ANCONA – Dolci tipici e prelibatezze salate per la fine del digiuno del Ramadan. Hanno festeggiato così, insieme ai loro concittadini anconetani, gli appartenenti alla Comunità islamica di Ancona e delle Marche.
Ieri (sabato 14 maggio) lo stand di piazza Roma – allestito alle 16 e rimasto fino a sera – ha richiamato tantissimi curiosi. La bandiera italiana, così come i tanti dolci sui banchetti, invogliava la gente ad avvicinarsi. C’era chi aveva dubbi da chiarire sull’islam, chi si interessava a una religione di cui sapeva ancora poco e chi, invece, puntava tutto sulle ricette di squisiti biscotti alla frutta secca. Certo è che dall’iniziativa di ieri si è usciti – se possibile – più integrati: anconetani e non, cattolici e musulmani. Ma a dire il vero, l’integrazione, in città, non è mai mancata, come spiega Ahmed Abourahim: «Questo con la città di Ancona – la nostra città – è un appuntamento che va avanti da oltre 40 anni».
«Con la gente, con le istituzioni e con le autorità locali c’è un bel rapporto. Ci sentiamo integrati anche con i sacerdoti». Quello di ieri è stato uno spaccato di vita, un frangente di quotidianità fatto di tanti colori. I sapori – dicevamo – non provengono solo dal Marocco, ma anche dal Bangladesh. Ad accompagnare l’evento, parole e volantini.
«Dovremmo rispettarci tutti, gli uni con gli altri, a prescindere dalle religioni di appartenenza. In fondo, il Creatore è uno e le religioni uniscono, non dividono» – spiega Abourahim. «Ci troviamo qui oggi per celebrare con tutti voi la festa di fine Ramadan, il mese di digiuno e purificazione osservato dai fedeli dell’Islam». E ancora: «Un’occasione, quella di quest’anno, che ha visto la concomitanza delle celebrazioni del digiuno islamico coi riti della Pasqua cristiana». Come questa, infatti, il digiuno del Ramadan non viene osservato in un arco temporale preciso e determinato, ma può variare di anno in anno.
«Fedeli monoteisti che negli stessi giorni hanno celebrato momenti di digiuno, spiritualità e condivisione molto significativi, simili eppur diversi – si legge in un volantino –. In questo riconoscersi e rispettarsi, c’è anche il senso più profondo del credere ed agire come una grande famiglia, quella umana». Una famiglia «tanto provata da due anni di pandemia, che hanno causato migliaia di vittime in Italia e nel mondo, che ci hanno costretto al distanziamento e a rinunciare a momenti di incontro e condivisione. Stiamo ancora pregando per la fine di questo periodo tanto drammatico, augurandoci salute e cura per tutti».
Durante l’iniziativa, a lato del gazebo con gli assaggi, c’era persino un signore che soddisfaceva le richieste di adulti e piccini che volevano veder scritto il proprio nome in arabo: «Noi scriviamo da destra verso sinistra e l’alfabeto è completamente diverso».
In un messaggio, la Comunità islamica di Ancona e delle Marche fa sapere che «la cura passa necessariamente anche dalla tutela della vita oltre i contesti di malattia, che ci vede aborrire ogni forma di sopruso, violenza e guerra ripudiati dalla nostra Costituzione italiana e che rappresentano una minaccia per tutti».
«Il nostro pensiero e le nostre preghiere – fanno sapere dall’organizzazione – vanno alle sorelle e ai fratelli ucraini e – con loro – alle sorelle e ai fratelli di ogni angolo del mondo, dalla Siria all’Afghanistan, dalla Palestina allo Yemen, dove le vite di civili inermi vengono spezzate dall’orrore delle armi».
«Possa questa primavera indicata dal calendario corrispondere a una primavera dei cuori e delle menti, che porti alla pace e all’impegno di tutti per costruire un mondo di pace, giustizia, libertà, rispetto dei diritti umani, in cui ognuno possa esprimere e vivere la sua fede».