Ancona-Osimo

Geloso della moglie la fa abortire, condannato per maltrattamenti

Due anni e due mesi ad un 35enne che avrebbe picchiato la sua compagna, anche davanti ai figli, non credendo che l'ultima gravidanza riscontrata appartenesse a lui

Foto d'archivio

ANCONA – L’avrebbe picchiata davanti ai figli, fatta abortire perché credeva che il figlio non fosse suo, attesa in casa nonostante il divieto di avvicinamento e, in una occasione, anche rincorsa in strada rompendo il vetro di un portone e quello dell’auto dei carabinieri dove era stato fermato e caricato. Condannato per maltrattamenti in famiglia un 35enne albanese. Oggi la sentenza al tribunale di Ancona, davanti al giudice Alberto Pallucchini che ha deciso una condanna a due anni e due mesi (due anni e sei mesi le richieste del pm).

Vittima una connazionale che, stando alle accuse, avrebbe subito comportamenti violenti dal 2009 fino al 2012, per la forte gelosia dell’ex marito. Dieci fa giorni l’albanese, che ha un divieto di avvicinamento, si è presentato anche al bar dove lavora la donna e con il cellulare si sarebbe fatto un selfie con la nuova compagna ritraendo nello sfondo la ex moglie al bancone.

La coppia abitava nel capoluogo dorico, lei ora è in una località protetta, e ha tre figli. Dopo i primi episodi la donna ha denunciato il marito ottenendo da prima un allontanamento. Tornando a casa la sera, al Piano, però lo ha trovato in salotto che l’aspettava. Per mettersi in salvo è fuggita correndo lungo la strada e si è rifugiata in una profumeria. Il marito l’avrebbe inseguita, rompendo prima il vetro del portone e poi opponendo resistenza ad una pattuglia dei carabinieri che era intervenuta. I militari lo avevano caricato in auto e lui aveva rotto un vetro della vettura tirandolo ai carabinieri.
In aula l’avvocato della difesa ha cercato di sminuire gli atteggiamenti del 35enne puntando sul fatto che la coppia comunque aveva concepito anche tre figli. Di diverso avviso l’avvocato della donna che ha fatto presente invece come la sua assistita sarebbe stata costretta anche ad interrompere una gravidanza perché il marito non credeva che il figlio fosse suo.