ANCONA – Esplode la polemica tra sindacati. L’annunciato sciopero nazionale del 28 gennaio, indetto dal Nursind per accendere i riflettori sulla situazione degli infermieri, ha suscitato la reazione con presa di posizione da parte di Fp Cisl regionale. E ora è botta e risposta fra i due sindacati di categoria. Ma andiamo in ordine.
Il Nursind, sindacato delle professioni infermieristiche, nei giorni scorsi, per voce del segretario regionale Donato Mansueto, aveva annunciato lo sciopero con sit-in in Piazza Cavour ad Ancona per protestare contro i turni di lavoro a cui sono costretti, a due anni dalla pandemia, i lavoratori del comparto sanità, per chiedere che gli stipendi siano equiparati a quelli degli altri paesi europei e per stringere sui tempi del nuovo contratto collettivo nazionale.
Il segretario regionale Fp Cisl Luca Talevi però, dal canto suo, aveva definito l’iniziativa del Nursind come «strumentale» e sottolineato che il sindacalismo autonomo, cone Nursind, non essendo firmatario del contratto collettivo nazionale di lavoro, «non presente ad alcun tavolo, potrà anche scioperare per motivazioni reali senza però portare mai alcuna risposta concreta alle tante problematiche del personale sanitario marchigiano». Ed inoltre aveva invocato la necessità di un «confronto intorno a tavoli nazionali» per il rinnovo del contratto nazionale 2019/2021 e sul tavolo regionale «per stabilizzare i precari e far scorrere la graduatoria di infermieri ed Oss, oltre a dare riconoscimenti Covid ai professionisti della sanità marchigiana».
Il Nursind però ribatte, e il segretario regionale Donato Mansueto replica che il sindacato delle professioni infermieristiche «è rappresentativo, ma non firmatario di contratto, perché l’ultimo rinnovo contrattuale, a firma anche della Cisl è stato il contratto collettivo nazionale più brutto della storia del sindacalismo italiano ed è stato il più penalizzante per la categoria infermieristica, sia dal punto di vista normativo che economico-contrattuale».
«Mai accaduto nella storia del sindacalismo italiano – aggiunge -, che i sindacati firmassero un rinnovo contrattuale mentre due sigle sindacali, Nursind e Nursing up, scioperavano a Roma (maggio 2018), sotto una pioggia battente perché i sindacati rappresentativi, con a capo la Cisl volevano rinnovare un contratto collettino nazionale di lavoro indegno, offensivo, degradante e punitivo per la categoria infermieristica».
Il segretario regionale del Nursind precisa poi che «da giorni» il sindacato «è impegnato al tavolo di contrattazione nazionale Aran per cercare di recuperare ai danni fatti alla categoria infermieristica dai firmatari dell’ultimo rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro, rinnovo ricco di trappole e tranelli. Verissimo – aggiunge – che il Nursind non siede ai tavoli di trattativa regionali, ma è presente in tutte le aziende d’Italia con la propria rappresentanza Rsu aziendale, quindi sempre attenta a scoprire i tranelli e le mortificazione messe in atto dalla Cisl sia a livello regionale che poi di riflesso sugli accordi applicati alle Aziende Sanitarie Marchigiane».
«Nursind ha rifiutato le poltrone del potere per non tradire la categoria infermieristica» fa sapere «per non ingannare gli Infermieri e le Ostetriche con la firma di un rinnovo contrattuale 2016/18 ricco di insidie, tranelli e degradante per la professione infermieristica. Inoltre, la non presenza ai tavoli di contrattazione regionale del Nursind ha comportato anche nelle Marche un disastro a livello della sanità».
«Se per Talevi lo sciopero del Nursind è strumentale, per gli infermieri che sono sul campo da battaglia, da due anni, la decisione era inevitabile», spiega, aggiungendo che «il sistema sanitario regionale è al collasso e notevolmente peggiorato negli ultimi due anni, a causa della emergenza Covid19 e con la sopraggiunta quarta ondata pandemica in atto, dove, ancora una volta gli Infermieri si vedono costretti a saltare i riposi, bloccare le ferie ed essere spostati come oggetti di scambio tra reparti Covid, e non». Inoltre evidenzia che «nonostante la terza dose vaccinale il contagio è altissimo tra gli operatori sanitari, infermieri ed ostetriche abbandonati dalle istituzioni e dalla politica e da sindacati compiacenti».