ANCONA – Stop al Green pass e al Super Green pass dal 1° maggio per l’accesso ai luoghi al chiuso. È una delle ipotesi al vaglio del Governo nella roadmap degli allentamenti alle misure restrittive imposte per il Covid, per traghettare il Paese verso la normalità.
La certificazione verde potrebbe dire addio da quella data a ristoranti, bar, cinema e alle altre attività al chiuso per cui è attualmente previsto. Intanto dal 1° aprile l’ipotesi è quella di consentire l’accesso ai mezzi di trasporto pubblici solo con il Green pass base (che si ottiene con il tampone) e non più solo a chi ha il Super Green pass (che si ottiene con vaccino e guarigione), mentre la certificazione verde base verrebbe eliminata dai luoghi all’aperto.
Insomma un cambio di rotta, per riportare gradualmente la situazione del paese verso la normalità, dopo due anni di pandemia, anche se negli ultimi giorni il virus sta facendo registrare un lieve rialzo dei contagi non solo in Italia, ma anche negli altri paesi.
Il Green pass, fin dalla sua introduzione, insieme all’obbligo vaccinale, aveva destato le proteste di alcuni movimenti politici e anche del sindacato Laisa, Lavoratori autonomi della sanità, che vi hanno sempre visto uno strumento «incostituzionale», tanto da schierarsi dalla parte dei sanitari e dei cittadini contrari a questo obbligo.
«In questi ultimi due anni mi sono abituato a non essere ottimista – afferma Enzo Palladino, presidente nazionale del sindacato Laisa, ex infermiere agli Ospedali Riuniti, sospeso perché non vaccinato contro il Covid -. Il Green pass non ha rappresentato mai un valido strumento per contrastare la diffusione del virus per cui è stato creato. Anzi, il tempo ha dimostrato che, ciò che sarebbe dovuto essere la garanzia per circolare tra persone vaccinate e non contagiose, ha messo in evidenza che il contagio può presentarsi anche tra vaccinati. Questo mi fa dubitare fortemente che il fine di chi lo ha voluto sia solo ed esclusivamente dovuto alla diffusione della malattia. Malattia, tra le altre, a vedere i dati della mortalità e confrontando i nostri con quelli degli altri Paesi, non solo europei, pare, che abbia scelto di accanirsi contro l’Italia proprio laddove soso state esasperate le restrizioni più che altrove. Credo- conclude – che, in un modo o in un altro, ahimè, ne sentiremo parlare ancora per molto».
Intanto dal 31 marzo pare ormai certo che lo stato d’emergenza non sarà prorogato ulteriormente. Uno stop accolto con favore dal senatore del Movimento 5 Stelle Mauro Coltorti. «Lo “stato di emergenza” – osserva – è emanato per superare condizioni di estrema gravità. Credo che le condizioni che stiamo vivendo ora sono molto cambiate rispetto all’acme della pandemia. La curva dei contagi è mediamente in discesa ovunque e piccoli rialzi non cambiano il trend generale. Nel nostro Paese, al di sopra dei 12 anni, è vaccinata oltre il 92% della popolazione e molti sono coloro che hanno già avuto il covid e dunque possono beneficiare di una immunità che è ben maggiore della protezione del vaccino. Inoltre alla emergenza sanitaria stiamo assistendo ad una crisi socio-economica senza pari. Le attività chiuse durante la pandemia, se resteranno chiuse ancora, rischiano di non poter riaprire».
Secondo il senatore «le chiusure ed i divieti a cui è andata incontro la popolazione hanno inoltre creato squilibri psicologici e di socializzazione di cui rischiamo di vedere le conseguenze per i prossimi anni. Stiamo inoltre andando verso la buona stagione quando, anche nei momenti peggiori, i contagi si azzeravano ed inoltre la variante Omicron, che è predominante oggi, pur avendo una rapidità di contagio elevata, genera complicanze non così devastanti come la delta. In tutta Europa le limitazioni sono state quasi ovunque cancellate e credo che si possa chiudere, spero per sempre, questo capitolo nero della storia del Paese. Spero anche che alla crisi pandemica non faccia seguito una crisi socio-economica ancor più grave come conseguenza del conflitto in corso in Ucraina».