Segnano una contrazione i saldi estivi che su scala nazionale registrano un calo intorno al -10% circa, in base ai primi dati elaborati da Confcommercio. Nelle Marche la flessione è molto più contenuta e sulla base delle prime stime dovrebbe limitarsi al 2% circa se non addirittura confermare i numeri dell’anno scorso, spiega Giacomo Bramucci presidente Confcommercio Marche, componente della giunta di Federmoda Italia e vicepresidente dell’Azienda Speciale della Moda di Camera di Commercio delle Marche.
Ad influire sulla dinamica del dato nazionale sono soprattutto le regioni del Nord: «un’estate all’insegna del maltempo e delle piogge» non ha certamente aiutato lo shopping. Inoltre, prosegue Bramucci, «si è ridotto il potere di spesa delle famiglie» e le minori disponibilità economiche lasciano poco spazio per gli acquisti legati all’abbigliamento. Diverso il trend nelle città costiere e turistiche dove invece lo shopping tiene e proprio questo fattore «spiega» la migliore performance registrata dalle Marche rispetto ad altre regioni.
«Dove funziona il turismo funzionano anche il commercio e la ristorazione – prosegue -, un dato che deve spingere a una riflessione su come alimentare questo flusso». Per quanto riguarda le prospettive future, la minore disponibilità economica delle famiglie si riflette su tutta la filiera della moda, dai negozi dove «c’è grande prudenza negli ordinativi moda per la prossima stagione, alle aziende manifatturiere dove c’è prudenza nella proposta a livello produttivo».
A registrare un calo è anche il commercio online, anche questo penalizzato dall’erosione del potere di acquisto e «dal valore medio speso più basso rispetto ai negozi ‘fisici’ dove c’è un valore percepito più elevato» dal punto di vista della qualità dei prodotti.
Secondo Bramucci, le imprese della moda per sopravvivere «devono riuscire a dare profondità e sostanza al rapporto con la clientela, con servizi aggiuntivi, che diano la dimensione della disponibilità» di cui i negozi sono capaci. Un valore aggiunto come quello, ad esempio della sostenibilità delle collezioni, può fare da traino al commercio.
Secondo un’indagine nazionale realizzata da Confcommercio in collaborazione con Swg, nell’ambito del progetto Cities che si occupa di contrasto alla desertificazione commerciale nelle città italiane, per l’88% degli italiani la presenza di negozi è determinante nella scelta del quartiere dove vivere e solo una persona su 10 preferisce vivere in una zona esclusivamente residenziale, senza servizi di prossimità.
Negozi ai quali l’indagine attesta anche un alto valore sociale, infatti per quasi i due terzi degli intervistati (64%) rappresentano un’occasione di incontro che rafforza l’appartenenza alla comunità, ma anche un servizio attento alle persone fragili (59%), un presidio di sicurezza (57%), una garanzia di cura dello spazio pubblico (54%) e un facilitatore dell’integrazione (49%). Gi acquisti quotidiani di farmaci (64%) e tabacchi (59%) vengono effettuati prevalentemente negli esercizi vicini all’abitazione. I centri commerciali inveci sono il luogo d’acquisto prevalente per abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione (60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%).