Ancona-Osimo

Giornata nazionale donazione e trapianto, Pampanoni: «Non festeggio più il compleanno, ma il giorno del mio trapianto. Sono rinato»

Libero professionista, 56 anni di Assisi, è stato trapiantato di fegato all'ospedale regionale di Torrette dall'equipe del professor Marco Vivarelli, 5 anni fa. Ci ha raccontato la sua storia

Francesco Pampanoni, trapiantato di fegato a Torrette nel 2017

ANCONA – «Il trapianto è riavere la vita una seconda volta: il mio compleanno anagrafico non lo festeggio più, festeggio il 25 aprile, il giorno del mio trapianto». Francesco Pampanoni, 56 anni di Assisi, sposato con due figli, è stato trapiantato all’ospedale regionale di Torrette 5 anni, quando ha ricevuto «il dono», come spiega lui stesso, un fegato che gli ha restituito la vita e una esistenza «normale» che non aveva più da anni.

Libero professionista, Pampanoni, nel 2010 aveva scoperto di essere affetto da una rara patologia al fegato, la malattia di Caroli, che gli aveva cambiato la vita, costringendolo a frequenti «ricoveri» e provocandogli «gravi disturbi fisici. Malattia – spiega – che non aveva altra soluzione se non un trapianto d’organo».

Era il 24 aprile del 2017, data in cui ricorre la giornata nazionale della donazione e del trapianto, «ero in casa che stavo lavorando quando ho ricevuto la telefonata che mi avvisava che c’era un fegato – ricorda con commozione – : per me è stata una grande emozione, in quel momento ho intravisto finalmente la soluzione. Non mi aspettavo la chiamata, mi ero rassegnato». Pampanoni è rimasto in lista per il trapianto per 2 anni e 4 mesi, «un periodo più lungo della media», che si aggira attorno ad un anno e mezzo.

Fatte le valigie, parte con la moglie alla volta di Ancona, dove viene ricoverato a Torrette e trascorre la notte in ospedale. «La mattina del 25 aprile due infermiere sono venute a prendermi per il trapianto – racconta – , mi sono risvegliato due giorni dopo. La dimissione è stata complicata, c’è voluto tempo per ristabilire i corretti parametri, ma ad Ancona hanno fatto un lavoro eccellente, mi hanno seguito benissimo». Ad eseguire il trapianto di fegato fu l’equipe del professor Marco Vivarelli.

«Oggi, grazie al trapianto, faccio una vita anche meglio di prima» spiega, ricordando che i primi anni dopo la scoperta della malattia «sono stati molto brutti, avendo anche due bambini piccoli, uno che all’epoca aveva sette anni e l’altro nove. Il primo anno e mezzo ero disperato, poi ho continuato a peggiorare e pensavo che per me fosse finita», poi però è arrivato “il dono”.

«Mi sento un altra persona, rinato e ho un approccio diverso con la vita: quando si rischia la vita gli altri problemi diventano marginali Avere avuto una opportunità del genere suscita un grande sentimento di gratitudine nei confronti della famiglia che ha detto si alla donazione-. La donazione è fondamentale, un solo donatore può salvare fino a sette vite, è un atto di civiltà, di solidarietà, di generosità eroica, perché nel più grande dolore si dona permettendo ad altre persone di riacquistare la vita».

«La mia storia è molto più comune di quanto noi non pensiamo – aggiunge -, ci sono tantissime persone che in questo momento sono in attesa di un trapianto d’organo e salvare la vita di queste persone è possibile solo diventando donatore di organi tessuti e cellule. Si diventa donatori facendo la scelta della donazione al momento del rinnovo della carta d’identità, oppure iscrivendosi ad una delle associazioni che si occupano di donazione».

Pampanoni è molto attivo nella promozione della donazione di organi, tessuti e cellule, tanto che è segretario del Forum nazionale dell’associazione trapiantati. «Per me è un modo per ricambiare il dono che mi è stato fatto» conclude.