ANCONA – «Le temperature roventi di questa estate insieme ai cambiamenti climatici in atto hanno generato l’ondata di maltempo che ha colpito le Marche. Un fenomeno estremo conseguenza del Global Warming (riscaldamento globale) che sta rendendo i fenomeni estremi (alluvioni, trombe d’aria e ondate di calore) sempre più frequenti e intensi». Questa la spiegazione secondo il professor Giorgio Passerini, meteorologo dell’Università Politecnica delle Marche, dell’ondata di maltempo che ha travolto le Marche, con morti, dispersi e sfollati, tra Anconetano e Pesarese. Una spiegazione che secondo Passerini rende ragione solo in parte dell’accaduto.
Si è trattato di un temporale autorigenerante, spiega «un evento eccezionale, causato dal contrasto tra una massa d’aria fredda e una bolla di caldo africano. Condizioni eccezionali che però i siti di meteorologia avevano già preannunciato da giorni, prevendendo la possibilità di fenomeni estremi nel Paese. In genere questo tipo di fenomeni intensi interessa maggiormente il Tirreno», ma questa volta, dopo essersi formato in quella zona, il fronte temporalesco si è portato sulle Marche.
Si poteva prevedere? «Non con gli strumenti che abbiamo attualmente a disposizione, ma si poteva prevedere che sarebbe successo qualcosa di ‘grosso’, anche se non con esattezza dove e quando sarebbe successo». Il climatologo evidenzia che esiste una «dicotomia tra la burocrazia presente nel sistema di allertamento e la strumentazione attualmente a disposizione». «Con i fenomeni estremi che si faranno sempre più frequenti – aggiunge – bisogna innovare i modelli su cui si basa il sistema di allertamento e quello di avviso alla popolazione: molte delle persone che hanno perso la vita sono morte annegate in garage, una situazione che si sarebbe potuta evitare con una maggiore educazione della popolazione su cosa fare in questo genere di emergenze e con un sistema di avviso alla popolazione più rapido».
Secondo il professor Passerini occorre adottare un nuovo approccio al sistema di allertamento, basato «su strumenti più innovativi come ad esempio delle App. Un approccio come quello adottato in mare o in montagna: può anche generare falsi allarmi, ma meglio un falso allarme che piangere vittime e dispersi». Altro capitolo quello delle zone a rischio di esondazione e dissesto idrogeologico: «Bisogna prestare la massima attenzione alle città che sono attraversate da fiumi e torrenti come Senigallia, perché con i cambiamenti climatici in atto ci saranno sempre più spesso fenomeni alluvionali per cui occorre mettere in sicurezza queste aree».