ANCONA – «Diritti delle donne sotto attacco, difenderli per costruire il futuro». È il titolo dell’iniziativa promossa dal sindacato dei pensionati di Cgil, Spi Cgil, di Marche, Abruzzo, Molise e Umbria alla quale ha preso parte anche il segretario generale Ivan Pedretti.
I sindacati delle quattro regioni, tutte governate dal centrodestra, hanno deciso di fare fronte comune per «costruire un argine in difesa delle leggi conquistate dalle donne» i quali sarebbero sotto attacco da parte delle rispettive giunte regionali come ha affermato in un passaggio del suo intervento Vilma Bontempo, segretaria generale Spi Cgil Marche, e come ribadito anche dai vertici sindacali delle altre tre regioni. Un confronto che proseguirà anche nei prossimi mesi in difesa dei diritti delle donne.
Disparità di genere sul fronte occupazionale e salariale, diritto all’aborto e alla corretta applicazione della legge 194, autodeterminazione femminile, sono alcuni dei temi “caldi” trattati nel corso del confronto che si è svolto online e che è stato trasmesso sulla pagina Facebook del sindacato, con la partecipazione dei vertici sindacali di Spi Cgil delle quattro regioni.
«Sono state soprattutto le donne, oggi pensionate, che con le loro lotte sono riuscite a conquistare leggi importanti per l’emancipazione, l’autonomia, l’autodeterminazione e lo continueranno a fare al fianco delle più giovani, per poterle difendere e applicare» ha affermato Vilma Bontempo.
La segretaria generale Spi Cgil ha sottolineato che il presidente Acquaroli già in campagna elettorale «non aveva fatto mistero» di voler gestire l’aborto farmacologico come ha fatto l’Umbria, ovvero non consentendo la somministrazione della Ru 486 nei consultori, come previsto invece dalle linee guida ministeriali. Nei mesi scorsi erano state forti le contestazioni alle decisioni della giunta regionale, contro le quali erano state organizzate manifestazioni un po’ in tutte le Marche.
Ma «anche precedente giunta non aveva brillato» facendo accumulare alle Marche «un ritardo» che ha fatto sì che solo il 6% interruzioni di gravidanza nella nostra regione sia stato eseguito con metodo farmacologico, numeri molto lontani dalla media nazionale che è del 20%.
Bontempo ha poi sottolineato che l’applicazione della legge 194 ha incontrato resistenze anche in passato a causa dell’elevato tasso di obiezione dei ginecologi delle strutture ospedaliere delle Marche: nei nosocomi gli obiettori sono ili 70%, mentre nei consultori sono il 30%. Tra le criticità, la bassa attrattiva dei consultori sulla popolazione degli adolescenti marchigiani, la più bassa a livello nazionale e pari all’1,6% su 100 residenti, rispetto a 5,9% registrata mediamente sul territorio nazional, basso anche il volume di attività.
«Il vento di destra – afferma – ha ridato vigore all’attivismo per la vita che l’emergenza pandemica ha limitato solo in parte: abbiamo visto volantinaggi davanti agli ospedali e consultori, manifesti con parole d’ordine volte a criminalizzare la donna che sceglie di interrompere la gravidanza, fino all’atto del bambino che consegna i 1.400 pannolini alla consigliera di opposizione Manuela Bora».
Bontempo rimarca poi l’esclusione delle rappresentanti confederali dalla Commissione regionale delle Pari Opportunità e accende i riflettori sul tema del lavoro delle donne che hanno pagato un prezzo alto, in termini occupazionale con la crisi scatenata dal covid: la sindacalista rimarca che nelle Marche nel 2020 si sono persi 35mila posti di lavoro, 25mila dei quali occupati da donne.
Poi va all’attacco della nuova presidente della Commissione Pari Opportunità protagonista di un video diffuso sui social nel quale dalla sua cucina «dichiara che la donna si occupa di casa e famiglia e che se lavora bisogna aiutarla agevolandola con i part time ed i congedi familiari, altro che condivisione delle responsabilità», fa notare Vilma Bontempo.
A questo si aggiungono poi le proposte di legge della Giunta «che fanno riferimento alla famiglia tradizionale» e l’altra che propone l’allargamento della Commissione Pari Opportunità da 21 a 27 membri, preferendo «l’ingresso di donne madri, con carichi familiari o disabili, tutto questo fa si che non si vuole riconoscere che esiste una disuguaglianza di genere fra donne e uomini, nel lavoro, ma anche per accedervi, insomma si negano le disparità esistenti e c’è una visione di ritorno ad una famiglia di tipo tradizionale e patriarcale dove l’autonomia e la soggettività femminile sono sostanzialmente negate».
Elementi che preoccupano i sindacati. Sul fronte occupazionale la segretaria Spi Cgil Marche evidenzia che nella nostra regione «c’è una forte prevalenza tra le donne occupate di lavoratrici part-time (circa il 51%), un dato che implica, la momento del pensionamento, una forte penalizzazione sulla prestazione pensionistica».
Già oggi ci sono delle «forti differenze sulle pensioni» tra uomo e donna: le donne dipendenti percepiscono una pensione di vecchiaia media di 794 euro, mentre gli uomini 1.473 euro, con una differenza di 680 euro in meno al mese per le donne. Inoltre le donne sono quelle che in maggior numero percepiscono l’assegno sociale: «Negare queste differenze, insieme alle difficoltà di carriera» incontrate dalle donne, «richiama le donne ad un nuovo protagonismo e alla costruzione di una rete che non le faccia arretrare ma avanzare nelle posizioni di lavoro e nella società».
Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche
Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche, ha parlato dell’attacco dei diritti alle donne come un «filo nero che accomuna» le quattro regioni, un attacco su «più fronti ai ruolo, al valore e alla libertà» delle donne «che noi contrasteremo e stiamo già contrastando». «Mi fa rabbia – prosegue – doverne parlare, avremo bisogno di parlare di altro, di quello di cui le donne hanno bisogno» e poi ha ricordato che proprio le donne durante la pandemia sono state le «straordinarie protagoniste della lotta contro il covid, perché sono soprattutto le donne ad essere impegnate in quei settori, quali sanità, assistenza, servizi sanitari e socio-sanitari, nella scuola, nelle fabbriche, nella dad».
Donne che sul posto di lavoro si sono contagiate di più: il 70% degli infortuni per contagio da covid ha riguardato proprio le donne. Non mi accontento di difendere le donne, noi vigliamo di più – prosegue – vogliamo più diritti e che la libertà sia totale e piena così come la parità».
Ivan Pedretti, segretario generale Spi Cgil
Il segretario generale Ivan Pedretti ha spiegato che il tema della pandemia ha posto l’accento sul fatto che le maggiori discriminazioni interessano le donne e i giovani, oltre che gli anziani più poveri, un fatto che pone la necessità che «il part-time sia volontario» e che implica di invertire la capacità negoziale del sindacato per contrastare una politica delle imprese che fa tornare indietro. La battaglia per incrementare l’occupazione femminile, per Pedretti, va costruita sia sul piano nazionale che su quello territoriale.
Elio Cerri, di Spi Cgil Marche ha rimarcato che non è la prima volta che le quattro regioni lanciano una iniziativa comune e a tal proposito ha ricordato la presentazione del libro “Gli spaesati” avvenuta nel dicembre 2018 per tenere i riflettori accesi sulle aree terremotare del centro Italia.
Spi Cgil Umbria
Maria Rita Paggio, segretaria generale Spi Cgil Umbria, nel suo intervento ha affermato «siamo di fronte ad un tentativo forte della destra di attaccare le libertà» delle donne conquistati in anni di battaglie, poi ha sottolineato gli attacchi alle differenze di genere in riferimento all’orientamento sessuale e quelli agli immigrati, esprimendo «preoccupazione per il futuro dove le disuguaglianze saranno utilizzate per dividere e creare un arretramento delle donne».
Spi Cgil Abruzzo – Molise
Loredana Piselli, segretaria generale Spi Cgil Abruzzo-Molise ha parlato dell’esistenza di «una regia precisa da parte delle forze politiche di destra» di «limitare le libertà delle donne e la loro autodeterminazione» la quale condurrà ad «una deriva culturale». Inoltre ha ricordato che «uno dei primi atti del governo giallo – verde, fu il congresso della famiglia» dove vennero distribuiti «piccoli feti di gomma» con slogan anti abortisti. L’accento è andato anche sul ddl Pillon, il criticato disegno di legge del Leghista, sulla doppia residenza per i minori dei figli separati, che ha diviso fortemente l’opinione pubblica e che «non è stato ritirato ma giace in un cassetto». L’attacco alle donne, secondo Piselli, rappresenta «attacco al processo di crescita culturale».