ANCONA – A favore dell’area marina protetta del Conero, «senza se e senza ma», come recita lo slogan di Altra Idea di Città e di Ancona Città Aperta, per spiegare le ragioni scientifiche a supporto della sua auspicata esistenza e per raccontare anche qualche retroscena sul mancato referendum cittadino sull’Amp sono intervenuti stamattina Francesco Rubini, candidato sindaco per Altra Idea di Città e Ancona Città Aperta, Emanuela Fanelli, professoressa di biologia ed ecologia marina della Politecnica delle Marche, Roberto Picciafuoco, presidente del comitato promotore del referendum per la realizzazione dell’area marina protetta «costa del Monte Conero», e Alessio Moglie, capolista di Altra Idea di Città.
«Abbiamo indetto questa conferenza per confermare ancora una volta alcune nostre posizioni storiche – ha illustrato Francesco Rubini – a partire dal consenso all’area marina protetta palesato in tutti i contesti da parte delle forze che ci sostengono. Stiamo stati gli unici negli ultimi due anni a portare una mozione formale per chiedere all’amministrazione comunale di aderire alla creazione dell’amp, mozione che è stata bocciata da entrambe le parti, dal centrosinistra come dal centrodestra, e poi siamo stati protagonisti con associazioni e comitati. Ma cercheremo di spiegare anche la nostra impostazione sul turismo, tema importante di cui si discute molto: stiamo cercando di dire alla città che c’è un’alternativa al turismo di massa, c’è un’alternativa al pericolo, con le conseguenze che conosciamo, di trasformare il Conero in un’altra Rimini, che è il turismo sostenibile che mette al centro i beni paesaggistici e ambientali e la storia, la cultura e l’indentità della città. E ci tengo a ricordare che l’amministrazione uscente non solo ha cambiato idea sull’area marina protetta, ha impedito un dialogo costruttivo con il ministero, ma addirittura ha impedito che la città si esprimesse con un referendum»
Ed ecco il parere scientifico di Emanuela Fanelli: «È un’area di particolare pregio, dal punto di vista naturalistico. Perché ci sono delle specie e degli habitat di particolare rilievo che devono essere necessariamente protetti. Ne cito alcuni: sono state censite le pinne nobilis, questi moscioli giganti, la cui stoppa veniva utilizzata nell’antichità per i vestiti dei nobili, da cui il nome, specie in via di estinzione e da proteggere, ma anche foreste di macroalghe, fondamentali per il benessere marino e per il nostro. Perché le alghe forniscono ossigeno, sequestrando carbonio. Come università abbiamo mappato foreste ampissime, ci sono già diversi progetti in corso, già finanziati dalla Comunità europea. L’area marina protetta non è solo un’occasione e un dovere di protezione di un ambiente assolutamente peculiare che dovrebbe essere preservato, ma è anche un’occasione di ricevere finanziamenti. Perché l’area marina protetta al posto, per esempio, di una zona di tutela biologica? Perché la prima è uno strumento di gestione e di conservazione della natura e degli ecosistemi, non solo visti come risorse per l’uomo, non solo conservazione del pesce, ma conservazione di tutto un habitat che poi favorisce anche la risorsa ittica. Tutelare reef come quello del Trave, dove al posto dei coralli ci sono i moscioli insieme agli anemoni e a tantissimi altri animali, ma anche tanti piccoli pesci, è indispensabile perché il reef funge da asilo nido, i pesci sono protetti e poi possono crescere ed essere esportati naturalmente nelle aree adiacenti, dove si potrebbe pescare. Perché l’area marina protetta, secondo i regolamenti della Comunità europea che poi sono stati recepiti dallo Stato italiano, si dota di un suo regolamento che non viene imposto dall’alto: l’area marina protetta è un ente gestore. E nel caso del Conero lo studio di fattibilità fatto dall’Ispra elimina addirittura la zona A che è la zona di riserva integrale, vi sono solo la zona B e C che, pur non garantendo una protezione totale, garantiscono la protezione delle specie. Ci sono chiaramente attività proibite nelle diverse aree, ma la pesca professionale è permessa. Questo sarebbe un grandissimo vantaggio per la piccola pesca, uno dei settori più in difficoltà in ambito nazionale. Tutto questo al di là di quello che poi è lo sviluppo del turismo e dei blue jobs nel campo dell’ambiente marino».
Perché è saltato il referendum lo ha raccontato nel dettaglio Roberto Picciafuoco: «Denunciamo il fatto che dopo aver raccolto il numero di firme necessario per presentare un quesito referendario all’amministrazione comunale nel 2021, dopo una serie di confronti con la commissione istituita in quei mesi, colpevolmente in ritardo, che doveva valutare l’ammissibilità del quesito, queste interlocuzioni ci hanno sostanzialmente portato a capire che non c’era una volontà di arrivare ad ammettere il quesito, ci siamo dibattuti molto a lungo su tecnicismi, ci chiedevano di inserire nel quesito una serie di articoli della legge del 1991 che a nostro avviso non aiutava a capire nulla al cittadino, come dice il regolamento comunale il quesito deve essere chiaro, semplice e intelligibile. Invece questa commissione ha cercato di modificare il nostro quesito, allungandolo, poi modificandolo, poi facendo un passo indietro, alla fine nell’autunno del 2022 abbiamo desistito, stava diventando un quesito fazioso. Negli ultimi mesi abbiamo raccolto oltre 1600 firme su openpetition, è la risposta del nostro territorio che continua a ribadire l’importanza di quest’area marina protetta. Il Conero va protetto in altro modo, ce lo dice non solo la comunità scientifica ma anche quella europea. Sono direttive che dobbiamo recepire».
«Ci hanno imposto di inserire nel quesito referendario tutta una serie di divieti che sarebbero scaturiti dall’istituzione dell’area marina protetta. Un tentativo di inquinare i pozzi, quando quella commissione doveva avere solo compiti tecnici e non politici, un fatto grave» ha aggiunto Francesco Rubini. «Ci sono dati importanti non solo nel nostro Paese a testimonianza del fatto che chi abbia deciso di prediligere un certo tipo di turismo sostenibile anche con l’introduzione di aree marine protette abbia poi raccolto benefici e indotti economici. Un’economia diversa, virtuosa, che mette al centro la persona e l’ambiente, non è, evidentemente, quel tipo di economia che tende a depredare i territori. Per questo diciamo che questo territorio deve scegliere che strada prendere, quella del turismo di massa, tipo quello delle grandi navi da crociera, o decidere per un altro turismo che preservi gli ambienti, gli ecosistemi e costruisca anche filiere economiche virtuose»
«Quale area se non quella di Portonovo e Mezzavalle si presta meglio a sfruttare un tipo di turismo sostenibile – ha concluso Alessio Moglie –. Crediamo che vada contingentato l’accesso ad auto e mezzi privati, potenziando il trasporto pubblico e i parcheggi a monte. Poi un sentiero pedonale che colleghi il parco del Cardeto con la baia del Conero, lungo tutta la costa. Per Mezzavalle il nostro impegno è quello di preservarne il carattere di spiaggia libera evitando ogni privatizzazione possibile. Per Portonovo chiediamo l’arretramento degli stabilimenti evitando tutti i danni e l’annoso problema del ripascimento, oltre che la relativa spesa. Trasformare il molo di Portonovo in una palafitta in modo da permettere lo scambio di materiale al di sotto, su cui c’è già un piano mai realizzato, al pari del progetto del sentiero fino a Portonovo, già avanzato da Legambiente».