Ancona-Osimo

Marche, lavoro in crescita ma povero e discontinuo. Male le donne e i giovani

La Cgil Marche presenta i dati Inps. Il segretario generale Santarelli: «Trattenere la forza lavoro dei giovani in regione è fondamentale»

Un momento del convegno della Cgil Marche

ANCONA – Nelle Marche il lavoro c’è ed è in crescita, ma è povero e discontinuo e soffre un gap nei confronti delle altre regioni, gap ancora più pesante per le donne e per i giovani. È un quadro critico, che richiede attenzione, quello che emerge dai dati Inps, elaborati dall’Ires Cgil Marche, nel report presentato oggi pomeriggio al convegno, promosso dalla Cgil Marche, “Anche le Marche verso la piena sottoccupazione“.

Il quadro della situazione e le richieste da avanzare alla Regione Marche e al sistema delle imprese lo hanno presentato Eleonora Fontana, della segreteria regionale Cgil Marche, e Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche: «I dati Inps su lavoratori dipendenti privati e retribuzioni nelle Marche relativi al 2023 – spiega Eleonora Fontana, – mettono in evidenza che ci troviamo di fronte a una crescita degli occupati, ma non parliamo di occupazione di qualità e di occupazione stabile. Un’occupazione piuttosto frammentata, caratterizzata da una crescita dei lavoratori intermittenti e dei lavoratori stagionali. E’ anche vero che c’è stata una diminuzione dei contratti a tempo determinato. Per quanto riguarda le retribuzioni i lavoratori marchigiani percepiscono stipendi nettamente inferiori rispetto alla media dei lavoratori italiani, un 11,4% in meno, e il gap è particolarmente evidente tra le donne e i giovani under 30, circa il 30% per le donne, e per i giovani anche circa il 40% rispetto alla media dei lavoratori marchigiani».

«Si fa un gran parlare dell’aumento dell’occupazione, che sicuramente è un fatto positivo – aggiunge Giuseppe Santarelli – però si parla poco della qualità dell’occupazione, dell’intensità del lavoro, delle difficoltà che il lavoro ha nelle Marche. Il fatto che il 46% dei lavoratori sono discontinui è emblematico. Il problema è interrogarsi su come poter superare questo empasse. Chiediamo alla Regione, ma soprattutto al sistema delle imprese, innanzitutto di accompagnare il processo della formazione a quello dell’occupazione. Dobbiamo cercare in questa regione di far incrociare sempre di più la domanda del lavoro con le professionalità che comunque ci sono. Non possiamo più permetterci che giovani vadano via dalle Marche, soprattutto laureati ma non solo, un fenomeno importante che abbiamo più volte denunciato. In una regione in cui la natalità è bloccata, dove c’è un calo demografico che continua, come trattenere le forze lavoro giovani è il primo punto su cui credo che una giunta regionale e il sistema delle imprese si dovrebbero impegnare. Insieme alcune soluzioni si possono trovare».

Ecco i dati forniti dall’Inps: nel 2023, nelle Marche il numero dei lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi operai agricoli e domestici) è stato pari a 463.455, con un incremento di oltre 5mila lavoratori rispetto al 2022 (+1,1%). In termini relativi, l’aumento risulta essere meno accentuato rispetto al resto del Paese.

A livello contrattuale emerge che la crescita complessiva dell’occupazione regionale coincide con quella a tempo indeterminato, la quale in un anno ha osservato un incremento di 6.790 lavoratori (+2,1%). I lavoratori a tempo determinato diminuiscono di oltre 2mila unità (-1,9%) e si attestano al 23,7% del totale. Al contempo, i lavoratori stagionali aumentano di oltre 500 unità (+3%) e la loro incidenza rimane pressoché invariata rispetto al 2022.
Rispetto a dieci anni fa, la notevole crescita si è principalmente concentrata sui lavoratori a termine (+35mila unità, +47,8%), mentre quelli a tempo indeterminato sono stati caratterizzati da un aumento molto meno accentuato (+23mila unità, +7,4%). Contestualmente il part-time è stato oggetto di un incremento di 34mila lavoratori (+30%). Gli intermittenti aumentano dell’1,7% in un anno e del 59% in dieci anni, il quale in termini assoluti corrisponde ad un incremento di oltre 14mila unità. Attualmente questi rappresentano l’8,3% dei lavoratori dipendenti privati.

Poi c’è la questione delle retribuzioni. Nel 2023, la retribuzione media lorda annua percepita nelle Marche è pari a 20.956 euro e rispetto al 2022 ha osservato un aumento di 667 euro, pari a +3,3%. Le retribuzioni medie nelle Marche sono ancora significativamente inferiori al valore medio delle regioni del Centro Italia (-2.031 euro, -8,8%) e a quello medio nazionale (-2.705 euro, -11,4%). I lavoratori dipendenti a tempo parziale percepiscono in media 12.184 euro, valore che scende a 5.383 euro per i lavoratori stagionali. I lavoratori a tempo determinato percepiscono mediamente 10.389 euro lordi annui.

I lavoratori con contratto di lavoro standard (a tempo pieno e indeterminato) percepiscono in media 29.398 euro lordi annui, valore comunque nettamente inferiore rispetto ai loro colleghi del Centro Italia (-4.224 euro) e dell’Italia nel complesso (-4.743 euro). Le lavoratrici si attestano a 203mila unità (44%). Più della metà di queste ha un rapporto part-time (50,4%) contro una percentuale del 18,4% tra i lavoratori uomini e poco più di una lavoratrice su tre ha un contratto a tempo pieno e indeterminato (34,2% contro 65,3% tra gli uomini). Dall’anno precedente la crescita dei lavoratori è stata maggiore negli uomini (+1,5%) rispetto alle donne (+0,7%). Sono altresì significative le differenze retributive tra uomini e donne.
Nelle Marche le lavoratrici dipendenti del settore privato percepiscono mediamente 7.207 euro lordi annui in meno (-29,9%) rispetto ai colleghi uomini. In termini contrattuali, il maggiore utilizzo del part-time da parte delle donne giustifica solo il parte questo divario, in quanto le lavoratrici con contratto a tempo pieno e indeterminato guadagnano mediamente 4.125 euro lordi annui in meno (-13,5%) rispetto agli uomini con la stessa tipologia contrattuale.

Osservando lo scenario tra le classi di età, rispetto al 2022 l’aumento è ascrivibile sostanzialmente alla crescita dei lavoratori con 50 anni e oltre (+6.577 unità, +4,5%), sebbene anche la componente degli under 30 abbia avuto un incremento non trascurabile (+1.328 unità, +1,4%). Di converso, le fasce di età mediane (30-39 anni e 40-49 anni) sono state caratterizzate da una diminuzione. Sotto questa cornice è altresì importante evidenziare l’impatto del precariato sulle giovani generazioni, caratteristica ormai strutturale del nostro mercato del lavoro.
Ad avere un contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato è la metà dei lavoratori nel loro complesso (51,6%), ma il valore si abbassa al 35,7% tra gli under 30. Inoltre, se per la totalità dei lavoratori il part-time incide per il 32,4%, per gli under 30 la percentuale sale al 37,9%. Nelle Marche, gli under 30 percepiscono mediamente 12.568 euro lordi annui, circa 8.388 euro in meno (-40%) rispetto alla totalità dei lavoratori. In termini di tipologia contrattuale il divario rimarca il riflesso dell’utilizzo più accentuato di contratti a tempo parziale e a termine da parte delle giovani generazioni, sebbene anche a parità di contratto a tempo pieno e indeterminato gli under 30 guadagnano comunque il 29,9% in meno rispetto alla generalità dei lavoratori. Ulteriore fattore di squilibrio retributivo è riscontrabile nell’elevata incidenza di giovani in settori tipicamente a bassa retribuzione. Ad esempio, nelle Marche il 44,6% dei lavoratori degli alberghi e della ristorazione è composto da under 30.

Spiega ancora la Cgil: «Abbiamo esaminato anche la discontinuità lavorativa (intesa come periodo retribuito inferiore ad un anno) che è una delle principali determinanti del disagio salariale. In particolare, i lavoratori a termine (sia full-time che part-time) che non arrivano ad un anno retribuito, pari a 116.716 (25,2%), denotano una condizione relativamente peggiore, posizionandosi sotto la soglia dei 10mila euro lordi annui. Dalla distribuzione risulta evidente l’enorme incidenza (60,2%) dei lavoratori con salari medi inferiori alla media generale. Tale aggregato è composto dai discontinui, pari a 215mila dipendenti (46,5%) e dai lavoratori part-time per l’anno intero che ammontano ad oltre 63mila (13,7%)».