ANCONA – Il Dpcm del 12 ottobre è stato chiaro: niente più calcetto tra amici. La stretta sullo sport amatoriale, per contenere il contagio da coronavirus, è passata attraverso questa disposizione visto l’ampio numero di praticanti di calcetto su tutto il territorio nazionale. Questa la direttiva integrale: “[…] Lo svolgimento degli sport di contatto – si legge nel decreto – come individuati con successivo provvedimento del Ministro dello Sport, è consentito da parte delle società professionistiche e – a livello sia agonistico che di base – dalle associazioni e società dilettantistiche riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato italiano paralimpico (CIP), nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi; sono invece vietate tutte le gare, le competizioni e tutte le attività connesse agli sport di contatto, come sopra individuati, aventi carattere amatoriale“.
Le reazioni, ad Ancona, non sono tardate ad arrivare. In particolar modo provenienti da alcuni gestori di impianti privati che fanno dell’affitto dei campi un’autentica forma di sostentamento: «Tutti noi capiamo la preoccupazione di evitare nuovi lockdown, infatti si fa affidamento sulla responsabilità personale per mettere in atto comportamenti precauzionali. Questa misura restrittiva del calcetto, prevista nel nuovo Dpcm, in realtà riguarda tutti gli sport di contatto amatoriali, basket, pallavolo, rugby per esempio, quindi nessun intento punitivo nei confronti del calcio a 5 – hanno spiegato i ragazzi del Campus di Ponterosso gestito dal Dopolavoro ferroviario -. Rispetto allo sport professionale, crediamo non sia paragonabile il protocollo previsto per le squadre di calcio, per esempio effettuare periodicamente i tamponi ai giocatori, con le disposizioni anti-Covid davvero minime per gestire un impianto sportivo, in sostanza misurazione della temperatura corporea e autodichiarazione».
E ancora: «Ovviamente subiremo una contrazione degli incassi a fronte di costi inalterati, ma l’entità dipenderà dalla durata della restrizione. Un mese o tre mesi fa la differenza. Nel passato sia il Coni tramite la sua società Sport e Salute che l’Ufficio Sport del Comune di Ancona sono intervenuti per alleviare il disagio. Al di là di tutto un solo appello: impariamo la lezione di marzo e osserviamo strettamente le indicazioni e persino le raccomandazioni che le autorità sanitarie ci fanno».
Anche Luigi Bontempi, responsabile del Dorico e del Palascherma, ha voluto dire la sua: «Non servirà a risolvere i problemi questa presa di posizione. Seguendo il protocollo come avviene nelle società sportive l’attività si poteva svolgere anche a livello amatoriale. Non dimentichiamoci mai che lo sport è salute. Tutto ciò causerà delle perdite, degli introiti che verranno meno, dei mancati incassi. I gestori degli impianti sportivi saranno in ulteriore difficoltà economica, auspico qualche misura a sostegno».