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Marche, impennata di ore per la cassa integrazione 2020. Cgil: «A rischio la coesione sociale»

Oltre 128 milioni di ore autorizzate nell'anno appena trascorso e in ballo ci sono 60mila posti di lavoro. La fotografia sulla regione dall'Ires Cgil su dati Inps

fabbrica legno
Foto di ekenamillwork da Pixabay

ANCONA – Oltre 128 milioni di ore autorizzate nel 2020 e in ballo ci sono 60mila posti di lavoro. L’emergenza sanitaria potrebbe diventare emergenza economica visti gli effetti della pandemia sul tessuto produttivo e sociale delle Marche. È quanto emerge dai dati Inps rielaborati dall’Ires Cgil Marche che mettono in risalto, confrontato il dato del 2020 con lo stesso periodo del 2019, un notevole aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali. Nello specifico la Cig si attesta a oltre 102 milioni di ore contro i 14 milioni dell’anno precedente (+710) e il ricorso al Fis-Fondo integrazione salariale arriva a oltre 26 milioni di ore quando nel 2019 erano state autorizzate appena 64 mila ore.

Il settore metalmeccanico risulta essere quello che ha utilizzato più ore con oltre 35,5 milioni (+469% rispetto al 2019), segue il commercio con 18 milioni di ore autorizzate, poi pelli, calzature e cuoio con ben 12,6 milioni di ore ed un aumento sul 2019 pari al 462%. Tra i comparti più toccati in quello del legno le ore arrivano a toccare i 7,6 milioni (+800% rispetto all’anno precedente), mentre nella chimica 6,4 milioni e nell’abbigliamento e tessile oltre 6,2 milioni.

Così commenta Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche. «Il sistema produttivo regionale già prima del covid era avviluppato in una crisi profonda e preoccupante, ora sono tante le aziende che rischiano la cessazione o forti riduzioni di personale dopo la data fatidica del 31 marzo, quando scadrà il blocco dei licenziamenti. Ad una riduzione di oltre 128 milioni di ore corrisponderebbero in linea teorica circa 63.000 mila lavoratori a tempo pieno che nel 2020 non avrebbero lavorato neanche un’ora. Oltre 49.000 di questi sarebbero del settore manifatturiero industriale».

E prosegue: «Immaginiamo cosa potrà succedere dopo il 31 marzo del 2021 se verrà superato il blocco dei licenziamenti senza una ripresa delle attività economiche e dei livelli di produzione industriale e senza un sistema di tutele adeguato alla complessità del mondo del lavoro.

Siamo molto preoccupati perché nel Paese invece di discutere di questi temi delicatissimi l’attenzione si è spostata sulla crisi di Governo aprendo al rischio concreto di non portare a compimento la tanto necessaria riforma degli ammortizzatori sociali. Anche la Regione è chiamata in fretta a discutere urgenti misure di rilancio del sistema industriale sulle tre direttive dettate dall’Europa con NextGenerationUE, aprendo un confronto, fin’ora inesistente con le organizzazioni di rappresentanza del mondo del lavoro».