ANCONA- La notizia che è stata ufficializzata nelle scorse ore, quella della chiusura di oltre 5.500 siti illegali di live streaming e canali Telegram che trasmettevano illegalmente contenuti protetti in tutto il mondo, rappresenta un duro colpo per tutta la pirateria digitale. La Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Napoli, ha esteso a tutto il mondo la propria inchiesta riguardante lo sport in diretta in particolare (tra cui, ovviamente, Serie A, B e Lega Pro di calcio) in merito alla violazione del copyright. Per capire la portata dell’azione basta valutare che la confisca a tutela del diritto d’autore si aggira intorno a 10 milioni di euro.
Tra provvedimenti di sequestro e perquisizioni sono risultati in 23 gli indagati. Inoltre, i finanzieri hanno provveduto a perquisire oltre 100 rivenditori italiani sospettati di favorire lo streaming illegale. L’indagine si è estesa in tutto il mondo attraverso un software di intelligenza artificiale, capace di analizzare i Big Data utili per l’individuazione degli obiettivi. Altro meccanismo da comprendere è come veniva pagato l’abbonamento, cioè mediante criptovalute (metodo insolito e per questo meno tracciabile). La curiosità è che tra i componenti dell’organizzazione messa alle strette risultano, addirittura, dei soggetti che percepivano il reddito di cittadinanza.
Le risorse oscurate
Tra le risorse oscurate ci sono server di trasmissione, piattaforme di gestione, siti vetrina e siti di live straming, canali Telegram e altri strumenti di diffusione delle immagini. Ad essere trasmessi erano eventi on demand, partite di calcio su tutti, ma anche altre manifestazioni sportive. La Guardia di Finanza ha provveduto al progressivo spegnimento da remoto delle piattaforme, dei server e delle smart card oltre ovviamente ai siti e ai canali Telegram che si occupavano della vendita e riproduzione dei contenuti illegali che violavano il diritto d’autore.
Nell’operazione sono stati impiegati circa 600 finanzieri di 91 comandi territoriali all’interno delle indagini ai quali, per tutta la durata, si sono aggiunti i colleghi della Postale. Inoltre vanno segnalati circa 300 appartenenti alle forze dell’ordine di Paesi esteri che hanno dato il proprio contributo a “The Perfect Storm”, com’è stata ribattezzata l’operazione. Non solo Sky nel mirino ma anche Disney+, DAZN e Netflix.
L’impegno della Lega Calcio
Va detto che quest’aspetto della pirateria digitale ha subito un particolare incremento nel 2020 a fronte dello scoppio della pandemia e del divieto di accesso negli stadi. Da questa fase si registra anche l’impegno della Lega Calcio e della Figc che si sono dimostrate parti attive in questa battaglia offrendo sia il sostegno e sia la creazione di alcune iniziative volte a scoraggiare il ricorso alle piattaforme illegali. Una strategia, insomma, articolata incentrata perlopiù sulla sensibilizzazione delle masse, dei tifosi e dei più giovani sul tema della pirateria digitale.
Inoltre, secondo una ricerca commissionata dalla Lega Calcio, riportiamo testualmente “Si registrano ogni anno 578 milioni di atti di pirateria informatica, ma in questo dato sono comprese tutte le forme di infrazione al copyright, da scaricare una canzone a leggere un quotidiano online in siti illegali o attraverso link diffusi su Telegram. Le partite e gli eventi sportivi trasmessi illegalmente sono state nel 2019 invece 22 milioni, il 52% in più rispetto all’anno precedente“.
Le dichiarazioni
Il tenente colonnello della Guardia di Finanza Gianluca Berruti ha parlato così alla stampa: «Con l’operazione The Perfect Storm per ora abbiamo colpito la ‘cupola’ dell’organizzazione che vendeva contenuti Iptv illegali e la rete dei re-sellers ma anche i clienti rischiano dai 6 mesi ai 3 anni di reclusione e una multa da 2.500 a 25.800 euro. Molte persone pensano solo alla convenienza economica e non credono di commettere alcunché di male: in realtà il semplice possesso del device usato per ricevere il segnale, quello che in gergo viene definito ‘pezzotto’, costituisce un reato penale. E’ uno dei motivi per cui, quando abbiamo oscurato i siti, abbiamo reindirizzato gli utenti ad una pagina che li avvertiva di che cosa vanno incontro».
Cosa si richia?
In sostanza, riprendendo le parole di Berrutti, i possessori di questi abbonamenti, oltre 5 milioni d’utenti, rischiano dai 6 mesi ai 3 anni di reclusione e una multa da 2.500 a 25.800 euro. L’indagine è aperta.