ANCONA- Le difficili trattative tra Gran Bretagna e Unione Europea sulla Brexit preoccupano notevolmente Coldiretti. Un eventuale mancato accordo metterebbe infatti a rischio 4,5 milioni di esportazioni di prodotti agroalimentari della Provincia di Ancona, per valore il primo tra le province marchigiane. Abbiamo chiesto a Letizia Gardoni, presidente Coldiretti Ancona, di spiegarci quali rischi potrebbero esserci per il nostro territorio e per il Made in Italy.
Letizia Gardoni che cosa comporterebbe per il nostro territorio un mancato accordo tra Gran Bretagna e Ue sulla Brexit?
«Dal punto di vista commerciale l’uscita del Regno Unito e la mancanza di accordo con l’Ue avrebbero certamente delle conseguenze per le nostre aziende agricole. La Gran Bretagna per noi è un mercato interessante: il valore dell’export anconetano verso questo paese rappresenta il 30% dell’intera regione. Tra i prodotti che esportiamo maggiormente al primo posto c’è il Verdicchio seguito dalla pasta. La provincia di Ancona è il terzo granaio di Italia. Questa perplessità è anche a carattere nazionale: le esportazioni verso la Gran Bretagna a rischio sarebbero circa 3 miliardi e mezzo. Ci preoccupano anche le dimissioni dei ministri del Governo May… Seguiamo attentamente gli sviluppi della situazione e ci auguriamo che le trattative commerciali possano quantomeno stabilizzare la quota di export di prodotti di qualità che dalla nostra provincia arrivano oltremanica».
Quali sono i rischi dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea?
«Con l’uscita dall’Unione Europea e l’addio al libero scambio potrebbe imporsi una legislazione autonoma, sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane. Si stanno già avendo delle avvisaglie. Nei supermercati inglesi è già in atto un metodo di etichettatura a semaforo per gli alimenti che boccia ingiustamente quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop)».
Che cos’è l’etichettatura a semaforo?
«L’etichetta semaforo indica con i bollini rosso, giallo o verde il contenuto di nutrienti critici per la salute come grassi, sali e zuccheri, ma non basandosi sulle quantità effettivamente consumate, bensì solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze. Si tratta di un metodo fuorviante e ingannevole che penalizza i prodotti simbolo della dieta mediterranea e di cui la provincia di Ancona è un’eccellente fornitrice. Non è un’etichettatura trasparente, non ci sono informazioni per fare l’identikit del prodotto sullo scaffale. Il bollino ha un grande impatto visivo e quindi si finisce per promuovere cibi spazzatura come le bevande gassate dalla ricetta ignota e bocciare prodotti di qualità ma anche un elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva, il parmigiano reggiano e il prosciutto di Parma. Questo metodo mina tutti i prodotti simbolo della dieta mediterranea riconosciuta tra le più salutari. Dall’indagine Bloomberg Global Health del 2017 è emerso che su 163 Paesi, l’Italia è al primo posto per salute e longevità. La dieta mediterranea è riconosciuta in tutto il mondo. Questo desta molta preoccupazione così come la possibilità che la legislazione autonoma possa essere da stimolo in altri Paesi».
Quali sono le difficoltà del made in Italy all’estero?
«Il made in Italy agroalimentare ha un potenziale enorme, la sua qualità è riconosciuta nei mercati internazionali. Purtroppo però, deve fare i conti con il fenomeno dell’ ”Italian Sounding”, ovvero la falsificazione dei prodotti made in Italy. Sono molto ricercati all’estero per questo cercano di imitarci. Innanzitutto c’è la falsificazione di immagine, poi ci sono le adulterazioni dei prodotti come l’olio extravergine di oliva: viene venduto in maniera ingannevole come prodotto italiano in realtà è di scarsissima qualità,viene cambiato l’odore e il colore per farlo sembrare originale. L’ ”Italian Sounding” toglie spazi commerciali ai prodotti italiani nei mercati internazionali. I prodotti contraffatti valgono 70 miliardi di euro, cifra che potrebbe andare invece nelle nostre aziende agricole. Con questa somma ci potrebbe essere un margine di ampliamento dei mercati, le aziende potrebbero reinvestire nel nostro territorio e richiedere una maggiore manodopera».
La Coldiretti si è opposta al Ceta, l’accordo commerciale tra Ue e Canada…
«Avrebbe legalizzato l’ “Italian Sounding”. Coldiretti si sta battendo per una legge chiara sull’etichettatura. I prodotti made in Italy devono riportare l’origine del prodotto e il luogo di trasformazione. Oggi decreti da Bruxelles impongono che su pasta riso, latte e altre filiere si legga l’origine dei prodotti. Questo non era possibile fino a qualche anno fa».