ANCONA – Traffico illecito di rifiuti speciali e corruzione tra Ancona, Macerata, Ascoli Piceno e Rimini: due persone in manette. Sequestrati circa 5 milioni di euro a carico di quattro persone e altrettante aziende. Disposto il sequestro anche di 76 camion, sette mezzi d’opera, tre cave, quattro impianti di gestione rifiuti e due terreni.
Una vera e propria attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti speciali. Ai domiciliari, secondo quanto disposto dal gip del tribunale dorico, sono finiti M.E., 64enne e M.M, 36enne, entrambe residenti in provincia di Ancona. Una persona è stata colpita da obbligo di dimora e due da misura interdittiva del divieto di esercitare l’attività imprenditoriale. Due di loro sono anche accusati di corruzione di pubblici ufficiali e bancarotta fraudolenta. L’operazione, diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Ancona, è stata portata a termine dai carabinieri forestali di Ancona.
Ammonta 4.969.924 milioni di euro la somma sequestrata, attraverso il blocco dei conti correnti bancari e postali di quattro indagati e di quattro società (tre con sede legale nella provincia di Ancona e una a Rimini). Gli indagati sono accusati in concorso nell’esecuzione di traffici illeciti di rifiuti speciali da demolizione, terrosi e organici, anche contaminati da inquinanti, tra cui idrocarburi, catrame, plastiche e metalli, per un totale di 640mila tonnellate.
I rifiuti, provenienti da oltre 50 cantieri tra le province di Ancona e Macerata sono stati occultati in tre cave rispettivamente a Fabriano, Arcevia e Jesi; in un terreno agricolo a Chiaravalle; in tre impianti di gestione di rifiuti a Castelbellino, Corridonia e Camerata Picena e in un cantiere edile sempre a Camerata Picena.
Sono stati sequestrati anche 76 camion e sette mezzi d’opera a carico di due società con sedi legali tra Castelbellino e Ancona, utilizzati per trasportare illegalmente i rifiuti, anche con formulari di trasporto e certificati di analisi falsi, ed eseguire scavi abusivi di materiale inerte. I rifiuti venivano poi tombati in due cave di pietra in fase di rinaturalizzazione a Fabriano e Arcevia.
Il fine dell’organizzazione criminale, messa in campo dai due arrestati in concorso con altri 20 indagati, era quella di ottenere un rilevante ingiusto profitto economico portando avanti il traffico illecito non provvedendo alle spese di recupero e conferimento presso siti autorizzati. Abbattendo tali spese, gli indagati riuscivano ad acquisire appalti presso numerosi cantieri anconetani, evitando la concorrenza delle altre aziende locali.
I rifiuti terrosi, giustificati come terreno vegetale da riutilizzare per la rinaturalizzazione, venivano anche occultati nei siti di cava, sospesi o pignorati, dove, contestualmente agli scarichi dei rifiuti, veniva prelevato abusivamente un ingente quantitativo di materiale inerte destinato poi al commercio nei cantieri edili, così da dissimulare di fatto lo stato di crisi delle società autorizzate alla coltivazione delle cave, riconducibili ad uno dei due indagati.
Il prelievo illegale era reso possibile anche dai mancati controlli da parte delle autorità preposte, grazie al concorso di un funzionario e un dirigente del Comune di Fabriano, di un funzionario della provincia di Ancona e di un funzionario della Regione Umbria, tutti indagati a diverso titolo per corruzione e abuso d’ufficio.
Ad Arcevia i malviventi avevano occultato in pochi mesi 450 tonnellate di rifiuti organici all’interno di una buca andando a rischiare di inquinare le acque di un lago di falda limitrofo. I rifiuti provenivano da un impianto di gestione e produzione compost di Senigallia; il titolare, B.L. 47enne, si accordava con il gestore della cava per lo smaltimento illecito risparmiando sulle spese di recupero. In pochi mesi sono state trasportate lì 3.240 tonnellate di rifiuti terrosi.
I due poi, con la complicità di un 40enne co-amministratore di un impianto di frantumazione di Camerata Picena, concordavano lo smaltimento illecito di non meno di 3.480 tonnellate di rifiuti terrosi, alcuni dei quali contaminati da idrocarburi, provenienti da un cantiere sito nel porto di Ancona, altri, invece, contaminati da catrame, provenienti da non meno di 13 cantieri tra cui il porto e la stazione ferroviaria di Ancona. I rifiuti, che venivano trasportati come se fossero di un impianto di gestione di Castelbellino, in realtà venivano scaricati a Camerata Picena, in un impianto non autorizzato, e ricaricati su dei camion dell’impianto di gestione di Castelbellino. Gli stessi venivano poi smaltiti in una cava di ghiaia a Jesi, con il rischio di inquinamento dell’area agricola.
Lo stesso è avvenuto per 3.710 tonnellate di rifiuti terrosi trasportati con i camion dell’azienda co-amministrata dai due arrestati. I rifiuti partivano da cantieri ferroviari del Maceratese e venivano poi trasferiti a Colbuccaro di Corridonia sempre con mezzi che recavano come sito di destinazione l’impianto di Castelbellino. I rifiuti venivano conferiti presso l’impianto maceratese illegalmente senza tracciabilità.
Altri conferimenti illeciti sono poi avvenuti con il titolare di un’azienda agricola di Chiaravalle dove, in un’area, sono state scaricate 1500 tonnellate di rifiuti terrosi provenienti da cantieri di Montemarciano e aree limitrofe. Nella rete dell’organizzazione anche un’azienda di costruzioni di Belvedere Ostrense che ha scaricato illecitamente altre 480 tonnellate di rifiuti. Tutto avveniva per risparmiare sui trasporti ma ha generato così un serio rischio di contaminazione delle aree agricole.
I militari hanno documentato anche altri viaggi provenienti da cantieri in provincia di Ancona con rifiuti da demolizione privi di analisi, che venivano trasportati con falsi codici cer relativi al cemento; questi ultimi infatti non sono soggetti al certificato di analisi per il trasporto e in questo modo i truffatori risparmiavano sulle spese. Immischiato nell’organizzazione anche un tecnico di un noto laboratorio di analisi di Ancona che, con dei certificati falsi, permetteva il trasporto di rifiuti terrosi facendoli passare per rifiuti da demolizione.
Nei sito di gestione di rifiuti dei due arrestati i carabinieri forestali hanno accertato 290 mila tonnellate di rifiuti terrosi e 328 mila tonnellate di rifiuti da demolizione illeciti. Molti di quelli accumulati illegalmente, peraltro senza subire alcuna operazione di cernita, risultavano di natura ignota, a causa del fatto che molte ditte del settore edilizio li scaricavano senza alcuna analisi e formulario di trasporto, e pagando il corrispettivo per lo smaltimento in nero. I due co-amministratori, proiettati ad introitare il massimo guadagno, accumulavano i rifiuti in quantitativi elevatissimi, anche gettandoli dalla sponda del fiume Esino, oppure sotto la scarpata della superstrada in aree private e demaniali.
I carabinieri hanno accertato almeno 61 conferimenti da parte di piccoli imprenditori che scaricavano senza formulario o certificato di analisi attestante la natura e soprattutto l’assenza di materiali inquinanti o pericolosi come ad esempio l’amianto. Questi materiali di natura ignota venivano poi in parte macinati per ricavare dello stabilizzato da riutilizzare nell’edilizia, con un potenziale pericolo per gli utilizzatori.
Colpito da obbligo di dimora il “faccendiere” della società criminosa, un 54enne, S.R., residente in provincia di Macerata che di fatto corrompeva gli alti indagati; questo si occupava di consegnare denaro a un funzionario della Regione Lombardia e a un funzionario della provincia di Ancona per evitare controlli presso le cave vincolate da sequestri o sospensioni.
n un momento delicato come questo, è nostro dovere mantenere alta l’attenzione anche sul tema dei rifiuti. Basta abbandoni consapevoli, discariche all’aperto e traffici illeciti. I cittadini adottino comportamenti responsabili.»
«Restiamo sconcertati di fronte alla notizia sui rifiuti nascosti nelle cave delle province di Ancona e Macerata. Per preservare la propria salute e quella degli altri è fondamentale, oggi più di ieri, adeguarsi alla normativa sui rifiuti ed effettuare una corretta raccolta differenziata, rispettando la divisione dei materiali nelle varie tipologie ed i giorni di conferimento, in base alle indicazioni del proprio gestore di igiene urbana. La raccolta differenziata, per diventare efficiente, ha bisogno dell’impegno e della serietà di tutta la cittadinanza. Inviamo il nostro plauso, inoltre, ai Carabinieri Forestali e alla Magistratura attualmente impegnati in queste importanti indagini e che ogni giorno si impegnano su un settore strategico per lo sviluppo dell’economia circolare in cui la nostra associazione da tempo lavora. L’importante lavoro delle autorità competenti è fondamentale per tenere lontano gli imprenditori furbi e disonesti dal settore dei rifiuti», spiega in una nota Legambiente Marche.