma ammortizzatori»
Ad affrontare il tema del blocco dei licenziamenti è stata invece la segretaria nazionale Fiom Cgil, Francesca Re David, che ha rimarcato come il blocco «deve durare fino alla riforma degli ammortizzatori, che dicono si farà presto». «La questione dei licenziamenti è alquanto incredibile perché quelli che possono essere licenziati sono i lavoratori dell’industria – afferma -, per tutti gli altri si è prorogato sino ad ottobre. Si tratta di quei lavoratori che hanno sempre pagato la cassa integrazione e i contributi».
Per questo occorre creare «un ammortizzatore universale per chi non ce l’ha» e «ampliare il contratto di solidarietà per retribuire il lavoro e garantire la formazione dentro l’orario di lavoro. Se il Governo non ascolta, ci mobiliteremo per farci ascoltare e questo il modo che abbiamo».
Longhi (UnivPm): «La meccanica può migliorare portando dentro le conoscenze a disposizione»
Il professor Sauro Longhi, già rettore dell’Università Politecnica delle Marche, ha affrontato il tema dell’innovazione e della digitalizzazione nell’ambito delle imprese che si occupano di metalmeccanica: «C’è tanta possibilità di incremento delle attività – afferma – proprio utilizzando le tecnologie digitali e le conoscenze disponibili, accumulate dalle università, le quali possono essere messe a disposizione». Secondo Longhi «la meccanica può migliorare portando dentro le conoscenze a disposizione».
Longhi ha evidenziato le politiche portate avanti dai cluster tecnologici nazionali come quello di “fabbrica intelligente” che «hanno già ottenuto delle interessanti ricadute anche sulla nostra regione». Tra le opportunità per le imprese, il docente ha annoverato «soprattutto quella di rendere tracciabile e connessa ogni azione. Il paradigma della digitalizzazione deve portare a rendere tracciabile ogni azione, in tutti i contesti, inclusi i processi produttivi» ma per raggiungere questo obiettivo servono infrastrutture e macchinari, ma soprattutto «una organizzazione». In questo modo si può garantire alle imprese maggiore competitività, una sfida quasi obbligatoria in vista della transizione digitale ed ecologica.