Ancona-Osimo

Lavoro precario e salari bassissimi. Cgil: «Le Marche fanalino di coda del Centro Italia»

Dai dati dell'INPS relativi ai lavoratori dipendenti privati nel periodo 2008-2017, elaborati dalla segreteria regionale del sindacato, le Marche si collocano all’11° posto, ultima delle regioni del Centro. Le retribuzioni più alte in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna. Maglia nera a Calabria, Sicilia e Campania

ANCONA- Meno 18 mila lavoratori dipendenti rispetto al 2008, nelle Marche diminuiscono i lavoratori a tempo indeterminato mentre aumentano i part-time, non per scelta ma per le condizioni che offre il mercato. Inoltre, le retribuzioni medie lorde annue sono inferiori sia al valore nazionale che a quello delle regioni del centro. È il quadro che emerge dai dati dell’Inps elaborati da CGIL Marche relativi ai lavoratori dipendenti privati (non sono compresi i lavoratori agricoli). La finestra temporale fa riferimento al periodo 2008-2017.

Rispetto al 2016, nel 2017 nella regione si è registrato un aumento di 23 mila lavoratori dipendenti privati (+5,8%) che raggiungono quota 417mila. Un incremento positivo e superiore sia al dato nazionale sia alla media delle regioni del Centro. «C’è da chiedersi se si tratta di un reale incremento di lavoratori dipendenti oppure se si tratta del travaso dei lavoratori pagati con i voucher, aboliti nel 2017 e quindi assunti con contratto da dipendente» dichiara Daniela Barbaresi, segretaria regionale CGIL Marche.

Se però si fa il raffronto al 2008, la situazione dei lavoratori dipendenti non è affatto rosea. «Mentre a livello nazionale si sono recuperati i livelli pre crisi (+4%) la ragione Marche, nonostante un aumento, è ancora indietro di 18 mila lavoratori dipendenti rispetto al 2008, pari al -4,2%. Le Marche stanno recuperando più lentamente» spiega Giuseppe Santarelli, segretario regionale CGIL, responsabile del Mercato del Lavoro.

Per quanto riguarda le tipologie contrattuali, 142 mila lavoratori, pari a 1 su 3, ha un part-time. Rispetto al 2016 sono cresciuti di quasi 14 mila unita (+ 10,1), rispetto al 2008 di ben 37 mila, pari a +35,7%. I lavoratori con un rapporto di lavoro a tempo parziale rappresentano il 34,0% dei lavoratori complessivi (32,7% nel 2016 e 24,0% nel 2008). I lavoratori con contratto a tempo determinato sono quasi 105 mila, 29 mila unità in più rispetto al 2016 (pari a +38,4%). Nel 2008 erano 86.200. I lavoratori a tempo indeterminato sono complessivamente 301 mila e purtroppo diminuiscono di anno in anno: sono 8 mila in meno rispetto al 2016 (-2,5%) e 44 mila in meno rispetto al 2008 (-12,8%).

«Ciò significa che la ripresa occupazionale è rappresentata da rapporti di lavoro precari e a tempo parziale che hanno progressivamente eroso i rapporti di lavoro stabili e a tempo pieno» dichiarano Barbaresi e Santarelli.

«Questa situazione fa pensare che negli ultimi 5 anni sono stati bruciati i 40 miliardi di incentivi previsti per le assunzioni a tempo indeterminato» commenta Santarelli.

La segretaria generale CGIL Marche e il segretario regionale, responsabile del Mercato del Lavoro

Per quanto concerne le retribuzioni medie lorde annue percepite nelle Marche sono pari a 18.996 euro e, rispetto al 2016, si registra una diminuzione del 2,2%, pari a -426 euro. Inoltre, le retribuzioni medie nelle Marche sono significativamente inferiori sia al valore medio nazionale (-1.901 euro) sia soprattutto a quello delle regioni del Centro (-2.539 euro). È come se i lavoratori delle Marche percepissero più di una mensilità e mezzo di retribuzione in meno della media delle regioni del Centro. I lavoratori con un lavoro a tempo parziale percepiscono mediamente 10.453 euro lordi annui, quelli a tempo determinato 9.116 euro; i lavoratori con contratto a tempo pieno e determinato ricevono 27.118 euro l’anno. Significative le differenze retributive di genere: quelle dei lavoratori ammontano a 22.156 euro, quelle delle lavoratrici a 15.045 euro dovute principalmente all’utilizzo di contratti part-time piuttosto che a termine. I Dirigenti marchigiani percepiscono una retribuzione pari a 8,2 volte rispetto a quella degli operai e 5,4 volte rispetto a quella degli impiegati.

Retribuzioni basse o bassissime per i giovani penalizzati dalla crisi: quelli con meno di 29 anni percepiscono 10.859 euro lordi annui, che diventano 7.153 euro con un lavoro a tempo parziale e 7.021 euro con un contratto di lavoro a tempo determinato. Il 41,3% dei lavoratori dipendenti percepisce retribuzioni inferiori a 15.000 euro di cui il 28,7% percepisce meno di 10.000 (28,7%).

«Una grande fetta di lavoratori dipendenti è al limite della soglia di povertà. Il lavoro sta diventando sempre più povero, 1 su 3 ha retribuzioni basse– commenta la Barbaresi-. Le Marche sono il fanalino di coda delle regioni del centro per i livelli retributivi e per il peggioramento delle condizioni contrattuali. Si guadagna 2.500 euro in meno rispetto a Toscana e Lazio. Ci dobbiamo domandare se siamo l’ultima regione del nord o la prima del sud».

Se infatti si osservano i livelli retributivi nelle varie regioni italiane, emerge che le regioni con le retribuzioni più alte sono la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Le Marche si collocano all’11° posto, ultima delle regioni del Centro. Calabria, Sicilia e Campania sono le Regioni con le retribuzioni più basse.

«Questa situazione si affronta con la contrattazione e con il fisco. C’è bisogno di garantire che i CCNL firmati da organizzazioni sindacali e datoriali effettivamente rappresentative, siano pienamente esigibili ed efficaci per tutti attraverso una legge sulla rappresentanza sindacale. Dunque, il salario minimo si garantisca con i CCNL- dichiara la Barbaresi-. Occorre poi una politica fiscale adeguata che sostenga il valore reale dei salari e che riduca il peso fiscale sulle retribuzioni, rilanciando consumi, investimenti e crescita».

Infine, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti nei vari settori di attività, rispetto al 2008 crescono quelli impiegati nel terziario e nei servizi: settore alberghiero e ristorazione (60,8%), attività sanitarie e sociali (79,3%), istruzione-formazione (76,5%), servizi a persone e famiglie (69,4%), servizi postali (60,9%). Diminuiscono invece quelli dell’industria manifatturiera dove si sono persi 34.828 lavoratori dipendenti (pari a -18,3%). Particolarmente preoccupante la contrazione nei settori tradizionalmente più rilevanti a partire dall’abbigliamento-calzaturiero (-15.833 lavoratori, pari al -30,9%), la meccanica (-12.761 unità pari a -18.0%) e anche il mobile (-3.094 lavoratori pari a -10,8%). Rilevante la contrazione anche nell’edilizia, settore che si è quasi dimezzato e si sono perse ben 13.351 unità di personale (-40,5%), e dove non si riscontrano ancora gli effetti della ricostruzione post sisma.