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Dazi sui prodotti agricoli, Gardoni di Coldiretti: «Mercato statunitense principale sbocco per vino e pasta marchigiani»

Il presidente Usa,Donald Trump, ha annunciato dazi sui prodotti agricoli non americani. Approfondiamo il tema con la presidente di Coldiretti Marche

Maria Letizia Gardoni (foto Ufficio Stampa)

«Gli Stati Uniti per le Marche sono un notevole partner commerciale se guardiamo all’agroalimentare. Nel terzo trimestre 2024 l’agroalimentare marchigiano negli States ha raggiunto quota 32,4 milioni di euro nel terzo trimestre 2024, con un incremento del 18% rispetto allo stesso periodo del 2023. Nel 2023, il valore totale è stato di 41,8 milioni, pari al 7,4% dell’export complessivo della regione». Lo spiega Maria Letizia Gardoni, presidente Coldiretti Marche.

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Nei giorni scorsi il presidente Usa Trump ha annunciato dazi sui prodotti agricoli non americani e su Truth ha invitato i grandi agricoltori americani a produrre molti prodotti agricoli per la vendita negli Stati Uniti. Un annuncio che crea apprensione fuori dagli Usa.

Presidente Gardoni, quali prodotti dalle Marche arrivano negli States?
«Il mercato statunitense rappresenta il principale sbocco per il vino (12,3 milioni di export nel 2023) e per la pasta (16,4 milioni). Una crescita costante si era già osservata negli ultimi anni, con un balzo dai 24,2 milioni del 2018 ai 48 milioni del 2022, segnando un aumento considerevole nonostante le difficoltà causate dalla pandemia».

Ci sono mercati alternativi a quello americano?
«Il mercato americano rappresenta poco meno dell’8% del totale del commercio agroalimentare marchigiano verso l’estero. Una quota minore rispetto al totale ma in un mercato che potrebbe crescere tantissimo se pensiamo all’appeal del cibo italiano nei confronti dei consumatori statunitensi».

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Produrre per se stessi dice Trump: è un modello applicabile anche da noi o c’è troppa produzione, per cui esportare è una conseguenza?
«L’autosufficienza, nel nostro caso alimentare, è una condizione che ha assunto un significato vero con la pandemia. È in emergenza che abbiamo capito quanto sia importante avere produzioni nostre da dedicare al consumo interno. Al tempo stesso l’export è una voce importante dei nostri fatturati perché i consumatori di tutto il mondo guardano al Made in Italy come a un’offerta di qualità. La nostra preoccupazione è legata al fatto che un dazio del 25% sul cibo italiano farebbe alzare i prezzi al consumo per i consumatori americani, e questo potrebbe innescare la ricerca di beni più a buon mercato, proprio a partire dai cosiddetti “italian fake”. Secondo una stima Coldiretti, un dazio del 25% sulle esportazioni agroalimentari Made in Italy negli Usa potrebbe costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro in più con un costo per le singole filiere che sarebbe di quasi 500 milioni solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta, 120 milioni per i formaggi».