ANCONA – Aumenta la qualità dei falsi nell’arte anche se numericamente la falsificazione è ancora contenuta nelle Marche. È quanto emerge dal convegno in programma oggi alla Mole Vanvitelliana, ospitato negli spazi del Museo Omero, e dal titolo “La contraffazione dei Beni Culturali”.
Ad aprire l’incontro, dopo i saluti del presidente del museo Aldo Grassini e dell’assessore alla Cultura Paolo Marasca, il maggiore Carmelo Grasso, comandante del Nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Ancona. «Dai dati in nostro possesso – dice Grasso – emerge che non c’è un frequente ricorso al falso nelle opere d’arte ma vediamo che la qualità sta aumentando quindi anche la difficoltà per percepirla. La falsificazione è contenuta ma va monitorata». Nei dati diffusi e relativi all’ultimo anno di attività del nucleo, nelle Marche sono state 463 le denunce per la tutela del patrimonio artistico e che hanno riguardato per 123 l’ambito architettonico, 143 per l’antiquariato, 16 per i falsi e 179 relative al paesaggio.
Tra i reperti falsi smascherati e portati da esempio all’attività dei carabinieri, rientra la scultura in bronzo attribuita a Picasso e recuperata ad Ascoli nel 2007.
«In alcuni casi – continua Grasso – ha avuto importanza trovare anche il calco dell’opera che sembrava vera ma non lo era». Come il cinghiale di Antonio Ligabue ritrovato a Torino sempre nel 2007.
La contraffazione maggiore riscontrata oggi è per l’arte contemporanea. «Soprattutto quadri – dice Grassi – di autori quali Nino Caffè (pittore e incisore, ndr) e Mario Schifano».
Per i reperti archeologici è stato scoperto anche un laboratorio del falso a Roma che riproduceva vasi e anfore che poi sotterrava per farle trovare all’acquirente. Letto un decalogo per scoprire falsi e contraffazioni e che rimanda sempre a consultare le fondazioni dell’artista che sanno dire se l’opera appartiene o meno al nome che viene fatto passare.
Il convegno è proseguito con gli interventi dell’archeologa Maria Raffaella Ciuccarelli, che sta seguendo il discusso scavo di piazza Colocci a Jesi, e della grafologa Maria Concetta Aquilino, consulente nel manoscritto di Leopardi oggetto di una vicenda giudiziaria attualmente in corso. «Il bordo del tratto frastagliato in una scritta – spiega la grafologa – è tipico di una fotocopia e quindi di un falso». Il convegno ha visto in chiusura l’intervento del direttore della Pinacoteca civica di Ascoli Stefano Papetti che ha fatto un excursus sui falsi e falsari nell’arte italiana tra l’800 e il ‘900.
Hanno partecipato al convegno gli studenti del quinto anno dell’istituto d’arte Mannucci di Jesi.