ANCONA – Fino al 15 febbraio, sarà esposta in Pinacoteca la mostra di Marco Puca “Magnitudo di uno sguardo“. Con 39 opere esposte, 29 tele di dimensioni variabili, 9 acquerelli su carta, 1 gessetto su carta, l’esposizione sarà visitabile dal martedì al venerdì (16 – 19), sabato e domenica (10 – 19).
«L’instabilità silente – commenta Marco Puca – è la cifra del mio lavoro. Quell’attimo prima dell’evento traumatizzante, che scuote la terra e in un attimo la devasta e, nelle persone, la depressione che lavora dentro e che frantuma. L’epoca contemporanea è contrassegnata dalla precarietà, dall’evento improvviso e violento che costringe a rivedere tutto, la vita, gli obiettivi. Tuttavia, specie negli acquerelli, dove campeggia un occhio vigile, attento, aperto sul mondo alla ricerca di soluzioni, emerge anche una nota di positività e di coraggio, quel coraggio latitante in questi tempi».
«La mostra di Marco Puca – sottolinea l’assessore alla Cultura Paolo Marasca – segue quella dedicata alle opere di Carlo Cecchi, nel medesimo spazio espositivo. La Pinacoteca comunale si presenta, ancora una volta, come collezione permanente di immenso valore artistico e, al tempo stesso, spazio attento al lavoro artistico contemporaneo, laboratorio, luogo di incontro di figure artistiche del territorio marchigiano. L’obiettivo è che il Museo sia un’anima pulsante dove costruire arte, dove ospitare residenze. Le sculture di Monica Pennazzi, la collettiva di Arte Insieme, i nuovi dipinti di Carlo Cecchi, e ora i lavori di Marco Puca, uno dei maggiori e più riconosciuti talenti pittorici del territorio, che affrontano con intima sincerità la potenza devastante del sisma, collegando fratture interne dell’uomo a fratture del paesaggio con una delicatezza di segno che è cifra di questo artista» .
Marco Puca, nato nel 1973 ad Ancona, dove vive e lavora, ha frequentato l’Istituto d’Arte E.Mannucci e l’Accademia di Belle Arti di Urbino. Nel 1993 ha esposto le sue opere al Premio Marche e nel 1994 ha vinto il primo premio nella sezione “Arte viva Senigallia” a cura di Omar Galliani. Tra gli altri, ha collaborato con Enzo Siciliano, Vincenzo Raponi e Massimo Raffaelli per la “La città invisibile”.
Scrive Umberto Palestini sulla mostra: «Due grandi tele ombrose, avvolte nell’oscurità, sono squarciate da biancori gessosi di vellutata luminosità. La luce emana suggestivi riflessi lunari e disegna superfici montuose percorse dal brivido trattenuto di eventi in agguato. Il panorama si riveste di una tensione silente pronta a deflagrare. Le recenti opere di Marco Puca sono figlie del ricordo della recente violenza subita, quando una disastrosa magnitudo ha sgretolato gli argini del territorio italiano e ha corrotto il suo tessuto morfologico. Sono le terre ferite da un nemico silente, pronto ad aggredire, a manifestare una sismografia convulsa e impazzita che rivela il rombo sordo e minaccioso della tempesta in arrivo.
L’autore, accanto a questi oscuri dipinti, pone una serie di impalpabili acquerelli in cui compaiono i profili di figure umane. I volti, come per magia, vedono moltiplicare i loro occhi che si dispongono liberi a corolla o si schierano in fila come in una marcia. Gli sguardi si rivestono di piume lanceolate, pronti a spiccare il volo verso nuovi orizzonti. Sono occhi alati che cercano nuovi punti di vista, al di fuori della rassicurante visione di un’addomesticata dimensione quotidiana.
Marco Puca descrive due profili: l’aspro paesaggio montano e il poetico territorio del volto umano. Diventano i soggetti che offrono all’autore la possibilità di sondare le tematiche dell’instabilità e della tensione e di trasformare la sua ricerca in una metafora più generale della società attuale, attraversata da sussulti, fratture, lacerazioni, dove lo sguardo unitario non possiede più nessuna valida certezza. Lasciandoci alle spalle panorami uniformi, l’artista sembra dirci che anche la nostra vista si modifica e diventa policentrica, fluttuante, errabonda. Lo sguardo stesso subisce la scossa della magnitudo e si protende a “congelare quella tensione che sospende l’ultimo secondo del respiro”, secondo le suggestive parole dell’autore».