ANCONA – Garantire alle donne marchigiane di scegliere il metodo farmacologico o chirurgico con il quale effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza e dove eseguirla, in ospedale o nei consultori. È quanto chiede la Rete Femminista Marche Molto+di194, promotrice della diffida contro la Regione Marche, a cui hanno aderito altre 22 associazioni, tra le quali Laiga (Libera Associazione italiana Ginecologi per l’applicazione della Legge 194), sulla scorta di quanto già fatto dai movimenti femministi in Piemonte.
Al centro dell’azione legale, annunciata ad Ancona oggi – 8 marzo – in occasione della Giornata internazionale della donna, «la mancata piena applicazione della Legge 194/1978» che tutela il diritto all’aborto e «il mancato recepimento delle Linee di indirizzo ministeriali del 12 agosto 2020 nei consultori come sta avvenendo in Europa e con la Regione Marche che ne nega l’applicazione» che prevede l’interruzione volontaria di gravidanza anche con metodo farmacologico, con la cosiddetta pillola abortiva Ru486, anche nei consultori, oltre che in day hospital e strutture ambulatoriali attrezzate, collegate ad ospedali e autorizzate dalla Regione.
Una iniziativa, la diffida della rete marchigiana costituitasi in pandemia, che parte in contemporanea anche in Umbria , contro le rispettive Regioni, per far valere «l’autodeterminazione delle donne» e in parallelo «far risparmiare risorse al Sistema sanitario pubblico». Tra le piaghe marchigiane, che ostacolano l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, oltre alle difficoltà per la Ru486, c’è anche l’obiezione di coscienza, che costringe molte giovani a doversi rivolgere fuori regione.
La Rete Femminista Marche Molto+di194 con la diffida chiede alla Regione di individuare al più presto consultori per consentire l’interruzione volontaria di gravidanza e di provvedere alla formazione delle operatrici e degli operatori per poter eseguire in modo appropriato la procedura. Tra le richieste anche quella di garantire il servizio di mediazione culturale per un’informazione corretta sul percorso di interruzione volontaria di gravidanza, nonché sui metodi contraccettivi, per prevenire gravidanze indesiderate.
Il gruppo di attiviste, già lo scorso anno, in piena pandemia, mentre la regione era in zona arancione, aveva manifestato per protestare contro le affermazioni del capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli sulla famiglia naturale, oggi torna alla carica per garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, anche con metodo farmacologico e punta il dito contro «la percentuale di obiezione che nelle Marche è vicina all’80%, ostacolando la piena applicazione della Legge 194. Anche nelle Marche, come in Piemonte, in Umbria e in Abruzzo la 194 è sotto attacco – afferma l’attivista Rossana Montecchiani – per questo ci siamo unite alle reti femministe che vivono nelle regioni amministrate dal centrodestra e che vivono dunque le stesse difficoltà nel far valere la propria autodeterminazione».
«I diritti consolidati non devono andare perduti – aggiunge -, nelle Regioni governate dal centrodestra questi diritti sono a rischio, quel rischio che nelle Marche si era palesato nella legge sulla famiglia naturale paventata dal consigliere Ciccioli, secondo cui la donna avrebbe dovuto rappresentare il nuovo welfare, relegata al ruolo di massaia, un femminile aberrante che riporta la donna indietro nel tempo cancellando i diritti acquisiti. Ora con la Ru486, se la pillola abortiva viene gestita dalle donne nei consultori pubblici il potere dei medici uomini ne risente, ecco il perché del mancato recepimento delle linee guida ministeriali».