Dopo la politica e Federcaccia (leggi l’articolo) anche gli animalisti scendono in campo. A due giorni dall’incidente di Osimo in cui un bambino di 10 anni è stato preso di striscio al volto da un piombino sparato da un cacciatore, l’associazione Animalisti Italiani Onlus chiede al governo di «dare una risposta forte a tutela dell’icolumità dei cittadini». A parlare è il presidente dell’ente Walter Caporale. «Siamo convinti – spiega – che il parlamento debba inserire all’interno del Decreto Sicurezza, in discussione al Senato il prossimo 5 novembre, delle misure restrittive sulla caccia, nell’attesa che si arrivi all’abolizione della stessa».
Che prosegue. «Non si può lasciare un’arma in mano a chiunque, chiediamo che vengano introdotte delle visite di idoneità obbligatorie ogni sei mesi per coloro che hanno compiuto 65 anni e che al raggiungimento dei 70 anni venga revocata la licenza per l’attività venatoria. È inaccettabile che la licenza di porto armi per uso di caccia possa essere rinnovata ogni cinque anni, il rinnovo deve essere portato a un anno previo controlli psicofisici. «Ogni domenica – prosegue – è un bollettino di guerra. Bisogna assolutamente che la classe politica ascolti l’appello di tutti gli animalisti per sospendere nel fine settimana uno ‘sport’ che toglie la vita a delle povere creature indifese. I cittadini devono sentirsi liberi di farsi una passeggiata nel bosco o di stare nel giardino di casa senza dover rischiare la vita per colpa di chi è autorizzato dallo stato ad uccidere».
Il vice presidente di Animalisti Italiani onlus, Riccardo Manca, nella stessa nota ha ricordato le vittime della caccia. «Negli ultimi sei anni, in tutta Italia si sono registrati 145 morti e 504 feriti (di cui circa il 20% non cacciatori) a causa di ‘incidenti’ nel corso delle varie battute. Nella stagione venatoria 2017/2018 i morti sono stati ben 30, mentre i feriti 84. E questo sarebbe uno sport? O peggio ancora un hobby? La caccia è solamente un massacro legalizzato, di vite umane e non umane, che continua ad essere autorizzato unicamente in ragione di sporchi interessi economici». Conclude Manca. «L’indifferenza di fronte a questo autentico sterminio non è degna di uno stato che vuole tutelare il benessere della popolazione. Le istituzioni non possono continuare a restare sorde di fronte alla sempre più crescente sensibilità degli italiani nei confronti della vita degli animali. Un sentimento che, se assecondato consentirebbe, come appare evidente, di tutelare anche l’incolumità della vita umana».