Ancona-Osimo

Dietro il gioco

Secondo uno studio di Nomisma con l'Università di Bologna, nel 2016, il 49% degli studenti italiani ha giocato d’azzardo. Il punto con la psicoterapeuta Lucia Caimmi che spiega come la patologia nasconda una profonda sofferenza emotiva

Nel 2016 il 49% degli studenti italiani ha giocato d’azzardo. Sono i dati dello “Young Millenials Monitor – Giovani e Gioco d’Azzardo”, dell’osservatorio dell’istituto di ricerca Nomisma, realizzato in collaborazione con l’Università di Bologna (Dipartimenti di “Scienze Economiche”, “Sociologia e Diritto dell’Economia” e “Scienze Mediche e Chirurgiche”) .

L’indagine è stata condotta su un campione di oltre 11mila ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni, frequentanti le scuole secondarie di secondo grado. Anche se il coinvolgimento degli studenti registra un lieve calo rispetto all’anno precedente, nel 2015 si attestava al 54%, si tratta, per gli esperti, di numeri rilevanti. Per conoscere più a fondo il fenomeno, tra legalità e illegalità, abbiamo intervistato l’analista forense Luca Russo. A seguire la psicologa e psicoterapeuta Lucia Caimmi che spiega come questo passatempo, possa trasformarsi in patologia, tra terapia e prevenzione.

Luca Russo
Analista Forense e C.T.U. Tribunale Civile e Penale di Ancona

La ludopatia si è diffusa moltissimo negli ultimi anni, nella sua esperienza di consulente per diverse procure d’Italia, in che misura sono coinvolti i giovani?
‹‹Oggi la ludopatia purtroppo è un fenomeno molto diffuso tra i giovani e i giovanissimi. Nell’ambito alcuni controlli ai quali ho partecipato, per verificare la conformità delle macchine da gioco al regolamento dei Monopoli di Stato, abbiamo riscontrato spesso la presenza di ragazzi all’interno di bar e circoli, anche in orari scolastici. E il dato ancora più allarmante è che, in alcuni casi, questi ragazzi erano giovanissimi, addirittura minorenni. Il gioco d’azzardo illegale accentua ancora di più il fenomeno, spingendo un numero maggiore di persone a giocare, attirate dalla facilità nelle vincite. In un caso specifico, nel corso di un’indagine sul poker on-line, scoprimmo l’esistenza di un sito, dove si poteva entrare virtualmente e puntare denaro, ovviamente queste giocate non erano regolamentate dalla normativa dello Stato. Un soggetto nascosto manovrava i fili del gioco, vedendo le carte di ogni giocatore. Metteva un suo scommettitore al tavolo, all’insaputa degli altri, e poi faceva vincere i vari giocatori, rimanendo sempre nascosto. Le vincite, che potevano arrivare anche a 10 mila euro, incoraggiavano a puntare sempre di più. Al momento opportuno, il soggetto che era rimasto nascosto, faceva la puntata massima per “ripulire il tavolo”. In questa indagine riuscimmo a scoprire, insieme alla Guardia di Finanza di Civitanova Marche e di Macerata, l’autore di questo sito e le vittime del raggiro, vittime compiacenti del gioco illegale. Questi giocatori avevano spesso un’età compresa tra i diciotto-venti anni, al massimo trentacinque. Difficilmente a questi tavoli abbiamo trovato persone di 50-60 anni di età, che sono sicuramente più accorte. E’ una vera e propria malattia. In altri casi abbiamo riscontrato che i giocatori rimanevano nelle sale giochi per moltissime ore per puntare su apparecchi, legali, nell’illusione che dopo un “tot” di giocate la macchina avrebbe pagato. Alcuni di questi giocatori puntavano addirittura l’intera pensione, e se la macchina non li pagava, restavano nell’esercizio, così da assicurarsi di aver utilizzato la macchina per ultimi. Gli stessi si presentavano nella sala giochi, la mattina seguente, anche un’ora e mezzo prima dell’apertura, per garantirsi che sarebbero stati i primi a giocare, nella speranza di recuperare il denaro della loro puntata. La cosa più tragica è che spesso l’esercente da credito sulla promessa della pensione successiva. Si instaura così una dipendenza vera e propria, con la complicità del titolare del bar, che guadagna sulle puntate. ››

Secondo lei cosa spinge i giovani al gioco?
‹‹Nei ragazzi è soprattutto il desiderio di avere liquidità sempre disponibile. Il gioco d’azzardo viene percepito come un modo per fare “soldi facili” e paradossalmente, la vincita costituisce il pericolo maggiore per questi ragazzi, perché li sprona a giocare sempre di più, nell’illusione che la costanza nel gioco venga premiata. Nel corso di indagini inerenti i reati commessi da minorenni, analizzando smartphone e computer dei ragazzi, abbiamo riscontrato spesso la presenza di applicazioni per giocare on-line. La prima tentazione nasce proprio dall’utilizzo di questi dispositivi. Oggi, ci sono ragazzi che già all’età di quindici anni possiedono uno smartphone del valore di 400-600 euro. Con l’Associazione “Ragazzi in Rete”, della quale sono presidente, stiamo svolgendo delle lezioni frontali presso alcune scuole italiane, e alla domanda, rivolta a una classe di ventidue bambini di quinta elementare, su chi avesse un telefonino, hanno alzato la mano diciannove ragazzini. Di questi tutti avevano WhatsApp, Facebook e il collegamento ad internet aperto anche fuori dalla wi-fi. Ciò significa che anche in movimento potevano tranquillamente accedere al mondo di internet. E’ proprio tramite il web che si insinua la ludopatia tra i giovani e i giovanissimi. I genitori devono controllare i propri figli e non devono temere di dire “no” quando necessario. ››

Quanto è diffuso nella provincia di Ancona il gioco d’azzardo illegale?
‹‹E’ proprio dalla provincia di Ancona, che negli anni intorno al 2006 era partita un’indagine della Guardia di Finanza di Ancona, estesa poi in tutta Italia, chiamata “Casinò Royal”. Nell’attività di controllo di alcune macchine da gioco, riscontrammo la presenza di filtri, posti dai fornitori, allo scopo di omettere le giocate che non erano trasmesse ai Monopoli di Stato. In questo modo circa il 90 % delle puntate rimaneva nascosto. Le macchine così manomesse concedevano vincite più frequenti, spingendo i giocatori a puntare sempre di più. Alcuni esercenti erano ignari della manomissione delle macchine, erano vittime di una truffa, perché, nel momento in cui il fornitore della macchina andava a svuotare il cassetto, c’era una quantità di denaro superiore rispetto a quello che comunicava all’esercente, facendogli credere che era tutto in regola. Alcuni di loro si sono trovati coinvolti legalmente a loro insaputa, ma la maggioranza era consapevole della truffa. All’acquisto della macchina da gioco sapevano già dal fornitore che la stessa poteva essere modificata, concedendo loro un guadagno superiore. Oggi, con la nuova tecnologia, tutto passa attraverso internet, per cui è più difficile modificare manualmente la macchina. ››

 

La psicologa psicoterapeuta Lucia Caimmi

Dottoressa Caimmi, come si inquadra il fenomeno della Ludopatia?
«La ludopatia è un ampio spettro di disturbi, dal più lieve al più catastrofico. La connotazione che li unisce tutti è l’emozione, anzi talvolta l’eccitazione fisica, che si vive nella sfida, nel tentare la sorte, il desiderio di vincere. Questo desiderio che ci spinge verso il rischio insito nella competizione, è un moto sano; ma può diventare tragico se ci spingiamo oltre certi livelli, che diventano patologici. Troviamo, il sano desiderio di competere e vincere, nello sport, ma anche, nel gioco compulsivo dei bambini o adolescenti, nei video game on line o sui normalissimi smartphone. Lo ritroviamo nell’adulto che compra il “grattino” giornaliero al bar assieme al caffè, nell’anziano che punta sui numeri del Lotto».

Quali sono i segnali e i comportamenti che devono sollevare il sospetto nelle famiglie?
«Le espressioni più patologiche sono quelle del giocatore d’azzardo che rovina se stesso e la sua famiglia, dilapidando tutti i suoi beni e coprendosi di debiti. Oppure del ragazzo che si chiude in casa, lascia la scuola, o il lavoro, non dorme quasi mai, e rimane connesso alla rete senza fare altro della sua vita, in quella patologia diagnosticata per la prima volta in Giappone, e che va sotto il nome di Hikikomori. I sintomi della persona affetta da ludopatia sono evidenti se la patologia è diventata di entità grave, ma possono essere sottovalutati e nascosti con facilità dal giocatore stesso, se la dipendenza non è ancora troppo alta. La persona ha necessità, bramosia del gioco o craving, quando gioca è ipereccitato, quando non gioca è irritabile, scontroso, le sue relazioni sociali si imperniamo sui contenuti del gioco, soprattutto se on line, e diventano prevalentemente digitali, virtuali.

I giocatori cercano gratificazioni immediate, soffrono di alterazioni del sistema di gratificazione del cervello o Reward System e incontrano quindi difficoltà cognitive ed emotive nel contenere e trattenere gli impulsi alla ricerca di questa gratificazione immediata, anche essendo consapevoli dei rischi a cui vanno incontro. La sola probabilità di vincita, anche in un gioco on line, stimola le aree cerebrali coinvolte nel sistema della ricompensa in modo del tutto simile a quanto fanno alcool e sostanze psicoattive. Il cervello viene inondato di sostanze endogene che procurano esaltazione e piacere immediato, e inducono a ricercare nuovamente e sempre più spesso le stessa sensazioni, con un meccanismo che porta alla dipendenza».

Le terapie possibili?
«Dato l’ampio spettro dei disturbi che possiamo incontrare, non esiste una terapia d’elezione. Il tipo di trattamento può essere deciso caso per caso, a seconda della gravità, e del tempo di insorgenza. Di certo la ludopatia è come ogni altra dipendenza il sintomo di una profonda sofferenza emotiva a cui non è stato possibile dare spazio di elaborazione».

Si può prevenire?
«La ludopatia è in generale un modo disfunzionale per affrontare sentimenti di vuoto, di mancanza, di noia. Chi gioca si esalta per anestetizzarsi, per non percepire queste emozioni di malessere. Prevenire quindi vuol dire osservare e comprendere l’espressione di silenzi, tristezza, irritabilità, richieste continue di gratificazioni immediate, difficoltà a tollerare le frustrazioni più semplici».

Cosa possono fare le famiglie dei ragazzi affetti da questo disturbo?
«Se il disturbo è già diventato una dipendenza evidente, in ragazzi adolescenti ad esempio, sono necessari interventi psicoterapeutici che coinvolgano la famiglia. Per affrontare e risolvere la sofferenza che si nasconde sotto queste tipologia di disturbo è indispensabile per prima cosa riconoscersi come dipendenti non dal gioco in se stesso, ma dall’eccitazione e dall’attivazione neurobiologica che ne deriva. Soltanto in seguito sarà possibile far emergere e elaborare quel dolore da cui la persona si allontana giocando. L’unica via d’uscita duratura, e esente da ricadute, rimane una psicoterapia ad orientamento analitico, anche nei ragazzi, che si occupi non soltanto della superficie evidente e manifesta nel comportamento “gioco”, ma del significato personale che ogni giocatore nasconde sotto questo sintomo. Senza l’elaborazione del dolore sottostante non sarà possibile per il giocatore smettere di autocurarsi giocando, cioè inondando il proprio cervello di sostanze che allevino la sua pena».

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