FALCONARA- È una discriminazione latente, con radici culturali profonde, quella nei confronti delle donne che praticano sport a livello professionistico. Perché in realtà, donne professioniste nello sport in Italia non ce ne sono.
Possono allenarsi tutti i giorni, impegnarsi come i colleghi maschi ma sono considerati professionisti sportivi solo i calciatori fino alla Lega Pro, i giocatori di Basket di A1, il ciclismo su strada e la boxe. E allora o vieni assunta da un corpo militare oppure combatti nel campo e fuori per vedere riconosciuti i tuoi diritti. È quello che fa Giulia Domenichetti, atleta falconarese che ha iniziato con il calcio A5 a 14 anni nell’Acf Ancosped Ancona.
Giulia, della discriminazione di genere nello sport se ne parla poco. Raccontaci come stanno le cose. «Ci sono sportive a tutti i livelli che si impegnano come professionisti ottenendo però una retribuzione che non è minimamente paragonabile. Molte atlete fanno altri lavori, per motivi economici, non hanno diritto alla malattia o alla maternità, battaglia su cui si sta dando da fare l’associazione Assist. Le donne sono discriminate in tutti gli sport, nel calcio questa distinzione è enorme: già in Italia si parla principalmente di calcio e ovviamente solo maschile, quindi tutti gli altri sport sono discriminati figuriamoci le donne che praticano altre discipline».
Tu hai vissuto episodi di discriminazione?
«L’ho vissuto sul campo: per anni le donne che giocano a calcio sono state trattate come scimmiette, dal punto di vista culturale siamo indietro anni luce rispetto all’Europa. Basti pensare che squadre come la Juve o la Fiorentina hanno formazioni femminili perché costrette dalla Figc, probabilmente redarguita dalla Uefa che aveva stanziato fondi in questa direzione. In Europa questo avviene spontaneamente da anni: in Italia vedremo i frutti, certo, prima o poi».
Una battaglia difficile quella della parità di genere, anche nel mondo dello sport…
«Certo, perché il problema è culturale e non riguarda solo lo sport ma tutti gli ambiti della società. Io mi arrabbio quando vedo le donne trattate come “veline” che accompagnano gli sportivi in campo: è umiliante per me che ho passato 15 anni di vita sportiva per ottenere credibilità, non dobbiamo essere noi le prime a farci trattare così. La Torres Sassari è stata per me una parentesi positiva in questo senso: è una realtà fortunata, una squadra forte che rappresenta una regione intera».
Da dove può partire il cambiamento?
«Dai vertici sportivi. Ormai gli episodi discriminanti non li si nota più, e questo è gravissimo: non basta dire “fatti una risata”, le cose vengono prese con troppa leggerezza. Se i vertici prendono poco seriamente le sportive di un certo livello, figuriamoci cosa succede per la giovane atleta agli inizi».
Idee chiare e grinta, come continuerai questa battaglia?
«Voglio dare il mio contributo per questa causa dedicandomi alle ragazze, alle sportive, continuerò a lavorare con loro».
Giulia Domenichetti ha vinto tre campionati con la Torres Sassari, quattro campionati e quattro supercoppe italiane sempre con la formazione arda. Due le Italy Women’s Cup vinte nel 2004 e nel 2008, cinque le partecipazioni alla Uefa Women’s Champions League, fino ai quarti di finale, una partecipazione alla Uefa Women’s Euro U19 nel 2003, e tre partecipazioni alla Uefa Women’s Euro Nazionale A. Fin dalla sua prima stagione nel mondo del pallone a rimbalzo controllato diviene punto fisso della Nazionale con quattro presenze e due gol. Ora Giulia gioca con il Montesilvano.