ANCONA – Le comunicazione di una diagnosi grave e le “trappole” dell’informazione in sanità. Sono questi i temi al centro del convegno “Come parlare del male. I medici, i pazienti, i media”, nell’ambito del KUM! Festival, che si è tenuto sabato 11 novembre alla Mole Vanvitellana di Ancona.
L’incontro, promosso dal Comune di Ancona e dal Fondo Mole Vanvitelliana con il contributo della Regione Marche e della Fondazione Cariverona, ha ottenuto il patrocinio del Miur, della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Partner scientifici gli Ospedali Riuniti di Ancona, l’Università Politecnica delle Marche, la Fondazione Ospedale Salesi, l’Inrca, Jonas Onlus e Irpa.
Un Festival dedicato al concetto contemporaneo di cura ideato da Massimo Recalcati, uno dei più noti psicoanalisti italiani e figura intellettuale di primo piano nel Paese.
Un tema importante, quello della comunicazione di una diagnosi medica, specie in ambito oncologico, dove la malattia può condurre alla morte nel giro di pochi mesi e il tempo per informare il paziente su quanto gli accadrà, gioca un ruolo cruciale. «Il tempo della comunicazione è tempo di cura» ha spiegato Massimo Cirri, voce di Caterpillar su Radio 2 e moderatore del convegno, citando la carta di Firenze sulla comunicazione in medicina.
In Italia, solo il 37% dei pazienti viene informato della diagnosi e soltanto il 13% della prognosi. Nonostante il 45% dei medici si dichiari d’accordo a comunicare la diagnosi, soltanto il 25% di essi lo fa realmente. Una tendenza a non fornire informazioni, come mostrato dai dati, che va in direzione opposta al consenso informato. «Il paziente ha bisogno di chiarezza, di sapere tempi e cure, cosa lo aspetta, quanto gli resta da vivere – ha ricordato Renato Bisonni, dirigente di Oncologia Medica a Fermo – dobbiamo cambiare codice comunicativo e utilizzare lo stesso linguaggio usato dal paziente, comunicando anche in dialetto se necessario». Se non riceve chiarezza, come ha spiegato Bisonni, il paziente va a cercare informazioni su internet, ma queste non sono sempre attendibili. «La prognosi va comunicata – ha precisato – è necessario che il paziente abbia il tempo per fare quello che desidera». Una comunicazione che si basa tutta sulla relazione che il medico riesce ad instaurare con il proprio paziente e sull’empatia: «Il rapporto tra medico e paziente deve essere stretto – ha concluso Bisonni – il paziente non deve avere remore nel porre domande al medico».
L’informazione al paziente non si basa solo sulle parole, ma su una intelligenza relazionale e comunicativa sulla scorta dell’esempio del celebre Pacth Adams. «Dobbiamo comunicare in modo empatico – ha affermato Marcello D’Errico, Preside Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche – dando un supporto di amore, è questo che serve al paziente». Un ruolo cruciale quello del dottore nel momento della comunicazione, «non serve essere grandi medici se non si riesce ad entrare in sintonia con il paziente – ha concluso D’Errico – dal punto di vista deontologico noi medici siamo tenuti a comunicare diagnosi e prognosi».
L’importanza della relazione medico-paziente è stata sottolineata anche da Fabrizio Volpini, Presidente IV Commissione consiliare Regionale Sanità e Politiche Sociali, che l’ha definita il «cardine della comunicazione». Utilizzando le parole di Levy, secondo Volpini «la giusta informazione, nella giusta dose, deve essere data al momento giusto». «Non esiste una modalità comunicativa univoca – ha detto Volpini – questa va modulata sulla persona che si ha difronte, come se fosse un lavoro sartoriale. I medici hanno bisogno di strumenti di comunicazione e in questo senso l’università deve provvedere ad una formazione specifica su questo tema».
Alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Ancona è stato attivato un Master in Medicina Narrativa, Comunicazione ed Etica della Cura, della durata annuale, e a breve partirà anche un corso di perfezionamento. Previsti corsi di formazione per Psiconcologi e volontari, ed un master rivolto agli infermieri per l’assistenza riabilitativa domiciliare.«Da qualche anno – ha spiegato Sauro Longhi, Rettore dell’Università Politecnica delle Marche – abbiamo creato percorsi di formazione in medicina narrativa, per trasferire ai nuovi medici competenze comunicative e per aiutare il paziente ad essere partecipe nel percorso di cura, ad essere informato».
L’evento che ha coinvolto il forum della Marcangola, ossia le associazioni di volontariato che operano nelle Marche in ambito oncologico, coordinato da Rossana Berardi e Renato Bisonni, ha portato a riflettere sul “superpotere della comunicazione”: «medici, professori e docenti – ha affermato Rossana Berardi, direttore della Clinica Oncologica degli Ospedali Riuniti di Ancona – hanno la possibilità di fare del bene ai pazienti e alle loro famiglie con una informazione efficace. La comunicazione ha un potere grande, ma il tempo per la comunicazione è poco, e il medico ha bisogno di tempo per costruire un rapporto di fiducia». Per la professoressa Berardi il convegno è stata l’occasione per «comunicare direttamente con le istituzioni, avere risposte e assunzioni di impegno su queste tematiche in un’epoca in cui i social informano ma fanno anche disinformazione, poter avere referenti chiari che si mettono a disposizione delle persone».
Ha parlato di mala sanità, Michele Caporossi, Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, e del rapporto asimmetrico tra chi gestisce il sistema sanitario e i media: «Oggi la comunicazione è l’essenza della società. la comunicazione la riscontriamo tutti i giorni sia nelle asperità dei rapporti con pazienti e cittadini, sia in difficili rapporti tra operatori sanitari e giornalisti. Spesso da un lato si parla di mala sanità, mentre dall’altro ci si chiude a riccio non dando le informazioni corrette. È ora di interrompere questo dialogo tra sordi e fondare una nuova alleanza tra sanitari e giornalisti dandosi regole condivise sull’accesso alle informazioni». Proposta l’istituzione di un tavolo tecnico tra l’ordine dei medici e l’ordine dei giornalisti, «ritengo possa essere molto utile», ha concluso Caporossi.