MACERATA – Si chiama Dubito quindi suono il primo album del cantautore marchigiano, Lorenzo Sbarbati. Nato a Macerata nel 1991 e residente a Montegranaro, Sbarbati ha percorso l’Italia in lungo e in largo per portare nelle piazze la sua musica.
Grazie a una borsa di studio di 4mila euro assegnatagli da Bologna città della musica Unesco, è riuscito a realizzare il suo sogno, un album musicale. «Un album tutto autobiografico – dice – io scrivo ciò che sento e ciò che vivo».
L’album verrà presentato al Cineteatro Durastante di Monte San Giusto. L’appuntamento è per domenica (6 marzo), ore 18, alla presenza tra gli altri del professor Marcello La Matina, già giurato del festival Musicultura, a cui peraltro Sbarbati non è passato.
Perché? «Beh, perché attualmente si fanno scelte diverse da un tempo – analizza l’artista – ai talent non andrei mai, perché sarebbe una contraddizione, per il mio modo di pensare. Ma a Musicultura sì, ci ho provato. Noto che ormai, anche a Sanremo, si predilige il non dire nulla. Lo si preferisce a qualcuno che canta contenuti veicolando messaggi».
«Sono stato molto contento che all’ultimo festival, tra i tanti, ci sia stato Giovanni Truppi – fa sapere Sbarbati – lo seguo da una vita. Lui rappresenta lo stile di artista che inseguo. Lui ce l’ha fatta, benché il mondo nel frattempo sia cambiato. C’è voglia di non pensare a niente e se canti un contenuto, la gente fa più difficoltà a fermarsi ad ascoltarlo, perché bisogna pensare. E mi pare che oggi si pensi poco».
Sbarbati, nella sua raccolta, parte dalla certezza dell’amore, «da un percorso relazionale intimo – spiega – da una relazione che ho vissuto. All’inizio, sembra che tutto vada per il meglio, che ci sia la certezza assoluta di un amore, di un sentimento. Ci sembra di poter fare qualsiasi cosa, poi le cose si incasinano e quel biglietto di sola andata sicura – come dice in una delle sue canzoni – lascia spazio a dubbi radicali della persona».
Di qui, il titolo Dubito quindi sono, che rievoca il Cogito ergo sum, cioè il Penso dunque sono di Cartesio. Oggi, tra la pandemia che invade le nostre vite e la guerra che occupa i notiziari, Sbarbati confessa di essere «particolarmente sconvolto».
Qui, il musicista fa spazio al filosofo, qual è Sbarbati: «Vedo un blocco di opinione a due e questo mi fa paura. La realtà viene sempre ridotta a due termini, c’è sempre il buono e il cattivo o, recentemente, il sì vax e il no vax. E invece queste crisi – pandemia e guerra in Ucraina – non ci hanno ancora insegnato che dovremmo guardarci dentro, senza additare sempre l’altro. Anche perché l’altro – riflette – non è che lo specchio del nostro male. Con simili crisi e fratture sociali, non si va da nessuna parte».
«Viviamo in una società che ci vuole tutti convinti, non importa nemmeno di cosa. E il dubbio rappresenta l’elemento salvifico». Nell’album Dubito quindi suono, ci sono persino riferimenti a Luigi Pirandello. Lui sì che aveva già capito tutto, un poeta che rimane attualissimo, perché le maschere sociali sono inevitabili per ciascuno di noi, anche trascorso il Carnevale.
Sbarbati ce ne parla nel singolo dal titolo Mio caro Gengè. «Si può distruggere l’illusione di un amore, ma si deve fare i conti con le proprie macerie esistenziali. La canzone racconta di come vedo Vitangelo Moscarda, un personaggio pirandelliano che da un naso storto che non si era accorto di avere, finisce per mettere in discussione qualsiasi cosa».
«Oggi – sottolinea Sbarbati – non sembra esserci posto per chi nutre dubbi così profondi: il modello neoliberale ci vuole sicuri, straripanti di certezze, pronti a prendere a morsi la vita, per non arrivare poi da nessuna parte. Allora, se un riscatto è possibile, questo va cercato proprio nella messa in discussione del sistema».
Nell’album, che verrà presentato domenica (6 marzo) a Monte San Giusto, al Cineteatro Durastante, si mescolano sonorità acustiche, figlie della tradizione cantautorale ad atmosfere elettroniche moderne, con orchestrazioni e pad che creano tappeti e ambientazioni da colonna sonora.