ANCONA – «Più risorse per l’università» dal fondo europeo Next Generation. È quanto hanno chiesto i movimenti studenteschi Gulliver – Udu Ancona, Officina Universitaria, Rete degli Studenti Medi che si sono ritrovati in presidio ad Ancona, a piazza Roma, per difendere la condizione della comunità studentesca. La mobilitazione, sotto lo slogan di “Futuro in lockdown”, rientra in una serie di iniziative che si svolgeranno in varie città italiane, a partire da oggi fino al 18 giugno, per accendere i riflettori sull’accesso all’istruzione, sul diritto allo studio e sul rilancio del comparto dell’Istruzione.
«Studentesse e studenti universitari sono stati durante la pandemia forse tra i più dimenticati e abbandonati, insieme a molte altre categorie – dichiara Alessia Polisini, coordinatrice del movimento Gulliver Udu Ancona -. La mancanza di linee guida chiare e di investimenti che permettessero l’adeguamento degli atenei alle misure di contenimento epidemiologico, hanno fatto sì che ogni università si auto-organizzasse, andando ad acuire una situazione da sempre sbilanciata. Unico provvedimento adottato è stato il finanziamento previsto per uniformare su tutto il territorio la no-tax area a 20mila euro di Isee. Finanziamento che non è stato ad ora rinnovato per il prossimo anno accademico. Ciò mette in seria difficoltà tutti quegli studenti e quelle studentesse privi di mezzi che si trovano da un anno all’altro a pagare ingenti tasse per poter proseguire un percorso di studi reso già più complicato dalla situazione pandemica, i cui effetti sono confluiti in un’ancor peggiore crisi economica e sociale».
Gli studenti contestano il fatto che le risorse previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza sono «estremamente esigue» e addirittura inferiori a quelle previste nella bozza iniziale dalla quale sono stati tagliati «500 milioni di euro. Ciò denota una volontà politica ben precisa che come giovani non possiamo accettare» afferma Polisini. Nel Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) «non è neanche previsto uno specifico piano di riforme strutturali inerenti al diritto allo studio e agli alloggi. In quest’ultimo caso, inoltre, si rileva una riduzione degli investimenti di circa 40 milioni, nonostante si esprima la volontà di aumentare il numero di posti letto attuale fino a 100mila entro il 2026».
«Questo è il sintomo di un palese disinteresse verso le tematiche legate al diritto allo studio – continua Francesca Bollettini, coordinatrice di Officina Universitaria – in un momento cruciale come questo non sono state coinvolte ed ascoltate le organizzazioni e gli organi di rappresentanza studentesca; ne consegue la totale assenza di seri investimenti volti a garantire il diritto di studiare a tutte e tutti e il relativo taglio di quasi mezzo miliardo di euro.
Non ci spieghiamo come il governo voglia puntare ad incentivare il percorso e la formazione universitaria e ad aumentare il numero di laureati, quando, a fronte di una situazione che è già critica, cancella persino i già insufficienti investimenti previsti nella bozza precedente, lasciando presagire una forte assenza di garanzie per il futuro di migliaia di studenti e studentesse».
Secondo i movimenti studenteschi il Pnrr avrebbe dovuto portare alla gratuità della formazione universitaria, mentre invece «ancora una volta si è scelto di marginalizzare la questione giovanile, che insieme a Istruzione e Università dovrebbe essere posta in cima alle agende politiche europee, perché queste sono necessarie allo sviluppo del Paese. Eppure – prosegue Polisini – si continua a negare il ruolo sociale dell’università, non si investe sull’accesso libero e sulla qualità dell’istruzione e si continua a chiudere gli occhi davanti ad un mercato del lavoro incapace di assorbire i giovani e le giovani neo-laureati».
Un quadro che per i movimenti denota «un palese disinteresse verso le tematiche legate al diritto allo studio». Tra le criticità poste sul piatto della bilancia dagli studenti, il numero esiguo di borse di studio e sottofinanziamenti al DSU, la necessità di lauree abilitanti, mancati investimenti nell’istruzione universitaria, assenza di tutele per stage e tirocini e carenza di misure di sostegno psicologico.