ANCONA- Nelle Marche più della metà dei lavoratori è precario o part time (34%) e un terzo ha salari sotto la soglia di povertà. Solo una donna su tre ha un lavoro a tempo pieno e indeterminato mentre i giovani pagano il prezzo più alto della crisi e la destrutturazione del lavoro: oltre a contratti di lavoro non stabili, percepiscono un salario medio lordo annuo pari a 11 mila euro. Quanto ai livelli retributivi le Marche sono l’ultima regione del Centro Italia. È questo il quadro che emerge dai dati sui lavoratori dipendenti privati elaborati dall’IRES CGIL Marche e forniti dall’INPS.
Nella regione, nel 2018, erano 429 mila unità, 12 mila in più rispetto all’anno precedente (+ 2,8%). Numeri positivi ma non abbastanza in quanto ancora lontani dal compensare la notevole perdita di posti di lavoro avvenuta negli ultimi dieci anni. Rispetto al 2008 infatti, anno della crisi, i lavoratori dipendenti privati sono diminuiti di 6 mila unità (-1,5%). Un calo importante considerato che a livello nazionale e nelle regioni del Centro il loro numero è tornato ad essere decisamente superiore a quello di 10 anni fa (rispettivamente +5,8% e + 8,5%).
«La ripresa occupazionale degli ultimi anni è rappresentata quasi esclusivamente da rapporti di lavoro precari, discontinui e a tempo parziale che continuano a erodere progressivamente i rapporti di lavoro stabili e a tempo pieno che ormai interessano meno di un lavoratore su due- affermano Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche e Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil, responsabile del Mercato del Lavoro-. Tutte le riforme del mercato del lavoro degli ultimi 15 anni, dalla Legge 30/2003 al “Decreto Poletti” e al “Jobs Act” hanno inesorabilmente contribuito a rendere il lavoro più destrutturato, debole e insicuro. È peggiorata notevolmente la qualità dei rapporti di lavoro e il numero di ore lavorate, mentre è cresciuto il lavoro povero».
A spiegare i dati nel dettaglio, Elisa Marchetti dell’Ires Cgil Marche. «Osservando le tipologie contrattuali emerge che 147 mila lavoratori, ovvero più di uno su tre, hanno un rapporto di lavoro part time. Sono sei mila in più rispetto al 2017 e 43mila in più rispetto al 2008. I lavoratori con contratto di lavoro a termine sono 113mila, 8 mila in più dello scorso anno e 26 mila in più rispetto a 10 anni fa. I lavoratori somministrati sono 30 mila (+ 5 mila unità in un anno); gli intermittenti sono oltre 34 mila (+ 4mila in anno). Coloro che hanno un contratto a tempo pieno e indeterminato sono 214 mila, pari al 49,9%, ovvero meno della metà del complesso dei lavoratori dipendenti (erano il 51,0% nel 2017 e il 62,6% nel 2008) e sono 58 mila in meno rispetto a 10 anni fa (-21,4%)».
Per quanto riguarda i settori, i trend sono differenti. Nell’industria manifatturiera crescono i lavoratori nella meccanica (+3,2%) e nel settore chimico-gomma-plastica (+2,1%), mentre diminuiscono nel calzaturiero-abbigliamento (-1,3%) e nel mobile (-1,0%). Negli ultimi dieci anni lo scenario è cambiato profondamente. Nell’industria manifatturiera si sono persi 33 mila lavoratori dipendenti (pari a -17,2%), il settore dell’edilizia ne ha persi 13 mila. Completamente diverso è lo scenario dei servizi, che ha registrato un incremento significativo del numero dei lavoratori dipendenti, con 36 mila unità in più in 10 anni (+19,1%), accentuando il processo di terziarizzazione del tessuto economico e occupazionale.
«Da questi dati possiamo notare la trasformazione del lavoro avvenuta in questi anni nella nostra regione. Se non si inverte la tendenza le Marche rischiano di perdere la loro vocazione manifatturiera– commenta Giuseppe Santarelli-. È una vera emergenza! Occorrono politiche economiche e sindacali adeguate».
Per quanto riguarda le retribuzioni medie lorde annue percepite nelle Marche, sono pari a 19.123 euro e sono inferiori sia al valore medio delle regioni del Centro che a quello medio nazionale. I lavoratori a tempo parziale percepiscono mediamente 10.647 euro lordi annui; quelli a tempo determinato 9.451 euro; i lavoratori somministrati 8.287 euro; gli intermittenti 1.765 euro; i lavoratori con contratto a tempo indeterminato 27.481 euro. Notevoli poi le differenze per qualifiche professionali: le retribuzioni degli operai sono di 15.761 euro lordi annui, quelle degli impiegati 23.829 euro; le retribuzioni dei quadri arrivano a 60.392 euro lordi mentre quelle dei dirigenti sono mediamente di 121.493 euro. Gli apprendisti percepiscono 12.214 euro annui medi.
Suddividendo i lavoratori dipendenti per classi di retribuzione lorda annua emerge che 175 mila lavoratori (pari al 40,7% del totale) percepiscono retribuzioni inferiori a 15.000 euro, di cui 122 mila ne percepiscono addirittura meno di 10.000 euro (28,3%): dunque un lavoratore su quattro ha una retribuzione e al di sotto della sotto della soglia di povertà. Osservando poi i livelli retributivi nelle varie regioni italiane, i più alti sono in Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna. Le Marche si collocano all’11° posto, ultima delle regioni del Centro. Calabria, Sicilia e Campania sono invece le regioni con le retribuzioni più basse.
«Nelle Marche è necessario invertire al più presto queste tendenze. La sfida della competitività non può che passare attraverso la qualità del lavoro e dell’occupazione, e sulla valorizzazione delle competenze che il lavoro può e deve esprimere: su questo terreno, il sistema produttivo marchigiano si gioca il futuro- dichiara la Barbaresi-. Occorrono leggi adeguate e contrattazioni adeguate che mettano al centro del lavoro qualità e salario. Il sistema impresa, la politica e il sindacato devono dettare insieme le condizioni affinché ciò avvenga».
All’inizio della conferenza stampa, la segretaria Barbaresi ha ricordato l’infortunio mortale sul lavoro avvenuto ieri, ribadendo che la qualità del lavoro; la sicurezza e la salute sono fondamentali. Quest’anno stiamo assistendo ad una strage e va assolutamente fermata».