ANCONA – «L’influenza stagionale quest’anno arriverà in ritardo». A dirlo è l’infettivologo Andrea Giacometti e la conferma arriva anche «dalla rete nazionale InfluNet» che rileva come «nella 47esima settimana del 2020, il livello di incidenza delle sindromi simil-influenzali è sotto la soglia basale» e che «l’incidenza totale è pari a circa il 2,58 casi per mille assistiti», mentre nella stagione precedente era del 4,43.
Nell’ultimo bollettino virologico relativo alla settimana fino al 22 novembre si legge che «globalmente la circolazione dei virus influenzali nell’emisfero nord si mantiene a livelli molto bassi, rispetto alla media stagionale. Nelle zone temperate dell’emisfero Nord, la circolazione dei virus influenzali rimane al di sotto dei livelli inter-stagionali, con poche sporadiche identificazioni di virus di tipo A e B in alcuni Paesi. Un certo numero di identificazioni virali viene riportato solo in alcuni Paesi dell’Africa occidentale, mentre nelle zone temperate dell’emisfero sud la circolazione virale è tornata a livelli inter-stagionali». Il virus sta tardando anche negli altri paesi europei e negli Stati Uniti.
Un ritardo sulla tabella di marcia del virus influenzale stagionale, che secondo l’infettivologo è imputabile con tutta probabilità «alle norme di sicurezza che stiamo adottando per contrastare la pandemia da covid-19». Il primario della Clinica di Malattie Infettive dell’ospedale di Torrette di Ancona rimarca infatti che «il coronavirus e i virus influenzali si trasmettono con le stesse modalità: droplet, ossia goccioline di saliva emesse con starnuti, tosse o semplicemente parlando, e per contatto con superfici contaminate da secrezioni infette, come ad esempio quando le mani toccano una maniglia sporca e poi con le stesse mani tocchiamo bocca, naso o occhi».
Insomma mascherine, corretta disinfezione delle mani e distanziamento sociale, «stanno contrastando la diffusione dei virus influenzali. Questo vale anche per i comuni virus del raffreddore che, peraltro, in alcuni casi sono altri di coronavirus simili a quello della covid e di diversi agenti virali o batterici che in inverno solitamente danno luogo ad infezioni delle alte vie respiratorie. Stando così le cose, penso che un picco influenzale, se di picco si potrà parlare, non lo avremo a gennaio come nei passati anni, ma addirittura in primavera».