ANCONA – Uno scenario di forte preoccupazione è quello che emerge dai dati dei ricorso agli ammortizzatori sociali nei primi mesi dell’anno che risente dell’impatto della persistente emergenza sanitaria e del suo impatto nel lavoro e nell’economia.
I NUMERI
Nel primo trimestre del 2021 sono state richieste e autorizzate complessivamente 27 milioni di ore di Cassa integrazione, FIS e altri fondi di solidarietà. La causalità Covid-19 è la principale ragione del ricorso agli ammortizzatori che motiva il 94,5% delle ore autorizzate.
È quanto emerge dai dati Inps, elaborati dall’Ires Cgil Marche.
In particolare, la CIG (ordinaria, straordinaria e in deroga) si attesta a oltre 21,2 milioni di ore (a fronte di 1,4 milioni di ore nel 2020, quando era ancora contenuto l’impatto del Covid), mentre il ricorso a FIS e altri fondi arriva a 5,8 milioni (1,5 milioni di ore nel 2020).
Per quanto riguarda le ore di CIG nei principali settori dell’industria, la meccanica è quello in cui si registrano più ore (6,2 milioni); seguono i settori calzaturiero (3,3 milioni), l’abbigliamento (1,4 milioni), quello chimico plastico (1,1 milioni) e il mobile (0,9 milioni).
I SETTORI
Per ciò che concerne il terziario, il settore degli alberghi e pubblici esercizi è quello in cui si registrano più ore (2,1 milioni); seguono il commercio (1,8 milioni) e il settore degli studi professionali, vigilanza e case di cura (1 milione).
Dichiara Daniela Barbaresi, Segretaria Gen.le CGIL Marche: «Se già prima del Covid il sistema economico marchigiano presentava elementi di crisi e difficoltà, con il perdurare dell’emergenza pandemica ormai da più di un anno, sono tante le aziende che rischiano di chiudere o comunque di fare i conti con pesanti riduzioni di personale quando verrà meno il blocco dei licenziamenti».
Infatti, prosegue Barbaresi, «anche nel primo trimestre del 2021 continua ad essere massiccio il ricorso agli ammortizzatori sociali tanto che le ore di CIG o FIS autorizzate corrispondono al mancato lavoro di 56 mila lavoratori a tempo pieno, di cui 35 mila solo nell’industria manifatturiera, a cui vanno aggiunti quelli dell’artigianato: lavoratori i cui posti di lavoro sono a rischio senza una ripresa delle attività economiche e produttive e senza un sistema di tutele adeguato alla complessità del mondo del lavoro”.
La situazione è davvero preoccupante, «per questo è urgente prorogare il blocco dei licenziamenti per tutti i lavoratori e le lavoratrici fino alla fine di ottobre e incentivare l’utilizzo da parte delle imprese di strumenti alternativi ai licenziamenti come la cassa ordinaria, i contratti di espansione e di solidarietà».
Conclude Barbaresi. «Indispensabile poi definire rapidamente una riforma in senso universalistico degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro».