Ancona-Osimo

Ancona, esche killer per cani e l’uomo sospetto: il profilo dell’avvelenatore seriale secondo l’analista forense

David Albertini segue da tempo il caso di Brecce Bianche. Aveva tracciato un identikit e condiviso informazioni sui social: «La serialità con cui agisce indica che vuole colpire più cani e padroni possibili»

ANCONA – David Albertini è un analista forense nell’agenzia Indagini informatiche forensi di Luca Russo di Ancona. La sua attenzione e intuito professionali sono stati attirati dal caso delle esche per cani piene di viti o chiodi abbandonate nell’area di Brecce Bianche, quartiere di Ancona, per cui da ieri è emerso un sospettato: «A spingermi ad interessarmi a questa vicenda è stata la serialità del comportamento che emergeva dalle notizie pubblicate. I maltrattamenti verso gli animali sono inoltre spesso indicativi di una personalità anche socialmente deviata e pericolosa. Ho deciso quindi di applicarmi in questo caso nel mio tempo libero, al di fuori dei mio lavoro di analista forense (e quindi senza attingere ad alcuna informazione riservata), per cercare di ricostruire tramite l’analisi delle informazioni pubbliche e alcuni sopralluoghi della zona con gli abitanti e i volontari della LAV (Lega Anti Vivisezione), le abitudini e il comportamento di chi abbandonava quelle esche. Ho caricato le informazioni che collezionavo e le deduzioni che ne traevo sui social per condividerle con tutti e sul mio blog sulla pagina Facebook A – blog: tecnologia e sicurezza urbana».

La prima mossa di Albertini è raccogliere i numerosi articoli di quotidiani sul cosiddetto avvelenatore seriale ripercorrendo l’escalation degli avvelenamenti. Albertini ricostruisce una storia che è arrivata a conoscenza della stampa nel 2016, per tornare periodicamente sulle pagine dei giornali, rappresentando i periodi di attività dell’avvelenatore seriale. Il passo successivo è ricostruire su una mappa i ritrovamenti di wurstel e polpette con dentro chiodi e viti: «Anche solo osservando la mappa dei ritrovamenti si può osservare come tutti i casi siano nell’area di poche centinaia di metri e tutti all’interno del quartiere di Brecce Bianche, distanze percorribili a piedi o in poche fermate di bus. L’area con più ritrovamenti è decisamente quella di via Crocioni e dei pressi della chiesa di San Gaspare. Qui i residenti che hanno cani sono a conoscenza di questo problema da tempo. Loro stessi hanno messo dei cartelli in cui si avvisano gli altri padroni di cani della presenza dei bocconi killer. Cartelli che vengono costantemente rimossi, forse dalla stessa persona che abbandona le polpette».

Albertini osserva anche come l’avvelenatore alterni periodi di “attività” con periodi di quiete. Un moto ondivago destinato però a cambiare solo pochi mesi fa: «Tra dicembre e gennaio c’è stato un netto incremento dell’attività dell’avvelenatore. Forse proprio a causa del lockdown, i casi di ritrovamento sono diventati frequentissimi. I bocconi con viti e chiodi ritrovati nei cespugli e nell’erba alta di via Crocioni erano decine, forse centinaia».

David Albertini ha anche provato a chiedersi quale sia la molla che fa scattare un simile comportamento, analizzando in particolare casi analoghi accaduti in altre zone di Italia: «Questa persona non vuole colpire un cane in particolare, come ad esempio accade quando qualcuno vuole incivilmente sbarazzarsi del cane del vicino perché abbaia. La serialità con cui agisce indica che vuole colpire più cani e padroni possibili. Probabilmente vuole sentir parlare di sé in un atto narcisista. Questo spiegherebbe la larga scala con cui agisce e anche la sua temerarietà nel farlo. Ad esempio sono stati lasciati bocconi con chiodi e viti anche nei cespugli davanti alla Caserma dei Carabinieri. È molto probabile che questa persona non si fermerà da sola. In un noto caso accaduto a Roma un killer di cani che agiva con lo stesso metodo è arrivato ad uccidere 300 animali e a ferirne gravemente 900 fino al suo arresto».

Nella giornata di domenica 14 marzo è arrivata una segnalazione proprio da una residente in via Crocioni. La donna dopo aver notato un uomo anziano abbandonare qualcosa nell’erba alta, ha contattato la polizia locale che ha colto l’uomo sul fatto. Ora sarà compito degli inquirenti stabilire se l’uomo denunciato sia proprio il responsabile delle esche fatali per gli amici a quattro zampe. Complicato sarà anche stabilire le conseguenze che le azioni dell’uomo hanno avuto in questi anni: «Difficilmente si esegue una autopsia quando muore un cane – conclude David Albertini -. Per tanti abitanti della zona che hanno perso il loro animale in questi anni rimarrà il dubbio se sia accaduto a causa di un’esca mangiata dal cane senza che il padrone potesse accorgersene».