Macerata è la più vivibile delle Marche. E ancora, buoni i dati di Ancona sull’utilizzo del trasporto pubblico e Pesaro “oasi verde” della regione. È quanto emerge dalla XXV edizione di Ecosistema Urbano, l’annuale rapporto sullo stato di salute delle città capoluogo realizzato da Legambiente con il contributo scientifico dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore e un contributo di Ispra sui corpi idrici, presentato oggi a Milano. Eccellente il dato relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti, dove Macerata si conferma prima tra le città marchigiane con il raggiungimento del 71,7% . La città dello Sferisterio, inoltre, risulta virtuosa per la percentuale di dispersione di acqua in rete, riuscendo a contenere le perdite sotto il 15%. A pesare sulla città, invece, la scarsa presenza di piste ciclabili e di aree pedonali, rispettivamente 1,41 metri equivalenti/100 abitanti e 0,22 mq/abitante.
Pesaro, nonostante non sia tra i primissimi posti della classifica nazionale, è la città dove si notano i maggiori passi in avanti (è passata dal 24° al 17° posto). L’idea di una Bicipolitana, l’assimilazione di una infrastruttura specialistica in un ambito collettivo e condiviso, dotata di identità e segnaletica proprie del trasporto pubblico locale – con linee, fermate, collegamenti, etc. – ha fatto sì qui il 29% dei cittadini usino la bicicletta per i loro spostamenti quotidiani e per il tempo libero, otto volte in più della media nazionale. Positivo anche il dato relativo ai consumi derivanti da energie rinnovabili: per la diffusione del solare termico e fotovoltaico installato su strutture pubbliche, Pesaro figura tra i comuni con le disponibilità maggiori. Con ben 35 alberi ogni 100 abitanti, la città natale di Rossini, inoltre, risulta essere una piccola oasi verde delle Marche. A questo proposito, è importante sottolineare che il patrimonio arboreo urbano può dare un importante contributo al contenimento dell’inquinamento atmosferico e acustico, e alla riduzione, su scala globale, delle emissioni di gas serra. Tutt’altro che incoraggianti, invece, il dato relativo alla produzione pro capite di rifiuti urbani, con 755 kg/abitante/anno e quello riguardante la dispersione delle acque nella rete, pari al 32,1%. Stesso discorso per i corpi idrici in “stato chimico buono”, che oscillano tra lo 0% e il 25% del totale.
Al 34° posto della classifica nazionale, Ancona conferma una performance generale nella media, senza infamia e senza lode. Senza dubbio il capoluogo di regione si distingue positivamente per l’alto utilizzo da parte dei cittadini del trasporto pubblico locale, con una media di 108 viaggi per abitante all’anno, dato che fa ben sperare per un ulteriore sviluppo futuro della mobilità urbana più rispettosa dell’ambiente e della salute. A pesare, invece, sul piazzamento del capoluogo, il dato relativo alla percentuale di raccolta differenziata, che si attesta al 53,7%, ben al di sotto della percentuale minima prevista dalla legge (pari ad almeno il 65%). Le poche aree pedonali fruibili, circa 0,18mq ogni 100 abitanti e la scarsa presenza di piste ciclabili (circa 1,37 metri equivalenti/100 abitanti), inoltre, non aiutano a scalare la classifica nazionale.
La performance negativa di Ascoli Piceno, invece, è dovuta a prestazioni insufficienti in gran parte degli indicatori presi in considerazione. Ad esempio, la raccolta differenziata si attesta solo al 47,3% e la produzione pro capite di rifiuti è di 537 kg/abitante all’anno. Stesso discorso per i corpi idrici in “stato chimico buono”, che oscillano tra lo 0% e il 25% del totale, quindi pochissimi. La classificazione dello stato chimico rappresenta un aspetto molto rilevante, che misura gli impatti determinati sul corpo idrico da un ampio insieme di pressioni antropiche; in particolare, le sostanze che concorrono allo SC sono le sostanze chimiche afferenti all’elenco di priorità e che possono derivare da molteplici comparti (agricoltura, comparti produttivi, civili-depuratori e fanghi).
Merita una riflessione il dato negativo sull’incidentalità stradale, che vede Ascoli Piceno tra gli ultimi posti della classifica nazionale, con 1,23 morti ogni 10.000 abitanti, mentre il numero di feriti è alto in tutte e quattro le città marchigiane presenti nel dossier (Pesaro: 69 ogni 10.000 abitanti, Ancona: 67; Macerata: 57,2; Ascoli Piceno: 80,8). Per quanto riguarda la qualità dell’aria, Pesaro presenta nel complesso performance sufficienti, mentre quelle di Ancona, Ascoli Piceno e Macerata risultano insufficienti.
«La riconversione ecologica delle nostre città è il grande obiettivo che dobbiamo raggiungere nei prossimi anni, perché è da qui che passa la sfida dell’innovazione e della sostenibilità ambientale, della coesione sociale e dell’integrazione e una parte della lotta ai cambiamenti climatici – commenta Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche –. Per questo è fondamentale che, a livello locale, amministrazioni, cittadini e associazioni si mobilitino per lavorare insieme alla costruzione di città migliori e più desiderabili. Il cambiamento deve partire da una nuova mobilità pubblica, più piste ciclabili, riduzione dell’inquinamento atmosferico, maggiore raccolta differenziata spinta e una riduzione della produzione di rifiuti pro capite».
Su cosa si basa il dossier
Sono 17 gli indicatori selezionati quest’anno per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi idrici domestici, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), tre sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto, piste ciclabili e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, uno sulle energie rinnovabili e uno sull’uso efficiente del suolo. Anche quest’anno è stato inserito l’indicatore relativo alla presenza di alberi in area urbana, dato che tutti i comuni sopra i 15mila abitanti sarebbero tenuti a contabilizzare, come previsto dalla legge 10/2013.