ANCONA – «Dopo quattro anni sono stanco: nella mia rabbia sono contento che sia partito anche questo filone processuale, è un grande passo avanti. Si comincia a fare sul serio, a parlare dei fatti veri: se la discoteca fosse stata a norma tutto questo non sarebbe successo». È il commento di Francesco Vitali, il fratello di Benedetta, una delle sei vittime della strage avvenuta alla Lanterna Azzurra di Corinaldo nella notte fra il 7 e l’8 dicembre 2018, al termine dell’udienza, in Tribunale in Ancona, sul secondo filone processuale, quello relativo ai permessi e alla sicurezza nel locale (il cosiddetto processo dei ‘colletti bianchi’).
A giudizio i componenti della Commissione di vigilanza che aveva rilasciato la licenza per pubblico spettacolo, la società che gestiva il locale e uno dei tre soci. Gli altri (proprietari dell’immobile) avevano definito in precedenza le proprie posizioni con abbreviato.
Nel corso dell’udienza, davanti il giudice Francesca Pizii, sono state calendarizzate le udienze, una quarantina, fino a fine luglio, e sono stati sentiti due medici intervenuti nell’immediatezza dei fatti, i quali quella notte erano a bordo delle ambulanze intervenute sul posto, uno dei quali ha ribadito lo scenario apocalittico che si era presentato ai loro occhi. Poi è stato sentito il titolare di una ditta di autotrasporti che con cinque mezzi avrebbe portato alla Lanterna Azzurra ragazzi da varie zone delle Marche, per assistere all’esibizione del trapper Sfera Ebbasta in programma quella sera.
Toccanti le testimonianze di due ragazze presenti nel locale quella sera, le quali hanno ripercorso i momenti drammatici. «Risentire dalla voce di ragazzine quello che è accaduto quella sera è veramente straziante – dichiara l’avvocato di parte civile Corrado Canafoglia che rappresenta nove feriti gravi -. Lascia veramente tanta amarezza sentire che quella notte, e forse non solo quella notte, nell’intero sistema di sicurezza ci sono evidentemente delle responsabilità, ed è questo l’oggetto principale del processo».
In Aula oltre ai familiari di alcune vittime, erano presenti anche le amiche e le compagne di scuola di Benedetta Vitali, alcune delle quali erano nel locale quella terribile notte: le ragazze fuori dal tribunale hanno indossato una maglietta con la foto del volto della giovane morta nella calca nel fuggi fuggi dal locale dove era stato spruzzato spray al peperoncino.
Una maglietta con su scritto “sono e sarò sempre con voi, non dimenticatemi mai”. «Una maglietta che avevamo fatto fare noi famigliari in occasione di una serata ricordo nell’estate del 2019» racconta Francesco Vitali, sottolineando di «essere felice della presenza delle sue amiche: questo dimostra che non siamo soli e che questa situazione è arrivata al limite. La nostra pazienza non è infinita, ora vogliamo solo che tutto si concluda il più rapidamente possibile».
«Mi aspetto che venga fatta giustizia nel più breve tempo possibile conclude Vitali -, affinché la morte di queste sei persone serva a fare in modo che una cosa del genere non accada mai più». Per Fazio Fabini, papà di una delle vittime (Emma Fabini) «quattro anni sono un periodo troppo lungo per poter pensare a una giustizia: vorremmo avere delle risposte, soprattutto sul perché questo locale che è tutt’ora accatastato come magazzino agricolo invece era aperto» e sul perché «in quella serata hanno ‘pigiato’ dentro un numero elevatissimo di persone».
Sulla calendarizzazione delle udienze fino a fine luglio Fabini commenta come «un fatto positivo, perché fa pensare che ci sia da parte del giudice del Tribunale di arrivare ad un giudizio in tempi brevi, ma in ogni caso aspettiamo fiduciosi la giustizia, anche se questa giustizia è già in ritardo rispetto al giudizio molto veloce che è stato applicato per gli altri responsabili, quelli della banda del peperoncino. Qui la materia è molto più complessa, mi rendo conto che l’inchiesta è stata molto lunga e non vorremmo che si perdesse tempo».