ANCONA – Da stasera (30 novembre) al 3 dicembre al Teatro delle Muse andrà in scena “La guerra dei Roses” dal romanzo di Warren Alder diretto da Filippo Dini, con Ambra Angiolini e Matteo Cremon, nella parte che fu rispettivamente di Kathleen Turner e Michael Douglas nel film di successo di Danny De Vito del 1989. La storia è nota: due coniugi, Barbara e Jonathan Rose, dopo 18 anni di amore cominciano a detestarsi e a farsi la guerra in vista della separazione. La produzione è de La Pirandelliana in co-produzione con Goldenart Production s.r.l. e Artisti Riuniti s.r.l. Lo spettacolo andrà in scena alle 20.45 (30 novembre, 1 e 2 dicembre e alle 16.30 domenica 3 dicembre). La Compagnia incontrerà il pubblico al Musecaffé sabato 2 dicembre alle ore 18.30.
Matteo Cremon, nello spettacolo sei Jonathan Rose. Com’è interpretare questo ruolo?
«Impegnativo perché la storia racconta di un amore finito e di una separazione. La difficoltà più grande è stata dare spessore a tutto il suo sentire, perché lo immagino un personaggio sempre puro nelle emozioni. Un uomo che, sia nel bene che nel male, prende le cose di petto, apertamente e fino in fondo. Nel rapporto di coppia l’ho incasellato in un antico padre di famiglia, molto attento alle necessità della compagna, ma fermo sul suo punto di vista».
C’è qualche affinità tra te e il personaggio?
«No. Siamo completamente diversi. Il personaggio non è attento alle esigenze della moglie e non riesce a comprendere fino in fondo ciò che lei gli chiede. Personalmente sarei molto più attento e aperto alle necessità della compagna».
Che tipo di commedia è “La guerra dei Roses”?
«Una commedia dai tratti noir che fa ridere e pensare. È assolutamente da vedere, non mancherà l’humour e il pubblico si divertirà».
Questo spettacolo funziona meglio al cinema o a teatro?
«A teatro. Con tutto il rispetto per la pellicola cinematografica che è stata un cult con attori bravissimi, lo spettacolo in teatro gode del fatto che noi attori siamo lì in quell’istante per far succedere quello che noi raccontiamo. L’esperienza, quindi, a teatro è molto forte sia per noi che per il pubblico. Il film è molto bello, ma non ho voluto rivederlo prima delle prove per non lasciarmi influenzare e per mantenere una certa originalità in quello che propongo».
Com’è lavorare con Ambra Angiolini?
«Mi sono subito trovato molto bene. È un’attrice molto propositiva, generosa e durante le prove c’è sempre stato molto materiale su cui lavorare insieme per portare avanti questo spettacolo».
Quale momento dello spettacolo è per te il più difficile?
«Tutto il viaggio che fa il personaggio. Non c’è un momento particolare, durante lo spettacolo c’è un’evoluzione che arriva a un apice per poi sfociare nel delirio. Lo spettacolo è impegnativo dall’inizio alla fine. Inizia con un innamoramento e l’amore per poi passare velocemente alla rottura e alla crisi, con le varie ripicche tra i due protagonisti. È un viaggio veramente veloce e denso».
La storia dello spettacolo è nota e precipita in una separazione. Credi nell’amore?
«Certamente, anche se le storie hanno alti e bassi. Credo che nell’amore sia importante l’ascolto e siano necessari dei compromessi continui. Per stare bene con una persona bisogna smussare i propri individualismi e ciò è possibile, anche se serve un gran lavoro. Personalmente io non arriverei mai a una guerra, l’amore si può salvare prima».
Hai recitato anche al cinema. In che ambito ti trovi maggiormente a tuo agio?
«Il cinema è magia, il teatro è disciplina. Parto e nasco con il teatro, ma amo molto anche il cinema e spero di interpretare nuovi personaggi sul grande schermo».
Progetti per il futuro?
«Un Mockumentary (falso documentario) sul pittore Tiziano Vecellio che si chiamerà “La vendetta di Marsia”. Le riprese sono in corso e si tratta di un genere cinematografico nel quale eventi fittizi e di fantasia sono presentati come reali attraverso l’artificio del linguaggio documentaristico».