ANCONA – «I timori già evidenziati 15 giorni fa sul decreto dignità, lungi dall’essersi attenuati, sono oggi confermati in tutta la loro gravità». Claudio Schiavoni, presidente di Confindustria Marche, ritorna sull’azione di governo Lega-M5S, ribadendo che si tratta di un «provvedimento che penalizza in modo significativo quella flessibilità del mondo del lavoro che è condizione necessaria per garantire la competitività delle nostre aziende».
Schiavoni manifesta il pieno appoggio e consenso alla dura posizione espressa da Confindustria sul tema in questi giorni, anche a seguito della recente audizione alla Camera, nel corso della quale è stato sottolineato come per le imprese sia necessario «contare su un mercato del lavoro dinamico ed efficiente, soprattutto a beneficio dei giovani, e su un ambiente normativo e istituzionale favorevole agli investimenti».
Schiavoni concorda che «il decreto renderà più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese: occorre evitare brusche retromarce sui processi di riforma avviati, assicurare stabilità e certezza del quadro regolatorio e non alimentare aspettative negative da parte degli operatori economici».
«Con l’approvazione del Decreto Dignità – aggiunge Schiavoni – il Governo testimonia di non aver minimamente capito l’evoluzione delle dinamiche del mercato del lavoro, soprattutto oggi, in presenza dell’evoluzione tecnologica in atto. Nell’era Industria 4.0 cambia la concezione del rapporto di lavoro, passando da una logica di scambio salario-tempo ad una di scambio salario-prestazione. In altre parole, le aziende hanno sempre più bisogno di risorse pensanti, motivate e competenti. A chi fa politica vorrei ricordare che l’imprenditore non ha mai appoggiato il precariato, che abbassa la qualità del lavoro e la capacità di produrre valore aggiunto, che sono due elementi essenziali per avere aziende vincenti».
Continua il Presidente di Confindustria Marche: «Se il decreto è stato pensato – come dicono – nell’ottica di aumentare le certezze di fatto otterrà l’effetto contrario. Al contrario, aumenta l’incertezza e questo determinerà un pericoloso attendismo, esponendo chi oggi deve rinnovare i contratti a termine – e parlo sia delle aziende che dei lavoratori – ad un’estrema prudenza che irrigidisce il mercato, sia in entrata che in uscita. Un altro obiettivo che sembra essere insito nel decreto è la causale: invece di essere uno strumento di tutela del lavoratore costringerà le imprese, attraverso formulazioni lessicali più o meno dettagliate, a giustificare il ricorso ai contratti a termine esponendole così all’imprevedibilità del contenzioso giudiziale».
Schiavoni vede dunque di buon occhio i correttivi proposti da Confindustria, tra cui prevedere la durata massima del contratto a termine di 14 mesi senza l’apposizione di causali, l’esonero del contratto a tempo determinato tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore dall’indicazione delle causali. Non ultimo, in relazione alle misure sulle delocalizzazioni, la necessità di distinguere i processi di internazionalizzazione dell’attività d’impresa dalle delocalizzazioni selvagge.