Infrastrutture materiali e immateriali, internazionalizzazione, digitalizzazione, innovazione e semplificazione amministrativa. Sono alcune delle priorità delineate dalla neo presidente di Confartigianato Marche Moira Amaranti. Avvocato, titolare di “Les Amaranti srl” di Civitanova Marche, brand di calzature donna che porta avanti la tradizione delle scarpe artigianali dell’azienda di famiglia, Amaranti sarà affiancata nel suo mandato dall’architetto Barbara Serrani, eletta vice presidente e da Gilberto Gasparoni, segretario regionale.
«Cercheremo di essere presenti al tavolo regionale sulle infrastrutture per fare in modo che le Marche abbiano una rete di viabilità che possa connetterle le imprese artigiane ai mercati nazionali e internazionali – spiega -. Dobbiamo diventare una regione facilmente raggiungibile e da più punti: porto, aeroporto, strade, bisogna realizzare la terza corsia in A14 nella zona sud delle Marche».
Oltre alla necessità di infrastrutture viarie, la presidente di Confartigianato Marche sottolinea l’importanza, per la competitività delle imprese artigiane, della banda ultralarga, del credito e degli incentivi per il settore.
Finalmente una presidente donna in Confartigianato. «È stata una grande sorpresa – dice -, sono veramente onorata della stima dei miei colleghi, mi ha inorgoglito ed ho accettato con grande senso di responsabilità. Devo dire che la Confartigianato è stata sempre molto attenta alla meritocrazia ed è stata una delle prime associazioni di categoria ad avere presidenti donne».
In una regione in cui l’industria «appare un po’ in crisi e in cui le aziende tendono ad aggrerasi per avere una forza maggiore, che ruolo ha l’artigianato e dove si colloca? «Ha un ruolo fondamentale: nella nostra regione ci sono 129mila piccole imprese, il 94,4% del totale, danno occupazione a 343mila addetti. L’industria ha un ruolo molto marginale, nelle Marche sono le piccole aziende con le filiere che hanno reso grande la regione, creando benessere e occupazione. In un contesto geopolitico internazionale segnato da profonde incertezze è difficile delineare adesso le traiettorie di salvaguardia e sviluppo, ma metteremo il massimo impegno per evitare che le nostre imprese perdano il know how acquisito nel corso degli anni. Siamo pronti al dialogo con le Istituzioni, con il mondo bancario e con la politica regionale e nazionale».
Cosa pensa di fare per cercare di accompagnare con più forza e in numero maggiore le imprese artigiane sul mercato estero? «Questo è un tema a me molto caro, quando ero alla presidenza nazionale del settore calzature di Confartigianato l’internazionalizzazione era il mio primo obiettivo, su questo fronte ho maturato una grande esperienza. Nelle Marche si può fare ancora molto, nonostante Moda e Agroalimentare abbiano già fatto tanto grazie anche agli interventi messi in campo dalla Confartigianato, con Ice e con la Camera di Commercio delle Marche per far aprire le imprese artigiane a nuovi mercati attraverso la presenza alle fiere di settore. Dobbiamo continuare su questa strada e aiutare le imprese a innovare e digitalizzare, e a presentarsi a un mondo che chiede il Made in Italy e che ormai riconosce il brand Marche. L’artigianato marchigiano e le nostre Pmi nella moda, nelle calzature, nella pelletteria, nella meccanica, nell’agroalimentare e nel legno-arredo, oltre che nel turismo è riconosciuto come capace di esprimere un’altissima qualità, il nostro obiettivo è promuoverlo».
La moda sta attraversando una profonda crisi, quali potrebbero essere le possibili soluzioni? «La situazione è difficile e anche nel primo semestre si è registrata una contrazione forte dei consumi anche a causa dell’aumento del costo delle materie prime, oltre che del contesto geopolitico e socioeconomico, fattori che stanno creando delle fortissime difficoltà anche ai ‘big brand’ che di conseguenza stanno limitando gli ordinativi e questo si ripercuote sulla filiera e sul conto terzismo. Nelle Marche la situazione è amplificata anche dalla mancanza di personale qualificato e di giovani».
Come attrarre i giovani? «Bisogna cambiare la visione del mondo artigiano. Oggi l’artigiano non è più chiuso in una bottega a battere il martello, ci sono imprenditori molto attivi, sono laureati, conoscono più lingue, c’è un open mind molto diverso rispetto al passato. Nelle imprese artigiane si viaggia, si fa internazionalizzazione, marketing. Per attrarre i giovani e favorire il ricambio generazionale occorre dialogare con i centri di formazione e promuovere l’alternanza scuola-lavoro. C’è tanto da fare e il tempo stringe, non possiamo perdere il know how conquistato».