SIROLO – E’ stata la prima Bond Girl italiana. Daniela Bianchi, ex attrice e modella, ha recitato nel film “Agente 007 dalla Russia con amore” (1963) con Sean Connery nel ruolo del protagonista. Una italiana nella seconda pellicola della fortunata saga sull’agente segreto che ad oggi, dopo numerosi cambi di attore-protagonista, è ancora una delle più amate nel mondo. Nella pellicola diretta da Terence Young, l’attrice Daniela Bianchi – nata a Roma ma di famiglia marchigiana tanto che ora vive a Sirolo – interpretò la spia russa Tatiana Romanova. «Il regista volle proprio me, nonostante le tantissime ragazze e attrici che si presentarono ai provini, perché disse che avevo una “faccia molto russa”!», ricorda la signora Bianchi, che lo scorso 31 gennaio ha spento 80 candeline, soffiando con un pizzico di nostalgia sul suo passato così avventuroso ma con la serenità nel cuore di chi ha fatto la scelta giusta nella vita. Una diva d’altri tempi o meglio un’antidiva, che dopo l’ultimo ciak ha reciso quel legame con il cinema senza volerne più sapere, con coraggio e senza rimpianti.
Gli esordi giovanissima, a soli 17 anni, partecipando ad alcuni concorsi di bellezza. Nel 1960 a Miami rappresenta l’Italia al concorso di Miss Universo e conquista la seconda fascia (dopo la Miss che rappresentava gli Usa), piazzandosi invece prima come “Miss Fotogenica” grazie al premio della stampa.
Ha qualche ricordo particolare che ogni tanto riaffiora di quel passato così avventuroso?
«Ho lavorato per 10 anni, vorticosamente. Ogni tanto ci penso, ma con un sorriso. Ho iniziato da ragazzina alla prestigiosa Accademia della Danza Ruskaja, a Roma. Facevo danza classica e studiavo, poiché all’epoca l’accademia era abbinata a un liceo di Roma. La amavo, ma ero troppo alta per la danza classica, ed era faticosissimo. Così ho lasciato ma ho continuato a studiare per conto mio, in scuole private, perché amavo moltissimo la danza classica. L’altezza, che mi penalizzò nella danza, fu invece un requisito fondamentale per iniziare a lavorare come indossatrice per alcuni sarti molto importanti, tra cui Valentino. Con lui – e con le altre indossatrici che insieme a me avrebbero portato in passerella i suoi capi – ricordo un bellissimo viaggio in Russia: era il debutto della moda italiana emergente in Russia e all’epoca la moda italiana era Valentino. Andammo anche a sfilare in Egitto. Ho lavorato per diversi stilisti come “indossatrice volante”, all’epoca si diceva così quando lavoravi non in esclusiva con uno solo».
Una vita avventurosa per una ragazza di 17 anni …
«Eccome, poi io venivo da una famiglia con un’educazione molto rigida, mio padre era un Colonnello dell’Esercito, quindi prima di dare il permesso doveva essere sicuro della serietà dell’organizzazione e dell’affidabilità delle persone con cui avrei lavorato, anche se si fidava di me ritenendomi una ragazza con la testa sulle spalle. Alle sfilate conobbi un agente che mi notò e mi suggerì di andare a Miami a rappresentare l’Italia al concorso di Miss Universo che all’epoca era una vetrina prestigiosissima. Avevo 17 anni e dovevo avere il permesso da mio padre, che era Colonnello dell’Esercito. Una volta avuto il permesso, ricordo che l’organizzazione mise a disposizione di noi miss un’interprete madrelingua e una macchina con autista per farci girare il Paese e partecipare agli eventi, noi stesse eravamo la vetrina di quel concorso: visitammo New York, Washington, Philadelphia e l’Accademia militare di Annapolis dove partecipammo, in sontuosi abiti da sera, al gran ballo dell’Accademia con tutti i giovani ufficiali americani. Poi dirette a Miami dove si sarebbe svolto il concorso. Bellissima esperienza, durò tra tutto un mese. Mi ero affezionata alla mia interprete che, diventata mia amica, mi portò anche in vacanza con lei alle Bahamas. Erano gli anni ’60 e una ragazza di 18 anni non avrebbe mai avuto la possibilità di fare un viaggio così, mi sentivo fortunata».
Poi è stata scaraventata nel cinema quasi per caso… quando si dice la fortuna davvero!
«Quel viaggio di ritorno in aereo fu strano: a Ciampino, una volta atterrati, mi affaccio dal finestrino e vedo sulla pista che c’erano tanti fotografi. Ho pensato «chissà chi viaggia su questo aereo? Per chi saranno tutti questi fotografi?». Sulla scaletta ho capito che erano per me e non volevo crederci. La notorietà di quel concorso mi mise così tanto sotto i riflettori, che un agente mi avvicinò dicendomi se volevo fare del cinema. Io non avevo una preparazione in quel settore, non avevo mai studiato recitazione. Lo ammisi, non me ne vergognavo. Provenivo dal mondo delle passerelle. Allora l’agente mi disse che avremmo provato a partecipare a un film in costume in Spagna, una piccola parte per vedere come me la cavavo. E da lì, poi un’altra particina in un film a Parigi con Pascale Petit. Le mie prime due prove da attrice sconosciuta, ma mi sentivo a mio agio…è vero non avevo studiato, ma imparai sul campo».
L’occasione della sua carriera è stata con 007…?
«Esatto, fu davvero importante. Nel 1961, il produttore cinematografico Albert Romolo Broccoli, comprò i diritti su tutti i libri di Fleming dedicati alla spia 007 e iniziarono le riprese dei primi due capitoli: “Licenza di Uccidere” con Sean Connery e Ursula Andress. Poi sulla scia di quel successo, il regista Terence Young arrivò a Roma per cercare una protagonista femminile per il secondo film di 007. Questo film di spionaggio era un settore nuovo, il primo film “’007 Licenza di Uccidere” ebbe un successo inaspettato. Mi scelsero per essere la seconda Bond Girl (nel 1963), ma in realtà la prima italiana. Il film ebbe un tale successo nel mondo, che io sapevo dove lo stavano proiettando dalle lettere che ricevevo. Il film mi trascinò nella scia di quel successo internazionale e lavorai moltissimo».
Bond, James Bond, è solo Sean Connery?
«Tutti ricordano 007 con la faccia di Sean Connery, sebbene quel ruolo nei moltissimi film che sono stati prodotti, sia stato interpretato da altri validissimi attori come Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig. Però nel corso degli anni la pellicola ha assunto sempre più le caratteristiche di un colossal, meno aderente alla realtà e tendente all’esagerazione. Forse anche per questo, unito al fascino indiscusso di Sean Connery, quel ruolo è senza dubbio il suo».
Dopo di lei, solo un’altra attrice italiana è stata scelta per rivestire il ruolo della Bond Girl: Monica Bellucci, in “Spectre” del 2015 con protagonista Daniel Craig…
«Altri tempi e altri protagonisti. Dico solo questo. Così come le altre Bond Girl, tutte bellissime, che si sono succedute al fianco dei vari 007 hanno avuto purtroppo solo ruoli marginali e di secondaria importanza, che è un po’ mortificante a mio avviso, visto che sono tutte attrici di spessore e di grande talento».
Tanti film e tante maschere: un ruolo che le è calzato a pennello?
«Ho fatto tanti film sulla scia di questo, sempre la spia. In “Missione speciale Lady Chaplin” (regia di Alberto De Martino e Sergio Grieco, 1966) avevo tanti ruoli, mi cambiavo di continuo e il mio personaggio si lanciava anche col paracadute. Ovviamente a Campovolo lo fece una controfigura, ma per i primi piani stavo sollevata tre metri da terra con i macchinisti che mi tenevano per i piedi e un getto d’aria sparato in faccia dava l’effetto della caduta nel vuoto. Mi sono divertita parecchio, ma era molto faticoso. Ho fatto 20 film in 8 anni, 3 film all’anno. Sempre avanti e indietro per il mondo, su e giù dagli aerei, ho recitato in inglese e francese, alcune volte mi hanno doppiato ma devo solo ringraziare tutti».
Venti film in 8 anni sono un continuo mettersi alla prova, anche fisicamente.
«Sì, un’esperienza positiva, trascinante».
C’è qualche film che avrebbe voluto fare insieme a un regista che ama ma che non ha avuto occasione?
«Ho recitato accanto a moltissimi attori e registi, non avevo tempo di pensare all’epoca. Poi, in realtà, non ci ho mai più pensato, quando ho smesso. Ho tagliato quella specie di cordone ombelicale con quel mondo e non ho più voluto saperne nulla. Infondo desideravo quello che avevo».
Il mondo della moda, ieri e oggi: come lo vede? E’ cambiato tutto…
«L’alta moda adesso è speciale per pochissimi, i brand hanno la linea delle boutique, la massa della gente si veste più o meno tutta uguale. Una volta c’era più eleganza, adesso invece l’eleganza è diventata esclusiva di certi ambienti. Anche gli attori nella vita di tutti i giorni sono molto casual, quando vengono paparazzati è persino difficile riconoscerli. Poi sul red carpet si trasformano. All’epoca mia invece una persona elegante lo era sempre, anche se usciva per una passeggiata. Adesso ci sono tante modelle, tutte bellissime. Ma all’epoca erano poche. Adesso si guarda al mondo patinato con meno interesse, Elizabeth Taylor, Ava Gardner erano icone di bellezza conosciute nel mondo, adesso si è appiattito tutto».
Un passato nel cinema, nella moda: come mai ha deciso di lasciare tutto?
«Ho incontrato mio marito Alberto, ci conoscevamo da cinque anni, lui era un armatore di Genova. Eravamo sempre in giro per il mondo, quindi era difficilissimo vedersi. Uno dei due doveva mollare e lo feci io. Nel 1970 ci siamo sposati, mi sono trasferita a Genova e con lui ho vissuto felicemente per 50 anni. E’ stata una scelta di cuore».
Rimpianti?
«No, è stata una mia scelta pensata e ponderata. Purtroppo ho perso mio marito 3 anni fa, non ha avuto la fortuna di vedere mio nipote, che porta il suo nome, sarebbe stato un bell’epilogo».
Dopo aver lasciato il cinema e le passerelle, a soli 27 anni, non ha più dedicato altro tempo all’arte o alla cultura?
«Sono sempre stata appassionata di pittura, che ho ereditato da mio padre: lui dipingeva, ho casa piena di suoi quadri. Ho seguito mostre, mi piaceva. Ma per poco tempo, ho preferito dedicarmi alla famiglia, poi è arrivato nostro figlio Filippo».
Oggi, che ha compiuto 80 anni ed è una splendida nonna, guardando alla sua vita si sente felice?
«Se avessi ancora accanto mio marito sarei felice completamente, ho avuto tante belle cose, sono stata fortunata. Diciamo che sono serena. Ho perso la testa per il mio nipotino, che mi ha restituito gioia ed entusiasmo. Vivo a Sirolo solo per stargli accanto. Se anche il mio Alberto fosse qui, sarebbe tutto perfetto». Come in un film.