ANCONA- Una ripartenza a rilento. Tra mascherine, guanti, disinfettanti, sanificazione e ingressi contingentati, gli esercizi commerciali hanno finalmente potuto riprendere il lavoro dopo oltre due mesi di stop a causa dell’emergenza sanitaria. Le cose però non sembrano essere iniziate con il piede giusto, il timore del Coronavirus frena le attività. Siamo andati in centro ad Ancona per sentire le opinioni di ristoratori, baristi, parrucchieri e ambulanti.
«La ripresa è stata lentissima, per adesso non si può nemmeno dire una ripresa perché lavoriamo al 10% rispetto ai normali ritmi e alle statistiche degli anni precedenti. Speriamo che si muova qualcosa, molto dipende dal coraggio delle persone di uscire – afferma Fabrizio Boari, Cremeria Rosa -. Si deve cambiare il messaggio e tranquillizzare la cittadinanza che può andare a prendere un caffè, una pizza, ovviamente con le dovute precauzioni e distanze. Altrimenti noi che cosa stiamo aperti a fare? Mi chiamano clienti per chiedermi se possono venire a prendere un gelato, ciò significa che ancora c’è molta confusione. Per quanto riguarda il ristorante, a pranzo qualcosina facciamo perché c’è gente che lavora in centro. La sera Ancona è una città semi deserta. Probabilmente siamo la categoria più colpita, abbiamo delle normative stringenti ma spero che nelle prossime settimane vengano allentate. Ci sono giornate in cui converrebbe stare chiusi, non c’è clientela… È questo che preoccupa».
«Abbiamo iniziato molto lentamente perché ancora c’è molto timore, c’è molta paura. Questi due mesi e mezzo in casa che nessuno si aspettava hanno influenzato moltissimo il pubblico – commenta Flavio Zoppi, Tazza d’Oro -. Abbiamo sistemato il locale seguendo le linee guida: numero contingentato di clienti, abbiamo messo dei bolli per terra distanziati dal banco dove le persone attendono il proprio turno, in vari punti del locale abbiamo messo gel igienizzante e sanificante. Nessuno può avvicinarsi alla pasticceria, i clienti vengono serviti. Nei tavoli abbiamo messo delle paratie in plexiglass per separare le persone. In questo modo è dura portare avanti il lavoro».
«Abbiamo ripreso ma è dura, è tutto un cambiamento. Il lavoro non è più quello di prima – dichiara Sonia Brunella, parrucchieria Amoa -. Logicamente nel salone ci sono meno persone, la metà di prima, e dobbiamo sanificare le varie postazioni dove si siede la cliente. Già quando chiamano per prendere l’appuntamento spieghiamo alle clienti che devono indossare mascherina e guanti e aspettare che qualcuno le vada ad accogliere all’ingresso. Quando entrano facciamo indossare il camice monouso e mettere la borsa in una busta. Tutte queste operazioni implicano tempo. L’igiene comunque è importantissima: deve rassicurare il cliente e noi che lavoriamo. Per accontentare le richieste facciamo orario 8-20 e con le dipendenti ci siamo divise in squadre in modo che abbiamo 4 ragazze ogni turno. Al lavaggio abbiamo messo dei pannelli in plexiglass che appena possibile metteremo anche tra le sedute. Ho notato che c’è tanta voglia di bellezza. Prima le clienti venivano nel salone, ci abbracciavano, ci davano la mano. Adesso tutto questo non c’è più logicamente. Non si vede più nemmeno il nostro sorriso, ora sono gli occhi a parlare. Comunque, l’importante è aver ripreso poi piano piano si vedrà».
«Ho provato ad aprire, se non iniziamo non sappiamo se le persone cominciano a muoversi- sostiene Claudio Paolozzi, ambulante -. L’attività adesso è a zero proprio, ci sono solo spese. Vediamo quello che il futuro ci riserva, nei prossimi mesi decideremo se continuare o chiudere. Stiamo vivendo nella sopravvivenza. Ci sono poche persone in giro, quelle che ci sono hanno paura, si vede anche dal viso. Sono tristi, non hanno voglia di comprare, sicuramente avranno anche pochi soldi. Ormai la realtà è questa. Sono demoralizzato, come tutti coloro che hanno un’attività».