ANCONA – È capitato a tutti di sentirsi immobili e statici. In preda a un’apatia latente, che ti mangia dentro, che ti fa sentire che ci sei, ma che non vivi. Il cortometraggio Fillide – proiettato il 23 dicembre al teatro ˈIl piccoloˈ di Jesi – tratta proprio di questo. Statue di cera, persone che perdono la propria identità. Semivivi, o quasi morti.
Che poi in fondo è proprio questa la vita, fatta così, di alti e bassa. Perdite e rinascite. Ne abbiamo parlato con i protagonisti di Fillide, Giorgia Fiori e Iacopo Cicconofri. Ascolana lei, di Tolentino lui. Entrambi molto giovani: classe ’92 Fiori (con un passato da cantante col nome di Gladiah), del ’90 Cicconofri.
«Per me – dice Fiori – questo è uno dei primi cortometraggi da protagonista e il primo con la Guasco (casa di produzione cinematografica dorica). È stata un’esperienza davvero particolare. Si parla di staticità, come quella che abbiamo vissuto in epoca covid. È stato interessante capire come un personaggio potesse essere l’unico ad avere il senso della vita rispetto a tutto ciò che trovava morto intorno a sé. Una immedesimazione di pancia. Era una interpretazione immaginaria di una realtà che abbiamo vissuto tutti noi realmente. Una interpretazione che è stata possibile senza l’ispirazione a qualcosa in particolare, ma legata all’emotività del momento» – spiega lei.
Il percorso di Fiori è iniziato a Tolentino, in provincia di Macerata. È qui che ha conosciuto il collega in Fillide, Iacopo Cicconofri, che interpreta Leonardo, l’unico che – con l’ausilio di una macchina da scrivere – riesce ad interloquire con Fillide, giovane scrittrice che vive con la nonna. Ma dicevamo di Fiori: dopo Tolentino, frequenta due scuole di recitazione a Roma, dove tutt’ora vive. Negli anni delle superiori, ha invece frequentato l’istituto d’arte a Fermo.
«Nella mia vita, ho fatto un po’ di tutto: ho lavorato come cameriera e poi, essendomi diplomata in design all’università di Ascoli ho lavorato in vari studi di architettura e perfino da qualche orafo. Però, ho scelto il cinema. Un salto nel vuoto: ho lasciato il posto fisso per una carriera incerta, ma lo rifarei» – chiosa. «Cosa mi manca di più di Ascoli? Le olive ascolane. A Roma, non sono le stesse e sa, io sono una buona forchetta (ride, ndr)».
Cicconofri ha invece studiato in gran parte a Los Angeles. Come maestri, ha avuto nomi illustri della storia del cinema hollywoodiano: «Il mio ultimo insegnante, quello che considero il mio principale, è Aaron Speiser, attuale acting coach di Will Smith». L’altra è «Michelle Danner, che ha lavorato con – tra gli altri – Penelope Cruz e Cameron Diaz».
Cicconofri, attore e insegnante, è di Tolentino, ma al momento vive a Macerata. «Se mi sia mai capitato qualche momento di immobilismo di cui si parla in Fillide? Beh, certo che sì. C’è stato un lungo periodo della mia vita in cui mi sono sentito così e credo sia una fase che arriva per tutti. Una fase in cui sei pietrificato, immobile nel cercare di capire che direzione deve prendere la tua vita».
«Per qualcuno, questa fase è molto breve e quindi le risposte sono facili e poi per la successiva parte della vita vai a rincorre questa risposta. Per altri, invece, è una fase più lunga, per cui qualcuno fa più fatica a capire la propria direzione di felicità. Il periodo del covid è stato immobilismo per tanti. Io ho toccato davvero il fondo per poi ripartire. È molto duro e pesante da affrontare, l’immobilismo. Sei come sommerso dalle sabbie mobili, ma poi quando ne esci ti sviluppi e cresci. Insomma, rinasci».
Ed è proprio questo che è Fillide. L’opera è stata presentata in anteprima alla 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia tra gli eventi di ˈFabrique du cinemaˈ. Le riprese sono state realizzate negli spazi suggestivi della Casa Museo Colocci – Vespucci di Jesi, a Staffolo e al Mercato delle erbe di Ancona, in corso Mazzini. Al progetto, ha lavorato una troupe di circa 20 professionisti marchigiani formatisi all’Accademia di Belle arti e design Poliarte di Ancona.