ANCONA – Sei marchigiani su dieci non leggono neanche un libro all’anno, se non per motivi scolastici o professionali. Inoltre una famiglia su dieci non ha alcun libro in casa. Il piacere della lettura, secondo Cna Comunicazione Marche che ha elaborato i dati Istat, riguarda solo il 41,8 per cento dei marchigiani. Di questi, il 48,6 per cento è formato da lettori “deboli”, che non leggono più di tre libri all’anno. Il 42,2 per cento sono lettori moderati (da 3 a 12 libri ogni dodici mesi) e solo il 9,2 per cento va nelle librerie e si legge più di dodici libri all’anno, contro una media nazionale del 13,4 per cento di “grandi” lettori.
«È curioso il fatto – afferma Sergio Giacchi, responsabile Cna Comunicazione Marche – che tra le persone che dichiarano di avere una biblioteca con più di 400 titoli, una su cinque non ne ha letto nemmeno uno. Insomma i tomi rimangono a far bella mostra di sé sugli scaffali». Minori opportunità culturali per chi non legge. «Solo il 14 per cento dei non lettori – spiega Giacchi – ha visitato negli ultimi dodici mesi musei o mostre, contro il 48,9 per cento dei lettori. Stesso discorso per gli spettacoli teatrali, a cui ha assistito più del 30 per cento dei lettori, contro il 10 per cento dei non lettori».
«Si legge poco – osserva Catia Ventura, titolare della casa editrice di Senigallia Venturaedizioni – nonostante il mondo scolastico e le biblioteche abbiano iniziato a mettere in campo politiche di educazione alla lettura. Servirebbero, incentivi pubblici all’acquisto di libri, come detrazioni fiscali e bonus libri e incentivi finalizzati a facilitare l’accesso al credito a piccoli e medi editori. Utile anche il sostegno pubblico alla partecipazione a fiere o festival nazionali e internazionali. Nella nostra regione siamo quasi tutti piccoli o medi editori, dobbiamo puntare sulla qualità e su piccole tirature, cercando di valorizzare il rapporto tra libro e lettore e tra librai ed editori. È nata da poco un’associazione di editori marchigiani, E’diMaca, alla quale hanno aderito circa venti case editrici e che ragiona su comuni strategie possibili per superare le tante difficoltà, soprattutto nel settore della distribuzione».
Se i marchigiani leggono pochi libri, ne acquistano ancora meno. E librerie, edicole e cartolerie non se la passano bene. In cinque anni sono scese nelle Marche dalle 928 nel 2014 alle 746 dell’anno in corso (-182). In particolare le librerie in cinque anni sono passate da 142 a 121 (-21) e le edicole, complice la crisi dei giornali, sono passate da 462 a 369 (-93). La crisi del libro trascina con sé quello delle case editrici. Tra marzo 2014 e marzo 2019 le case editrici marchigiane sono scese da 89 a 69 con un calo del 22,5 per cento, che pone le Marche al primo posto in Italia per calo degli editori. Seguono la Liguria (-15,2) e la Sardegna (-14,6). In Italia le case editrici sono passate da 4.179 a 3.980 (-4,8 per cento). A lavorare nelle 69 case editrici marchigiane ci sono 178 addetti rispetto ai 214 di cinque anni fa, con una media di 6 addetti per impresa. Dalle case editrici marchigiane escono ogni anno, circa 600 opere, con una tiratura media di oltre 8 mila.
Alcuni mesi fa anche il presidente del Comitato regionale per le comunicazioni, Cesare Carnaroli, aveva detto che «serve una politica a sostegno dell’editoria perché è dai libri che si diffonde la conoscenza e con essa l’educazione e la crescita della cittadinanza, presupposti fondamentali per lo sviluppo della società». «Abbiamo bisogno di libri – aveva detto Carnaroli – le nuove tecnologie, i social media, i nuovi mezzi di comunicazione si stanno imponendo e sono utilissimi ma da soli non bastano. Libri e mondo digitale non possono sfidarsi, devono piuttosto confrontarsi e aiutarsi». Per Carnaroli sono necessarie «politiche mirate, con programmi e interventi volti a favorire e diffondere il valore sociale della lettura a partire dalla giovane età, fino ad arrivare alla popolazione più anziana. E il pensiero non può che andare agli abitanti delle zone terremotate, dove in alcuni Comuni non arrivano più neanche i giornali e i periodici, ad esempio a Castelsantangelo sul Nera. Mi auguro che si possa risolvere presto questa difficile situazione. Da parte del Corecom in linea con le sue prerogative, riaffermo l’impegno a collaborare con le istituzioni per difendere il settore dell’editoria, così importante per la società».
«Credo che l’editoria e i libri – dichiara Valentina Conti, titolare della casa editrice Affinità Elettive – siano strumenti di democrazia. A livello nazionale le leggi a sostegno dell’editoria di solito sono rivolte ai giornali e alle televisioni e quasi mai all’editoria dei libri, invece proprio nelle Marche c’è una tradizione dell’editoria molto lunga, con esempi eccellenti. Tra Ancona e Macerata ci sono state esperienze editoriali di importanza nazionale, per di più non credo che esista in una regione così piccola come le Marche una concentrazione così alta di editori di cultura e ricerca. Un conto infatti è l’editoria industriale, dei grandi marchi che fa intrattenimento, un’altra cosa è l’editoria di cultura e ricerca, che si chiama editoria indipendente. Nelle Marche c’è una grande concentrazione di editori indipendenti e, quindi, credo che la nostra regione si potrebbe distinguere, grazie al sostegno di progetti culturali. Ad esempio di un progetto editoriale, nello specifico un libro, ma anche sostenendo un giovane ricercatore o uno storico che escono da un’università marchigiana, per aiutarli a pubblicare dei testi. Si creerebbe così un circolo virtuoso di intellettuali che distinguerebbe le Marche. Credo sia necessario capire l’importanza del libro e fare libri di qualità. Il contributo pubblico deve sostenere la qualità, il libro di ricerca e il progetto. Bisogna guardare le leggi del nord Europa e della Francia che sull’editoria hanno investito molto».
«La situazione è peggiorata – dichiara Giorgio Mangani della casa editrice Il Lavoro Editoriale – per via della concorrenza del digitale e per la crisi dell’editoria. I tentativi fatti dalla Regione negli anni passati hanno creato dei topolini. Ad esempio una quindicina di anni fa è stata fatta una legge di finanziamento dell’editoria, ma gli importi non sono alti: in pratica la Regione acquista dei libri che vengono distribuiti nelle biblioteche pubbliche delle Marche, ma non basta. Una volta, poi, esistevano anche le fondazioni bancarie che acquistavano qualche libro alla fine dell’anno, per Natale, ma ora non ci sono più. Purtroppo è venuto meno il meccanismo linfatico della produzione, sono rimaste tre o quattro librerie attive nelle Marche con persone prossime alla pensione e alle catene non gliene importa nulla dei libri locali. Si potrebbero quindi favorire iniziative, come una mostra mercato del libro marchigiano, ma sarebbero comunque operazioni che non riuscirebbero a mettere in controtendenza la crisi dell’editoria».