ANCONA – La popolazione urbana nel mondo ha superato quella rurale e questo vale anche per l’Italia e per le Marche. Sebbene non se ne parli molto è chiaramente percepibile, in gran parte delle aree montane della penisola e soprattutto nell’Appennino centro-meridionale, lo stato di completo abbandono di borghi, paesi, coltivi e pascoli che sono progressivamente colonizzati da arbusteti e boschi. Questo silenzioso processo insieme al rimboschimento volontario di oltre 1 milione di ettari nel corso del ‘900 ha portato la superficie boschiva italiana al 40% del totale nazionale. Questo significa che circa 12 milioni di ettari su 30 milioni totali sono ricoperti da boschi e foreste. All’inizio del ‘900 il rapporto era del 10% e quindi nell’ultimo secolo il bosco è aumentato di 120.000 ettari l’anno ovvero una superficie corrispondente a circa 170.000 campi da calcio. Questi 12 milioni di ettari spalmati dalle Alpi alla Sicilia svolgono, a seconda dei casi, diverse funzioni quali la mitigazione climatica, la difesa idrogeologica, la conservazione della biodiversità, e molto altro. Se ogni anno i 12 milioni di ettari di bosco si incrementano di soli 2 metri cubi/ettaro di massa legnosa vi saranno almeno 24 milioni di legno in più nei boschi che andranno ad aggiungersi ai 2,4 miliardi di metri cubi già presenti. Se fossimo in banca parleremmo di capitale fruttante e tasso d’interesse.
Fra i 12 milioni di ettari nazionali ci sono foreste protette, vetuste, monumentali, di protezione, di conservazione e ricreative ma anche tante foreste che da sempre hanno fornito legname (per energia o da opera) per le mutate esigenze della società. Oggi molti boschi non sono più gestiti, ma il consumo di legno e derivati a fini industriali ed energetici è sempre molto elevato. La produzione interna copre meno del 25% del fabbisogno nazionale e quindi l’Italia si rifornisce pesantemente dall’estero anche per la legna da ardere, spesso da paesi con problemi di forti illegalità ambientali e criticità socioeconomiche. È quindi opportuno distinguere fra foreste che devono essere tutelate e protette, quelle che devono essere migliorate perché troppo sfruttate e quelle che è possibile continuare ad utilizzare in modo corretto e sostenibile. Per fare ciò è necessario che vengano riconosciuti il ruolo e le competenze di chi si specializza in percorsi accademici specifici come quelli delle scienze forestali e che vi siano delle normative adeguate.
In Italia è in vigore dal mese di aprile una legge che dovrà essere recepita dalle Regioni che ha suscitato un’accorata opposizione in alcuni ambiti della società e del mondo accademico. Di questa legge si parlerà venerdì 26 ottobre alle 9.30 presso la facoltà di Economia “G. Fuà” dell’UNIVPM ad Ancona in un seminario organizzato dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche e dal Collegium Scriptorium Fontis Avellanae, dal titolo: “Il nuovo Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali: opportunità e criticità in un settore in transizione”. Interverranno autorevoli rappresentanti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dei Carabinieri Forestali, dell’Università Politecnica delle Marche, della Regione Marche e del Parlamento italiano.