Ancona-Osimo

Poste, sindacati verso la vertenza: uffici da riaprire, code e poco personale

Dalla fase uno dell'emergenza sanitaria, quando nelle Marche venne chiuso il 50% degli uffici, sono ancora da riattivare un centinaio di sedi. Voce ai sindacati

Un momento della conferenza nella sede Cisl di Ancona

ANCONA – Code all’esterno degli sportelli, personale gravato da un maggior lavoro e anziani all’agghiaccio nell’attesa di ricevere il pagamento della pensione o di pagare una bolletta. È la fotografia di quanto accade in diversi sportelli postali delle Marche, specie nelle giornate in cui scatta il pagamento delle pensioni. I disagi, con code che in alcuni casi sono arrivate anche ad un’ora, si sono verificati in numerose zone delle Marche dove con la chiusura del 50% degli uffici postali durante la fase dell’emergenza sanitaria, non è poi seguito il ripristino della normalità nella fase due e ad oggi sono un centinaio gli uffici, sparsi sul territorio regionale che non hanno più riaperto i battenti o che sono aperti a giorni alterni o con orario ridotto.

A lanciare l’allarme sono i sindacati che questa mattina (22 ottobre) hanno avuto un incontro nella sede della Cisl ad Ancona al quale hanno preso parte i confederali (Cgil, Cisl e Uil), Failp e Confsal. La situazione oltre ad essere disagevole per i marchigiani, lo è anche per il lavoratori del settore visto che quelli rimasti in servizio devono garantire la piena operatività del sistema. Durante la fase uno era stata disposta la chiusura del 50% dei 400 uffici postali presenti nelle Marche, sia per garantire la sicurezza dei lavoratori, sia per permettere loro di usufruire dei congedi parentali, dei permessi per chi usufruisce della legge 104 e delle forme previste in fase emergenziale.

Ora però «il personale attualmente in servizio non è sufficiente a garantire i servizi – spiega Dario Dominici, segretario regionale Slp Fp Cisl – e la situazione grava sui clienti e sui lavoratori». 
Attualmente nelle Marche sono infatti in servizio 5 filiali per circa 400 uffici, 23 centri di recapito da cui dipendono una «manciata di presidi di recapito, un centro meccanizzato postale (declassato) e il centro nazionale antiriciclaggio». Una situazione che i sindacati reputano insostenibile visto che il personale è sceso ben al di sotto delle 3mila unità, e non viene rimpiazzato.

Le parti sociali hanno aperto un conflitto di lavoro e chiesto un incontro al governatore Francesco Acquaroli per illustrare quanto sta accadendo nelle Marche e premere per le riaperture così da ripristinare il 100% degli uffici e adeguare la pianta organica. L’obiettivo dei sindacati è quello di aprire un tavolo regionale con l’azienda, ma se si arriverà ai ferri corti con Poste Italiane lo step successivo potrebbe essere l’apertura di una vertenza sindacale e la proclamazione dello stato di agitazione, anche perché i disagi, che interessano un po’ tutto il territorio regionale, sono ancora più forti per le aree interne già penalizzate dal sisma.

«L’azienda deve ritrovare un proprio ruolo – spiega Dominici -, cura molto la propria immagine e l’impegno ma poi le criticità che si trovano sul territorio mostrano che l’impegno dichiarato non sempre trova una sua realizzazione». Un’azienda, come osserva il sindacalista, che svolge anche un ruolo sociale, «un aspetto che però oggi è meno curato nelle Marche».

A mancare sono anche i mezzi per recapitare la corrispondenza e i pacchi, lamentano i sindacati, mentre il personale è gravato dagli obiettivi da raggiungere «completamente slegati dalla realtà della regione, della macroarea di riferimento e del Paese martoriato dalle negative conseguenze economiche prodotte dalle chiusure delle attività che hanno caratterizzato i primi mesi del 2020 e che ancora incombono all’orizzonte».