ANCONA – «… Prego i miei di perdonarmi il dolore che arreco loro. Non mi pento di quello che ho fatto; malgrado tutto quello che ho sofferto, sarei pronto a ricominciare, perciò non mi compiango. Penso a tutti, vi abbraccio». Poco prima di morire Andrea Lorenzetti, l’antifascista anconetano a cui quest’anno è stata dedicata una pietra d’inciampo in occasione della Giornata della Memoria, dettò al compagno di prigionia questo testamento spirituale che venne consegnato ai famigliari.
Venerdì, davanti all’abitazione in piazza Cavour dove abitò Andrea Lorenzetti, è stata posizionata la pietra d’inciampo (Stolpersteine), opera dell’artista tedesco Gunter Demnig che ne ha collocate oltre settantamila nel mondo in circa 26 anni di attività. Presenti le autorità cittadine, il presidente del Consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo, Guido Lorenzetti, figlio di Andrea Lorenzetti, rappresentanti dell’Anpi Marche, della Comunità ebraica di Ancona e studenti degli istituti scolastici Volterra-Elia, Savoia-Benincasa e Rinaldini.
«Sono emozionato e felice per la pietra d’inciampo posizionata davanti alla casa di piazza Cavour dove mio padre e i mie nonni hanno abitato – dichiara Guido Lorenzetti, residente a Milano – ringrazio la città di Ancona che celebra la Giornata della memoria e ricorda i suoi figli. Mio padre era anconetano e ho scoperto che esiste una tomba di famiglia dei Lorenzetti nel cimitero d Tavernelle. Sono contento che la città si ricordi di lui e di coloro che hanno pagato con la loro vita il prezzo della libertà».
Andrea Lorenzetti nacque ad Ancona nel 1907 e fu un agente di cambio, un politico e partigiano italiano. Proveniva da una famiglia modesta (padre agente di commercio, madre casalinga). A sedici anni si diplomò ragioniere e cominciò a lavorare in banca ad Ancona. Dopo qualche anno si trasferì a Milano al “Crédit Commercial de France”, finché nel 1934 entrò nello studio del banchiere Antonio Foglia, occupandosi di Borsa. Nel 1937 fu promosso procuratore di Borsa, ma all’inizio sembrava che la posizione comportasse l’iscrizione al partito fascista: in questo caso Andrea sarebbe stato pronto a rifiutarla. Le prime notizie della sua attività politica clandestina risalgono all’autunno ’42, quando partecipò alle riunioni preparatorie per rifondare il PSI. Subito dopo l’armistizio partecipò ad una riunione presso lo studio di Antonio Foglia con i rappresentanti del costituendo CLN con l’obiettivo di prevenire l’occupazione tedesca di Milano.
Alla fine del 1943 sostituì Domenico Viotto, rappresentante del PSIUP presso il CLN di Milano, che fu costretto ad abbandonare l’Italia. All’inizio del 1944 entrò nella segreteria del partito per l’Alta Italia insieme a Cirenei, Pieraccini e Valcarenghi. Si occupò in modo particolare della redazione e diffusione dell’Avanti! clandestino, di cui uscirono, quasi ogni settimana, 28 numeri nel periodo settembre ’43-maggio ’44. Fu anche uno degli organizzatori degli scioperi dell’1 marzo 1944, insieme ai compagni del PCI. La dura repressione seguita agli scioperi e probabilmente anche qualche spiata provocarono la cattura di quasi tutto il gruppo dirigente del PSIUP milanese clandestino da parte della polizia politica fascista e della Gestapo. Arrestato il 10 marzo 1944, Lorenzetti restò in isolamento a S. Vittore fino al 27 aprile, poi venne trasferito a Fossoli fino ai primi di agosto. In seguito iniziò il viaggio verso la Germania, con una sosta di qualche giorno a Bolzano, e il viaggio si concluse in uno dei peggiori sottocampi di Mauthausen, il Gusen III. Andrea riuscì a resistere fino alla liberazione del campo, il 5 maggio 1945, ma morì in ospedale a Gusen il 15 maggio. Prossimo alla fine, dettò al compagno di prigionia e collega operatore di borsa Aldo Ravelli (1912-1995), il suo testamento spirituale, che poi Ravelli consegnò ai famigliari.
Il figlio Guido ha realizzato un volume di memorie dal titolo “Andrea Lorenzetti: prigioniero dei nazisti, libero sempre. Lettere da San Vittore e da Fossoli. Marzo – luglio 1944“. Il libro è stato presentato il 16 febbraio 2018 proprio ad Ancona, presso la sala Ricci del Consiglio regionale delle Marche. «Anche grazie alla storia personale di mio padre – spiega Guido Lorenzetti – da molti anni sono vicepresidente dell’Aned, associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti. Il mio compito è mantenere viva la memoria e tutelare i valori dell’antifascismo. Per questo l’associazione lavora molto nelle scuole per far conoscere la storia della deportazione soprattutto ai giovani, ai quali è affidata la difesa della libertà e della democrazia. È importante raccontare ai giovani cosa è successo ed esortarli a studiare e a ricordare. Loro vivono in libertà perché qualcuno è morto per la libertà».
Guido sottolinea che, «in particolare oggi, con l’attuale governo, mantenere viva la memoria è importante». Per Lorenzetti i migranti, «in questo momento di crisi rappresentano il nuovo capro espiatorio. Ai tempi della seconda guerra mondiale gli ebrei erano il capro espiatorio per i nazisti e i fascisti, oggi sono i migranti che vengono trattati in alcuni casi come i deportati nei lager. I lager della Libia non sono molto diversi da quelli dei nazisti. Mentre un tempo qualcuno poteva dire “non immaginavamo che potessero succedere queste cose”, oggi la televisione e le testimonianze ci dicono che i migranti muoiono e che ci sono i lager in Libia dove subiscono stupri e torture. Oggi non abbiamo più scuse, sappiamo e dobbiamo reagire».