FABRIANO – L’hanno chiamata “Operazione Alchimista” l’indagine che ha condotto alla scoperta di una maxi truffa da 6 milioni di euro attraverso l’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria. Al termine delle indagini, condotte dai finanzieri della Tenenza di Fabriano, l’Autorità Giudiziaria di Ancona ha emesso 10 avvisi di conclusione indagini nei confronti dell’organizzatore della frode. Al vertice della piramide organizzativa, un fabrianese residente in Svizzera – attualmente detenuto in Svizzera per altri reati – ed alcuni suoi collaboratori, in ordine ai reati di truffa, appropriazione indebita, autoriciclaggio e abusiva attività finanziaria, con l’aggravante della transnazionalità. Le indagini hanno permesso di individuare 170 persone vittime della truffa a partire dall’anno 2015 e residenti nelle province di Ancona, Fermo e Macerata, fra casalinghe, pensionati, dipendenti pubblici, professionisti, che in alcuni casi hanno perso somme fino a 100.000 euro, bruciando così tutti i propri risparmi.
Le indagini
La complessa attività di polizia giudiziaria dei finanzieri della Tenenza di Fabriano è partita dall’approfondimento di varia documentazione valutaria rinvenuta nella disponibilità di un soggetto fabrianese residente in Svizzera, nel corso di un controllo sulla circolazione transfrontaliera di capitali eseguito da uomini delle Fiamme Gialle al confine di Ponte Chiasso. Dai successivi approfondimenti, eseguiti anche con l’esecuzione di mirati accertamenti su ben 375 rapporti bancari detenuti in Italia, Regno Unito, Austria ed Emirati Arabi, è stato accertato che la persona controllata aveva messo in piedi una vera e propria organizzazione, avvalendosi sia di strutture imprenditoriali aventi sede in Italia e in Svizzera sia di un’articolata rete di collaboratori sul territorio nazionale, con la finalità di raccogliere rilevanti somme di denaro presso numerosi risparmiatori, che venivano attratti con la promessa di facili guadagni, versando una somma di “ingresso”. In altre parole lo “schema Ponzi”.
L’ignaro investitore veniva attratto nella rete degli organizzatori della frode millantando degli investimenti in lingotti d’oro o, a seconda delle somme da investire disponibili, in piante di “Paulonia”, vegetale di pregio di origine orientale il cui legno viene utilizzato nell’edilizia e nell’industria del mobile. Addirittura, le persone interessate all’affare venivano invitate ad effettuare delle visite guidate presso un ufficio dell’organizzazione sito in Svizzera, dove venivano ricevute singolarmente previo appuntamento, e alle quali veniva mostrato un caveau con cassette di sicurezza che custodivano un certo quantitativo di lingotti d’oro, così da avvalorare l’affidabilità dell’organizzazione.
Alla vista del metallo prezioso il cliente veniva quindi rassicurato, e indotto di conseguenza ad incrementare ulteriormente l’investimento iniziale richiesto per entrare nel sistema, che nel caso dell’oro era di 10.000 euro e multipli. Per la vendita di lotti di alberi di “Paulonia”, l’investimento proposto era legato sia alla vendita delle piante al termine del ciclo di sviluppo delle stesse, oltre che ad un profitto annuale che veniva riconosciuto con delle fantomatiche “cedole all’investitore”, versando una quota d’ingresso, in questo caso, di 7.500 euro. In realtà, come scoperto dai finanzieri, tali piante non sarebbero mai state messe a dimora, ma fittiziamente vendute solo sulla carta.
La truffa
Una volta versata la quota d’ingresso, per accrescere i guadagni prospettati l’investitore era spinto a invitare nuovi “clienti” nel sistema e per ogni persona portata all’organizzazione riceveva una somma in percentuale, così avvalorando ancor più la bontà dell’affare. In tal modo le persone cadute nella rete hanno coinvolto una crescente schiera di amici e parenti, allettati dai facili guadagni riferiti dalle persone a loro vicine. In realtà l’organizzazione, dopo aver riconosciuto delle commissioni a chi aveva introdotto nuovi investitori nel sistema, raggiunto un certo volume di denaro distoglieva tali importi con l’obiettivo ultimo di truffare i malcapitati. Le indagini hanno permesso di individuare 170 persone vittime della truffa a partire dall’anno 2015 e residenti nelle province di Ancona, Fermo e Macerata. Fra gli individui truffati vi sono casalinghe, pensionati, dipendenti pubblici, professionisti, che in alcuni casi hanno perso somme fino a 100.000 euro, bruciando così tutti i propri risparmi.
Gli approfondimenti effettuati dalle Fiamme Gialle hanno permesso di ricostruire, quindi, un rilevante flusso di operazioni finanziarie per un totale di circa 6 milioni di euro, confluito in investimenti in oro e metalli preziosi, con lo scopo finale di trarre ingiusti profitti impiegandoli per finalità personali degli organizzatori. Al termine delle indagini l’A.G. di Ancona ha emesso 10 avvisi di conclusione indagini nei confronti dell’organizzatore della frode – attualmente detenuto in Svizzera per altri reati – e dei suoi collaboratori, in ordine ai reati di truffa, appropriazione indebita, autoriciclaggio e abusiva attività finanziaria, con l’aggravante della transnazionalità.