Ancona-Osimo

L’Istituto per il Credito Sportivo presta soldi alle società. È davvero ciò che serve?

ICS offre prestiti da 3.000 a 25.000 euro alle realtà iscritte al registro CONI. Le quote sono da restituire in 6 anni senza interessi e prima rata dopo due anni

Istituto per il Credito Sportivo

Se ne dibatte ormai da un po’ perché lo sport sta piano piano cercando di ripartire, almeno nell’attività di discipline individuali, e prova a ripensare una nuova normalità. Il decreto del Presidente Ceriscioli va in quella direzione.

Senza voler nulla togliere all’alone di entusiasmo che si riverbera da questo lento ma (speriamo) inesorabile ritorno alla normalità, c’è chi si interroga sul futuro delle società sportive, afflitte dalle molte preoccupazioni sulla sostenibilità delle proprie attività.

Sostenibilità non è un termine casuale perché da una parte occorre ripensare al modo di fare sport inteso prima come allenamento e poi come competizioni, sanificare gli ambienti, i palloni per chi li usa, attrezzatura varia, gli spogliatoi che invece li usano tutti, e distanziamento. Ma c’è anche un’altra tipologia di sostenibilità forse meno romantica ma eminentemente pratica, quella economico-finanziaria.

L’Istituto per il Credito Sportivo si definisce «l’unica banca a servizio del Paese per il sostegno allo sport e alla cultura» Creato prevalentemente per accompagnare le società sportive nel finanziamento all’impiantistica sportiva per l’efficentamento energetico e per l’adeguamento alle nuove norme sulla sicurezza, si è rivelato nel tempo di estrema utilità considerando la condizione di fatiscenza di molti impianti alla quale si è riusciti a dare una soluzione. In questa particolare emergenza pandemica all’ICS è stato assegnato anche un ulteriore ruolo.

Infatti, coerentemente con quanto il DPCM “Cura Italia” ha disposto, anche questa banca sui generis presta denaro ma solo alle società sportive, prevedendo «la concessione di finanziamenti, destinati a far fronte alle esigenze di liquidità correlate all’emergenza COVID-19».

Nel dettaglio le misure sono riassumibili così:

– prestito per un importo da un minimo di 3.000 Euro a un massimo di 25.000 Euro, nella misura massima consentita del 25% del fatturato dell’ultimo bilancio o delle entrate dell’ultimo rendiconto (in entrambe i casi, almeno 2018), regolarmente approvati dalla società o dalla associazione;

– durata: 6 anni, dei quali 2 di preammortamento e 4 di ammortamento;

– pagamento prima rata: dopo i 2 anni di preammortamento;

– tasso d’interesse: totale abbattimento degli interessi per l’intera durata del finanziamento, da parte del Fondo Contributi Interessi – Comparto Liquidità;

– garanzia: 100 % del finanziamento da parte del Fondo di Garanzia – Comparto Liquidità.

Bene si dirà. C’è il solito elenco di “MA”. L’obiezione è che lo sport vada aiutato sì direttamente ma anche indirettamente, detassando le sponsorizzazioni delle aziende che garantiscono il vero sostentamento. Su questo si era espressa recentemente anche la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli.

Senza il contributo dei privati si rischia di fare delle società sportive un soggetto con un bilancio poco rilevante. Le sole quote di iscrizione dei settori giovanili sono ben poca cosa ammesso che le famiglie possano ancora pagarle vista la particolare crisi di lavoro e liquidità, e affidato alla gestione di generosi volontari dirigenti innamorati del loro sport e desiderosi di provare, anche nella tempesta di questo tempo attuale, a continuare a governare una barca che sbanda pericolosamente.

In più sarà anche una barca indebitata perché tra 6 anni quei fondi generosamente prestati dovranno essere stati resi. E se per allora tali realtà saranno affondate graveranno comunque sulle spalle dei famosi generosi volontari di cui sopra.

Conviene sempre guardare la luna e non il dito.