ANCONA – Anomalie nel tracciato del feto sottovalutate dall’ostetrica che aveva effettuato il monitoraggio alla mamma già in travaglio. È quanto hanno stabilito i consulenti della Procura sulla tragedia che, un anno e mezzo fa, sconvolse una famiglia di Castelfidardo. Un bebè, messo al mondo l’11 settembre 2016, morì dopo 13 ore, al Salesi. Il papà fece una denuncia alla polizia e si aprì un fascicolo per omicidio colposo a carico di sette persone tra medici e ostetriche in servizio quel giorno. Per sei di loro il caso venne chiuso ma non per una ostetrica di 35 anni, difesa dall’avvocato Alessandro Scaloni, rimasta l’unica indagata per omicidio colposo.
Nei giorni scorsi è arrivata la chiusura delle indagini per la professionista. Per la Procura, durante il tracciato cardiotocografico al feto, effettuato sulla donna che era già in travaglio, erano emerse delle anomalie non segnalate dall’ostetrica. Il feto sarebbe stato già in sofferenza e la professionista non lo avrebbe colto. In quella fase, stando sempre ai consulenti della Procura, sarebbe potuto intervenire il ginecologo e probabilmente le conseguenze del parto sarebbero state diverse. Di tutt’altro avviso la tesi sostenuta dalla difesa, che non è indirizzata nemmeno a chiedere il patteggiamento perché non ci sarebbero responsabilità per la 35enne, che parla di una situazione in cui la donna era già in travaglio e anche se monitorata con il tracciato cardiocografico (una cintura posta sulla pancia) si muoveva e quindi le anomalie riscontrate erano riconducibili a quello e non alla sofferenza del feto.