ANCONA- Un mese e mezzo fa è stata eletta sindaco di Ancona per la seconda volta portando il capoluogo dorico sotto i riflettori nazionali come modello di centrosinistra che funziona. Un’intervista a 360° per scoprire chi è Valeria Mancinelli, la donna che da sei anni governa Ancona e che ha conquistato la fiducia dei cittadini dopo anni di impasse politica.
Sindaco Mancinelli, lei come si descrive?
«Sono determinata, tenace, provo soddisfazione nel costruire. Sono impaziente, schietta- a volte troppo-, insofferente al mancato senso di responsabilità da parte di chi ha accettato di averla. La responsabilità che esercito al lavoro è diversa rispetto alla vita privata. Al lavoro, per una cosa di cui rispondo io, decido io. Nella vita privata invece non ho alcuna ansia di dover decidere. Ad esempio in vacanza, non voglio decidere niente. Sono disponibile a che siano gli altri a decidere per me».
Come deve essere una donna di governo?
«Penso che una persona che ha responsabilità da esercitare non deve avere paura di decidere, di prendere le decisioni che gli spettano».
Quali sono i suoi hobby?
«Camminare da sola e quando posso nuotare».
Ha mai preso porte in faccia nella sua carriera?
«Sì, certo».
Quando era piccola cosa sarebbe voluta diventare da grande? Avrebbe mai pensato un giorno di diventare sindaco?
«Quando ero piccola pensavo di fare l’insegnante. Quando sono cresciuta un po’ ho pensato di fare l’avvocato, cosa che poi ho fatto. Ho sempre avuto una qualche forma di passione, interesse civile per la politica anche se non l’ho fatta mai di mestiere. Francamente non avevo mai pensato di fare il sindaco fino a sei anni fa».
Quindi che cosa l’ha spinta ad entrare in politica sei anni fa?
«Ad un certo punto ho capito di avere un’idea, quella di come uscire da una situazione di impasse, di stagnazione in cui si stava avvitando la città e il campo politico a cui io sentivo di appartenere. Non ne vedevo altre in giro. Francamente ero esasperata e arrabbiatissima per la situazione a cui eravamo arrivati. Dentro di me mi sono detta che non potevo continuare solo ad essere arrabbiatissima e se avevo in mente una via d’uscita, forse dovevo anche provare a metterla in campo. Quindi due cose mi hanno spinta: la rabbia e l’insofferenza per la situazione e l’idea che forse potevo contribuire ad uscirne».
E ha funzionato?
«Diciamo che alla prova dei fatti, la mia idea evidentemente era fondata».
Ultimamente, dopo il risultato elettorale del Pd nel capoluogo dorico, si parla molto del “modello Ancona”. Che cosa ha la città rispetto alle altre dove ha perso il centrosinistra? La chiave di volta per far funzionare le cose è nella sua leadership?
«L’ingrediente fondamentale del “modello Ancona” è una politica che pensa di misurarsi e di essere misurata sulla capacità di affrontare e risolvere i problemi. Da questo ingrediente ne derivano altri tre: una politica concentrata sui problemi da affrontare e da risolvere che non spreca tempo e risorse per pensare a se stessa; un modello di governance con l’esercizio da parte del sindaco di tutti i poteri e responsabilità che gli competono– compresa la scelta fiduciaria della giunta e non sulla base delle indicazioni dei partiti-; una coalizione di governo vera, cioè con un accordo vero sulle cose da fare.
All’esistenza di questi ingredienti e al loro efficace utilizzo ha contribuito tutta la squadra composta da assessori, consiglieri comunali di maggioranza, gruppi dirigenti di partiti, liste e movimenti che hanno composto la coalizione, a partire dal Pd. Ovviamente è stato sicuramente rilevante il contributo dato dal capitano della squadra ovvero dal candidato sindaco prima e, una volta eletto, dal sindaco.
Il modello Ancona non è stato indolore. Soprattutto all’inizio non ha trovato tutti i partiti e i movimenti della coalizione di governo d’accordo. Poi però è prevalso questo indirizzo e ci sono stati comportamenti coerenti da parte della squadra. Questo ha prodotto i risultati. Già sei anni fa, quando mi sono presentata alle primarie, ho chiesto la condivisione di questa impostazione».
Pensa quindi di avere una soluzione anche per i problemi a livello nazionale?
«Gli stessi ingredienti vanno utilizzati anche sul piano nazionale, di questo non c’è dubbio. Sono assolutamente necessari ma non sono sufficienti per uscire da una situazione complicata. Sono gli occhiali che servono per leggere le questioni della politica nazionale. Come ho detto all’assemblea nazionale del Pd, tutta questa discussione sulle alleanze, sul rimettere insieme i cocci della sinistra è un dibattito inutile se fatto in questa maniera perché aggrava la situazione. Bisogna confrontarsi su cosa fare e sulle scelte di governo. Poi sulla base di quelle si ridefinisce sia il programma che l’identità delle forze politiche a partire dal Pd, e il sistema delle alleanze».
In futuro intende ricoprire ruoli ancora più ambiziosi?
«In futuro ambisco a fare il sindaco di Ancona e se facendo bene il sindaco di Ancona posso dare un contributo di idee ed esperienze ad un livello più ampio, ben venga. Lo sto già facendo e penso di continuare a farlo nei prossimi mesi. Non penso ad altri incarichi istituzionali, per i prossimi cinque anni farò e sarò il sindaco di Ancona».