Ancona-Osimo

A tu per tu con Lucia Mascino: «Lasciai l’università per la recitazione. Ma avevo paura del successo»

L’attrice anconetana si racconta dopo l'ultima esperienza al cinema con Aldo, Giovanni e Giacomo. «Il Conero? A volte mi manca, è il mio luogo preferito. Ma sono legata anche a corso Carlo Alberto e piazza del Papa»

Lucia Mascino con Aldo, Giovanni e Giacomo: l'ultimo film è un successo

ANCONA – L’ultimo film a cui ha preso parte è stato un successo. Più di 1 milione di incassi e oltre 150mila spettatori nelle sale. Lei è Lucia Mascino, un concentrato di bravura, talento, simpatia e umiltà. Orgoglio dorico e versatile attrice di teatro e cinema, fino a qualche giorno fa Lucia Mascino era ad Ancona. In tanti l’hanno vista passeggiare per le vie del centro, incontrandola tra corso Garibaldi e il viale della Vittoria.

Intanto, sul maxi schermo, passava Il grande giorno, col trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo (per la regia di Massimo Venier, distribuito da Medusa Film). Qui, Mascino interpreta Margherita, ex moglie di Giovanni e attuale compagna di Aldo: «Mi hanno scelto senza provino – spiega lei –. Io ero in tournée col mio Smarrimento, a Milano. Il regista Venier e Giovanni Storti sono venuti a vedermi e dopo due giorni ho ricevuto la telefonata di Massimo. Mi hanno mandato subito sceneggiatura e proposta, che per noi attori è alquanto insolito. Però, quelli senza passare da una selezione sono i lavori migliori», riflette.

Qualche foto dal set de “Il grande giorno”. Lucia Mascino tra Giovanni Storti (a sinistra) e Giacomo Poretti (a destra)

Ogni volta che torna ad Ancona, Lucia Mascino si tuffa nei ricordi del passato e confessa di «passare sempre in via Gervasoni, davanti quella che fu la mia casa, quella della mia famiglia. È sempre uno choc vederla: ora, è abitata da altri, ma è come se io fossi ancora lì dentro. Una mappa chiarissima nella mia testa, tra le scalette e gli oleandri all’ingresso».

Mascino, parliamo di Ancona: quali sono i suoi luoghi del cuore?
«Il Conero e i Sassi Neri. Però, mi piace pure la parte dorica, quella più massacrata dai bombardamenti. E sono legata anche a corso Carlo Alberto e piazza del Papa, dove abitavano le mie nonne. Trovo inoltre che Pietralacroce abbia una dimensione di paesino (e di comunità) accogliente».

E con la città?
«Mi sto riappacificando. Qui, ho famiglia, affetti, amici importanti e pure dei progetti da realizzare».

Torna spesso?
«In realtà, Ancona ce l’ho talmente addosso che non ne sento la necessità. Ci ho vissuto così a lungo che ad un certo punto hai bisogno di tempo per costruire la tua vita altrove. A 20 anni, cominciai ad andare fuori, ma poi tornavo sempre ad Ancona, facevo la spola. Adesso, vivo stabilmente a Roma da 10 anni».

Frequentava l’università ad Ancona. Poi, molla tutto e si dà alla recitazione. Rimpianti?
«No, non mi sono pentita. Fare l’attrice non è una scelta razionale, nessuna strada scritta. Quasi non lo suggerisco, a meno che non se ne senta l’assoluto bisogno».

Lascia il certo per l’incerto, con un solo esame dalla laurea…
«Maledetto esame (ride, ndr). Sa, sarebbe stato tutto incerto, persino l’università. Studiavo scienze matematiche fisiche e naturali ad Ancona. Lasciare gli studi fu una sterzata improvvisa».

Perché?
«Perché sono sempre stata brava a scuola e facevo ciò che secondo me andava fatto. Poi però ho deciso per ciò di cui avevo bisogno. Se abbia avuto coraggio? Forse sì, ma dopo le scelte coraggiose è la vita a venirti incontro. Io non volevo fare della recitazione un hobby».

Il suo tour teatrale Smarrimento (prodotto da Marche Teatro) continua a riscuotere successo in tutta Italia. Lei si è mai sentita smarrita?
«Intorno ai 30 anni. Quando ne avevo 22-23, mi chiamavano e mi prendevano tutti, ero entusiasta. A 30 anni, ho iniziato a fare due conti e ho detto: ˈOddio, ma come faccio?ˈ».

Spieghi…
«Col teatro, non puoi mantenerti a lungo. In Italia, il teatro non è un sistema realmente lavorativo. Spesso all’inizio non ti pagano e si basa tutto sull’entusiasmo dei giovani attori. Certo, serve per fare esperienza, per avere occasioni, per coltivare rapporti meravigliosi in scena e col pubblico, ma non ti dà successo. Mi chiedevo se avessi fatto bene a intraprendere questa strada».

E cosa si rispondeva?
«Che l’università era per me una sala d’aspetto del futuro. Mi piacevano le materie, ma in facoltà vedevo ogni giorno persone attraversare la giornata quasi senza entusiasmo e questo mi toglieva speranza. Pensavo: ˈSe non brucio la vita adesso, a 20 anni, quando lo faccio?ˈ E poi ero nella mia città e forse quello fu uno sbaglio perché ero troppo protetta. Invece, l’università è un’esperienza di autonomia, in cui vai fuori casa. Non è solo studio, è una parte di vita, uno scarto, un passaggio. Essendo rimasta in famiglia, mi sentivo troppo seduta».

Il successo l’ha cambiata?
«(ride, ndr) Il successo? Neppure lo percepisco».

Non dica bugie…
«Non è falsa modestia, lo giuro. Il successo mi ha dato pace, permettendomi di essere più vicina a come sono davvero, senza guerreggiare o avere il coltello tra i denti per ottenere (o dimostrare) qualcosa».

Chi è davvero Lucia Mascino?
«Una persona giocosa e ironica, ma le garantisco che ho anche io dei momenti no».

Ne Il grande giorno, con Aldo, Giovanni e Giacomo, interpreta una bella donna avvenente…
«Sì, per me è stata una sorpresa. È la prima volta che interpreto la femme fatale».

La bellezza l’ha più ostacolata o più agevolata?
«Mah, guardi, la mia non è una bellezza talmente solida da essere un ostacolo. Questo mi rende un’attrice versatile: a seconda di come mi conciano, so trasformarmi. Se mi metti addosso un maglione largo e mi fai la faccia giusta, sono la burbera zoticona Fräulein. Insomma, non sono imprigionata in una figura. Poi, sa cosa?».

Dica…
«Soprattutto per le attrici, c’è il tabù della bruttezza. Un’attrice deve essere per forza bella, a meno che sia una caratterista. È una delle differenze di genere che spero un giorno cambino. Per gli attori maschi, è più facile. Noi donne dobbiamo essere sempre armoniche, sorridenti e accoglienti».

Ricorda ancora gli inizi?
«Certo, spedivo delle mie foto alle agenzie di Roma. Ero in piazza Cavour e dicevo ad alta voce: ˈSperiamo di non diventare famosaˈ».

Di cosa aveva paura?
«Del successo immediato. Mi chiedevo come poterlo gestire psicologicamente. Invece, poi, per fortuna, è stato tutto graduale».

Cosa si augura per il 2023?
«Che sia un anno più in discesa degli ultimi due. Ho fatto degli incontri importanti che spero fioriscano».

Presto la rivedremo in tv…
«Sì, tornerò con I delitti del BarLume e con un’altra serie Rai».