ANCONA – Un viaggio di due anni e 40mila chilometri percorsi in bicicletta. Poi, il sogno di contribuire ad una buona causa: donare 6mila euro raccolti nel tragitto ad Emergency. È questa la straordinaria avventura di Daniele Panarella, nato a Recanati ma anconetano d’adozione. Lui, 34enne (con in tasca una laurea in fisica e una specialistica in astrofisica), vive nella zona di Ponterosso e ha deciso di partire due anni fa.
«Era il 3 novembre 2021. Sono partito un po’ in sordina – dice – fino all’ultimo non sapevo se avessi voluto dirlo a tutti, ma poi ho sparso la voce e gli ultimi giorni, prima di partire, ci siamo ritrovati con un po’ di amici al Passetto, un paio mi hanno anche accompagnato il primo giorno».
Daniele, com’è nata l’idea?
«È sempre stato un mio sogno, ho sempre amato i viaggi fin da bambino, l’avventura, la scoperta. Negli anni, ho apprezzato la ricerca del limite, la sfida verso me stesso, anche attraverso lo sport».
Lei ha girato in bici…
«Sì, mi è sempre piaciuta la bicicletta, anche se nessuno in famiglia è un vero ciclista o un grande viaggiatore».
C’era il covid quando ha deciso di partire….
«Io mi sono laureato in pandemia. Sono partito prima dell’ultima ondata invernale, in cui non si sapeva se avrebbero richiuso tutto. Una sera d’aprile, ho disegnato a grandi linee una mappa vedendo tutti i punti che avrei voluto vedere restando in Europa (più safe, per così dire), e ne è uscito che avrei potuto pedalare lungo tutta la costa con obiettivo Capo Nord, in Norvegia. Ci avrei messo circa 8-9 mesi, per essere lì in piena estate. Non ero preparato all’inverno scandinavo e non era ancora nei pensieri di essere estremo. Poi, strada facendo, il viaggio si è allungato».
Ripercorra l’itinerario…
«Arrivato a Capo Nord, ho deciso che avrei continuato finché avessi avuto soldi. Prima, pensavo di tornare in bici direttamente in Italia, poi ho pensato che avrei concluso il giro d’Europa fino ad Istanbul (seguendo non più il mare ma il confine con la Russia). Quindi, è stata la volta dell’Ucraina, durante Natale e Capodanno, con Odessa e Mikolaiev al fronte».
Prosegua…
«Ho svernato in Turchia perché il viaggio era diventato estremo. Non attrezzato, mi sono fatto il secondo inverno pedalando sotto zero e dormendo con – 8 gradi. Dopodiché, ho inglobato la Georgia e l’Armenia, attirato da altri viaggiatori e dal fatto che non serviva il visto e che, tra l’altro, sono culture europee. Sono così rientrato in Grecia e ho continuato il viaggio lungo la costa, risalendo i Balcani».
E ora?
«Arriverò ad Ancona domani (4 novembre), dopo 2 anni e 2 giorni con 40mila km. Praticamente, il giro della Terra, essendo restato in Europa (ride, ndr)».
L’esperienza più bella?
«Arrivare a Capo Nord dopo 9 mesi. I paesaggi meravigliosi, il silenzio della desolazione, le emozioni dell’arrivo. Tanti stimoli e ricordi nel momento in cui ho raggiunto quella che in quel momento era la meta. È stato intenso e bello».
Un momento difficile?
«Quando ho pedalato con la polmonite per una settimana in Romania, prima di fermarmi a Bucarest. Per fortuna, ho trovato qualcuno che mi ha dato ospitalità e ho potuto riprendermi».
Senta, ma come ha fatto a sopravvivere? Aveva i soldi o era un viaggio low cost?
«Il mio viaggio è unico perché non ho mai pagato per dormire. O sono stato ospitato, o ho dormito in tenda. Ho portato avanti tutto solo coi miei risparmi, dopo aver fatto una stagione come cameriere. Ho raccolto anche 6mila euro da donare ad Emergency tramite la piattaforma Gofoundme. Sono andato a trovare i volontari in Moldavia, dove avevano un punto di accoglienza per rifugiati ucraini. Quindi sì, è stato molto ˊlow costˊ. Pensi che i primi mesi che non sapevo di stare via così tanto ho speso una media di 7 euro al giorno (tra musei e traghetti). Ma durante il ritorno, ho dovuto stringere la cinghia e vedere dove arrivavo con quello che avevo».
È riuscito a vivere con poco…
«Ci sono vari modi per sopravvivere, ma alla fine me la sono cavata con 2 euro al giorno, concedendomi anche qualche sfizio. I compromessi sono veramente tanti, ma si può fare. Si vive un po’ al limite, ma è stato questo a rendere il mio viaggio interessante e pieno di sfide».
Cosa ha imparato da questa esperienza?
«Che il mondo è pieno di belle persone, ma non riusciamo a vederle perché ci circondano di pessimismo e diffidenza e perché quelle cattive fanno più rumore. Poi, ho capito che le paure ci fregano troppo e che la maggior parte di esse non ha neppure ragione di esistere. Quelle che lo hanno, invece, si possono spesso risolvere tranquillamente. La cosa più importante è partire e fare del proprio meglio. Guai ai rimpianti».