ANCONA – Sono 549 mila le prestazioni pensionistiche e assistenziali erogate dall’Inps nelle Marche. Di queste 297 mila sono pensioni di vecchiaia (pari al 54,1% del totale), 34 mila di invalidità (6,3%), 117 mila destinate ai superstiti (21,3%), 14 mila pensioni/assegni sociali (2,6%) e 86 mila prestazioni a invalidi civili (15,7%). È quanto emerge dai dati dell’Inps 2020 (escluse le gestioni dei lavoratori pubblici), elaborati dall’Ires Cgil Marche.
Osservano Daniela Barbaresi, segretaria Cgil Marche ed Elio Cerri, segretario Spi Marche: «I dati confermano le difficoltà di migliaia di pensionati marchigiani che fanno i conti con pensioni troppo basse alle quali si accede in età sempre più avanzata. Vi è dunque l’urgenza di superare strutturalmente l’impianto della Legge Fornero con una vera riforma del sistema previdenziale».
L’importo medio delle pensioni vigenti nelle Marche è di 779 euro lordi, con valori medi che variano dai 1.011 euro delle pensioni di vecchiaia ai 430 euro delle pensioni e assegni sociali. Inoltre, 360 mila prestazioni pensionistiche, pari al 65,5% del totale sono inferiori a 750 euro al mese (60,5% la media nazionale): dunque, 2 pensionati su 3 percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà.
Nelle Marche, gli importi delle pensioni sono di gran lunga inferiori a quelli nazionali e significativa è la differenza negli importi delle pensioni di vecchiaia dei lavoratori dipendenti che, nelle Marche, sono di 1.119 euro, ovvero -285 euro mensili rispetto ai valori medi nazionali e -378 euro rispetto alla media delle regioni del Centro.
Significativa è anche la differenza tra uomini e donne: se i primi percepiscono 1.251 euro lordi, le donne arrivano appena a 722 ovvero mediamente 529 euro in meno ogni mese; una differenza che per le pensionate ex lavoratrici dipendenti arriva a -655 euro mensili.
Nel 2019, sono state liquidate 35 mila nuove pensioni di cui 11 mila di vecchiaia (quasi 5 mila pensioni di vecchiaia di lavoratori dipendenti).
Secondo Daniela Barbaresi: «Al Governo chiediamo una vera riforma della previdenza che garantisca a tutti la possibilità di andare in pensione a 62 anni, o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, il riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura, soprattutto a carico delle donne, i lavori manuali e gravosi come peraltro sosteniamo con la piattaforma unitaria di Cgil Cisl e Uil».
E ancora. «Occorre pensare soprattutto ai più giovani e a tutti coloro che fanno i conti con lavori poveri e discontinui introducendo una pensione contributiva di garanzia senza la quale non potrà che esserci un futuro di pensione che non permetterà una vita dignitosa per un’intera generazione che ha conosciuto troppa precarietà».
«L’obiettivo che perseguiamo – dice Elio Cerri – è quello di garantire una pensione dignitosa, incrementando le pensioni più basse in base ai contributi versati e, al contempo, salvaguardando il potere d’acquisto di quelle superiori che continuano ad essere taglieggiate anche da parte del Governo attuali. Particolare attenzione la stiamo ponendo a quelle persone fragili/non autosufficienti che, con il loro reddito da pensione, non sono in grado di far fronte a tutte le loro necessità, a partire dalle cure e dall’assistenza necessaria essa sia in una residenza per anziani o a domicilio».
Alcuni numeri
Dall’entrata in vigore della Legge Fornero si è innalzata l’età media dei pensionati. Ciò è particolarmente evidente per l’età di coloro che sono stati lavoratori dipendenti: dal 2012 ad oggi, i pensionati con meno di 65 anni di età sono passati dal 16,8% al 10,8% del totale, mentre coloro che hanno oltre 80 anni sono passati dal 29,1% al 39,9%.